Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    «Aaron mi ha detto che...» Gabriel notò che Kelly sembrava non prestare alcuna attenzione alle sue parole. «Mi stai ascoltando?»
    Kelly alzò lo sguardo.
    «Sì, certo.»
    Gabriel sorrise.
    «Non mi sembrava.»
    Il volto di Kelly si fece cupo.
    «Ti dà così fastidio?»
    Era di nuovo il suo tono inconfondibilmente acido, quello che tutti detestavano, ma di cui non potevano fare a meno. Kelly non aveva intenzione di offendere le persone che le stavano intorno, ma non conosceva mezze misure. Si sforzava di trattare bene i clienti, almeno quelli che non rientravano nella sua cerchia d’amici, e faceva l’esatto opposto con tutto il resto.
    «No, non mi dà fastidio.»
    La voce di Kelly si fece lievemente più accomodante.
    «Meglio così.»
    «Forse, comunque, è meglio che vada.»
    Stava davvero per andarsene, quando udì Kelly che lo chiamava.
    «Aspetta, Gabriel.»
    Si girò verso di lei.
    «Pensavo che fosse meglio così.»
    «No, non è affatto meglio così. Scusami, stavo davvero pensando ad altro... a qualcosa a cui non avrei dovuto pensare.»
    «Spero niente di negativo.»
    «Niente di troppo negativo» lo rassicurò Kelly. «Forse è un ricordo un po’ seccante, ma niente che non si possa superare con facilità.»
    «Capisco.»
    Kelly negò.
    «Non credo che tu possa capire.»
    «Hai ragione, forse no.»
    «Non ha importanza, Gabriel, davvero. Piuttosto, cosa dicevi su Kenneth?»
    Cercò di non mostrare il proprio stupore per la domanda.
    «Aaron mi ha chiamato per dirmi che Kenneth gli ha chiesto di me.»
    Gli occhi di Kelly, fino a quel momento inespressivi, si fecero di colpo interessati.
    «Incredibile!»
    «Tu dici?»
    «Da quando Kenneth se n’è andato, non ho più sentito parlare di lui. Sembra che volesse estraniarsi dal mondo.»
    Gabriel annuì.
    «In un certo senso è stato così.»
    «Molti» aggiunse Kelly, «sembrano esserne stati sollevati.»
    «Forse lo erano davvero.»
    Kelly lo fissò a lungo.
    «Tu eri uno di questi, se non sbaglio.»
    Gabriel abbassò lo sguardo.
    «Sì.»
    «Ricordo che eravate amici, un tempo.»
    «È stato una vita fa» precisò Gabriel, quasi come se fosse tenuto a giustificare a Kelly le sue frequentazioni di un tempo. «Da quando s’è trasferito non ho più saputo niente di lui, se non qualche notizia che trapelava grazie ad Aaron.»
    «E ora gli ha chiesto di te» considerò Kelly. «Mi sembra un po’ strano.»
    «Voleva il mio numero di telefono» aggiunse Gabriel. «Aaron ha preferito chiedere a me se poteva darglielo, piuttosto che prendere l’iniziativa.»
    «Gli hai detto di sì?»
    «Gli ho detto di dare a me quello di Kenneth» rispose Gabriel. «Lo chiamerò io.» Fece una lunga pausa, domandandosi se l’avrebbe fatto davvero. «Forse.»
    Era passato tanto tempo dall’ultima volta in cui aveva parlato con Kenneth e, piuttosto che risvegliare ricordi sgradevoli, avrebbe preferito attendere ancora a lungo.
    Non era sicuro, però, che avesse ancora un senso. Ciò che credeva di avere dimenticato era ancora dietro l’angolo, pronto a uscire allo scoperto.
    Gli occhi della sua mente rividero se stesso, quando aveva parecchi anni di meno, che ascoltava Kenneth senza avere il coraggio di replicare.
    «Sarà facile» gli assicurava il suo amico. «Nessuno scoprirà mai niente.»
    «Vuoi spiegarmi cosa dobbiamo fare?» chiedeva Gabriel, quel Gabriel talmente diverso da lui da sembrargli irriconoscibile. «Ma soprattutto perché?»
    «Ci ha chiesto soltanto un piccolo favore: ha bisogno di qualcuno che lo accompagni» gli riferiva Kenneth. «Per il resto farà tutto da solo.»
    «Ho chiesto cosa deve fare.»
    «Ti interessa davvero?» Kenneth era palesemente stupito. «Non toccherà a noi occuparcene, non è un affare nostro.»
    Il giovane Gabriel non si lasciava spaventare.
    «Va bene.»
    Gabriel decise che mettersi in contatto con Kenneth non gli sarebbe costato nulla: ciò che non si può dimenticare finisce inevitabilmente per essere ricordato nel tempo.

    Fine terza parte

     
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