Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Arrivato all’ultima rampa, Ronnie rovistò in tasca in cerca delle chiavi.
    Le trovò, aprì la porta ed entrò.
    Patricia schizzò dentro più rapidamente che poté, accese la luce nell’ingresso e trascorse i due minuti che seguirono a curiosare nelle varie stanze.
    «Si può sapere che cosa stai facendo?» le domandò Ronnie, esasperato, mentre Michel si sedeva in cucina.
    «Sto dando un’occhiata al posto in cui abiti» rispose Patricia, dal bagno. «Mi sembra piuttosto carino.»
    «Il tuo parere non m’interessa.»
    Patricia sopraggiunse subito dopo, anticipata dal ticchettio dei suoi tacchi nel corridoio. Se non altro negli anni aveva perso almeno in parte il suo stile da bisonte.
    Prese posto vicino alla finestra e osservò: «Hai buon gusto in fatto di arredamento.»
    Ronnie scosse la testa, mentre si sedeva a sua volta.
    «Ti avevo appena detto che...»
    «Che il mio parere non t’interessa, lo so» confermò Patricia. «Pazienza, vorrà dire che me ne farò una ragione.»
    «Per quanto riguarda Dean...» Ronnie spostò lo sguardo su Michel. «Chi è esattamente? Che cosa vuole da me, e soprattutto da Yuma?»
    «Credo che sia un complice di Melvin Emerson» ammise Michel. «Mi aveva fatto credere, però, di non lavorare più per lui. Sosteneva di voler aiutare Yuma, di volerla proteggere da suo padre...»
    «E tu, naturalmente, da perfetto idiota, gli hai creduto subito.»
    Michel abbassò lo sguardo.
    «Sembrava sincero.»
    «Tanto quanto tu sembri un idiota.»
    Michel annuì.
    «Lo so, è stato un errore che avrebbe potuto avere conseguenze devastanti.»
    «Può ancora avere conseguenze devastanti» puntualizzò Ronnie. «Lui e Melvin potrebbero trovare Yuma.»
    «Quei due non lavorano più insieme» intervenne Patricia. «Di questo ne sono certa.»
    «E allora perché Dean vorrebbe aiutare Melvin a trovare Yuma?» le chiese Ronnie. «Non ha alcun senso.»
    «Finora ci siamo basati su una convinzione errata» gli spiegò Patricia, «Ovvero quella che Dean stia cercando Yuma per conto di Melvin. In realtà non è così. Esiste la concreta possibilità che voglia trovare Yuma prima che la trovi Melvin.»
    «Ma... a che scopo?»
    «Questo non lo so, ma Dean Tray non è un individuo che si possa sottovalutare.» Patricia lanciò un’occhiata oltre il vetro della finestra. «Io stessa l’ho imparato a mie spese, molti anni fa.»
    Ronnie spalancò gli occhi.
    «Tu conosci Dean Tray da molti anni?»
    Patricia annuì.
    «Stavamo insieme, un tempo.»
    Ronnie si accorse che Michel era sorpreso tanto quanto lui.
    «Che cosa?!» lo sentì esclamare. «Non me l’avevi mai detto.»
    Patricia sorrise.
    «Ci sono tante cose che non ti ho detto.»
    «Hai detto che un tempo stavate insieme» intervenne Ronnie. «Quando, esattamente?»
    «Avevo compiuto da poco diciassette anni il giorno in cui ho creduto di essermi liberata di lui. Naturalmente mi sbagliavo.»
    Michel obiettò: «È impossibile.»
    «Perché?»
    «Dean Tray avrà quarant’anni al massimo.»
    Patricia annuì.
    «Certo.»
    «Tu, invece, ne hai quarantasette, se non vado errato.»
    «Sì» confermò lei. «Patricia Spencer è nata nel 1950, ma quella è la vita che vivo dal 1977. Prima mi chiamavo Patricia Miles ed ero nata esattamente dieci anni dopo.»
    Ronnie strabuzzò gli occhi.
    «Quindi la tua data di nascita era... era...»
    «Era falsa» lo interruppe Patricia. «Quando scappai di casa, il mio ragazzo, Dean, mi aiutò con i documenti di Patricia Spencer. A poco a poco mi sono convinta di vivere davvero quella vita, di essere Patricia Spencer. All’inizio pensavo che dieci anni di più - non fu difficile simularli: ero sempre sembrata più grande dell’età che avevo e, con un radicale cambio di look, la mia nuova età divenne ancora più credibile - potessero farmi comodo. È stato veramente così, finché non mi sono accorta che, anche se non lo ero, sembravo troppo vecchia per tutto.»
    Ronnie ricordò l’espressione che le aveva letto negli occhi il giorno in cui aveva compiuto quarant’anni – che in realtà erano trenta.
    «Perché scegliesti un’età così diversa dalla tua?»
    «Pensavo che fosse il modo migliore affinché nessuno facesse caso a me. Quando mia madre denunciò la mia scomparsa, per un po’ circolarono le mie foto segnaletiche. Chi cercava una ragazzina non avrebbe mai fatto caso a una donna adulta.»
    «Quindi nessuno ti riconobbe.»
    «Esatto» confermò Patricia. «Chi cerca una diciassettenne bionda con la permanente ai capelli e con gli occhi scuri difficilmente fa caso a una ragazza con i capelli neri lisci e gli occhi azzurri. Un difetto di vista ce l’ho: se devo portare le lenti, tanto vale portarle colorate. È sempre un modo per mascherare la mia vera identità.»
    «Nessuno della tua famiglia ha più saputo niente di te, quindi?» volle sapere Michel. «Continuano a pensare che tu non voglia più metterti in contatto con loro... o peggio?»
    Patricia scosse la testa.
    «Dopo qualche anno mi misi in contatto con mia madre e le dissi dov’ero. La pregai, comunque, di mantenere il segreto. Alla fine anche lei venne a Black Hill, ma non è mai stato un problema.»
    «Perché te ne andasti?»
    Patricia abbassò lo sguardo. Probabilmente si aspettava la domanda che Michel le aveva posto, ma non era qualcosa di cui le facesse piacere parlare.
    «Mia madre aveva una relazione con un uomo sposato» spiegò. «Trascorreva molto tempo a casa nostra, anche con me e mia sorella. A me non importava niente. A lui, invece, importava di me e di mia sorella. Lei riusciva a farsi rispettare, io no. Abusò di me innumerevoli volte e, quando lo raccontai a mia madre, lei mi accusò di essermi inventata quella storia per attirare l’attenzione su di me. Quando sentii di non riuscire più a resistere chiesi a Dean di aiutarmi. Lui lo fece. Non era il classico bravo ragazzo che una madre - una madre normale, almeno - vorrebbe vedere accanto a sua figlia, ma sembrava fosse disposto a tutto per me.»
    «Sembrava, hai detto» osservò Michel. «Non era così? Cercò di mandare a monte il vostro piano, invece di aiutarti?»
    Patricia scosse la testa.
    «No. Diciamo che non vedeva l’ora che me ne andassi, in modo che il mio giudizio non fosse più vincolante. L’amante di mia madre era Melvin Emerson, e Dean aveva già capito che stare al suo seguito avrebbe potuto rendergli parecchio.»
    «Melvin era l’amante di tua madre?» ripeté Ronnie. «Quindi...»
    Patricia lo interruppe: «Immagino che tu ti stia chiedendo perché, se non si faceva problemi a tradire la moglie, poi dicesse di amarla follemente per giustificare quello che faceva a sua figlia.»
    Ronnie annuì.
    «Esatto. Credevo che ci tenesse a Margot.»
    «Melvin è sempre stato bravo a mentire. Non credo che sappia nemmeno lontanamente che cosa sia l’amore, ma quello che prova per mia madre gli si avvicina di più rispetto a quello che provava per sua moglie.»
    «Allora perché continuava a stare con lei?»
    «All’epoca Melvin era un ricettatore di auto rubate. Non c’era nessuno che le riverniciasse e le aggiustasse meglio di Margot.»
    Il cuore di Ronnie perse un battito.
    «Margot era... era sua complice?»
    «Sì, e le andava bene così, anche se forse non era la sua massima aspirazione» rispose Patricia. «Credo che lei amasse davvero suo marito e che fosse disposta ad accettare tutto quello che faceva... tutto, o quasi: quando Melvin iniziò a provare un interesse perverso nei confronti della figlia maggiore, Margot iniziò a pensare seriamente di lasciarlo e di portare via le bambine.»
    «Se solo l’avesse fatto...»
    «Hai parlato anche di una sorella» intervenne Michel, a quel punto. «A lei non accadde niente? Intendo dire, Melvin non le fece nulla.»
    «Ve l’ho già detto» ribadì Patricia. «Pamela ha sempre saputo farsi rispettare.»
    Michel strabuzzò gli occhi.
    «Pamela?!»
    Patricia annuì.
    «La ragazza con i capelli platinati, quella che si veste in modo piuttosto vistoso.»
    «Pamela Custer?»
    «Non so con quale cognome si faccia chiamare» ammise Patricia. «Devo ammettere che ha preso spunto da me, per quanto riguarda le identità false.»
    «L’ho incontrata anche molti anni fa a Black Hill» aggiunse Michel. «Com’è possibile che fosse già allora sulle mie tracce? E soprattutto, che cosa vuole da me?»
    «Da te non vuole niente, a lei interessano solo i soldi» rispose Patricia. «Il cugino di nostra madre gliene ha promessi tanti se gli porterà Yuma Emerson.»
    «Il cugino di vostra madre?»
    «Lo conosci molto bene, per quanto ne so» lo informò Patricia. «Si tratta di Tom Harvey.»
    «Quindi tua madre è...»
    Patricia lo interruppe: «Mia madre è Rachel, la sua fedele segretaria.»
    «Tutto questo ha dell’incredibile» osservò Michel.
    «L’unica cosa incredibile è che tu ti sia fidato di lei» replicò Patricia. «A proposito, è giusto che tu sappia che Pamela si trova a Starlit Spring.»
    «Ma mi ha lasciato un numero dove...»
    «Certo, un numero telefonico di Dark River, dove farsi contattare. Immagino che ti abbia risposto la segreteria e che lei ti abbia richiamato.»
    Michel annuì.
    «È andata proprio così.»
    «Immagino che non ti sia passato per la testa che una persona compiacente, a Dark River, ascolti i messaggi della sua segreteria e che la contatti qui a Starlit Spring perché possa richiamare chi l’ha cercata.»
    Ronnie decise di intervenire.
    «Perché quel Tom Harvey sta cercando Yuma?»
    «È molto semplice» rispose Patricia. «Lo fa perché Melvin gli ha ordinato di farlo. Purché gli venga in mano un assegno con molti zeri, Tom accetterebbe di fare qualsiasi cosa.»
     
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