Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Gaaaaaaab! *-* Sono felice che la lettura di quei due capitoli ti abbia fatto questo effetto... sul 47 ero convinta, tra l'altro, che risultasse abbastanza noioso. Sono soddisfatta di scoprire che, a quanto pare, non è stato così.
    Come vedo ti stai facendo delle domande interessanti anche se alla prima di queste forse la risposta c'è già stata (anche se non esplicitamente) nel capitolo 46. ^^ Su chi abbia ucciso la madre di Yuma... non faccio spoiler, anche se dico fin da subito che nella quarta parte si faranno scoperte abbastanza inattese sulla madre di Yuma (inattese perché, fino all'altro ieri, quella parte di trama ancora non mi era venuta in mente XD)...
    L'unica soluzione, appunto, è continuare a leggere... Ecco qui la prima parte del capitolo 48 (penultimo capitolo della terza parte).




    Capitolo 48.
    «Alle otto?» borbottò Kelly, dando un’occhiata all’enorme orologio appeso alla parete. «Come ti è venuto in mente di dargli appuntamento...»
    Michel si affrettò a interromperla: «Non sono stato io a proporgli di trovarci qui.»
    «Però avresti potuto dirgli che, di solito, alle otto sto già chiudendo.»
    Michel annuì.
    «Hai ragione, non ci avevo pensato. Il problema è che non credevo che ci sarei davvero venuto. Dean è un tipo che non mi convince.»
    Kelly lo guardò con gli occhi spalancati.
    «Che cosa c’è?» le chiese Michel. «Che cos’ho detto di così sconveniente?»
    «No, nulla.»
    «Dalla tua reazione non si direbbe.»
    «Lo so. È che...» Kelly abbassò lo sguardo. «Lascia stare, non è niente di importante: immagino che il mondo sia pieno di uomini che si chiamano Dean.»
    «Suppongo che ce ne sia più di uno.»
    «Spero solo che questo non somigli al tizio da cui è ossessionata Natascha.»
    «Natascha?»
    Kelly confermò il suo sospetto: «Natascha Harris, la mia amica, quella che non fa altro che pensare a un uomo che non vede dal 1989.»
    Michel si chiese se fosse il caso di informare Kelly che con tutta probabilità si trattava proprio dello stesso uomo.
    “Meglio di no.”
    «Speriamo che il tuo amico si sbrighi ad arrivare.» Kelly gli indicò l’orologio. «Sono già le otto e cinque.»
    Michel preferì non parlare delle ore di ritardo con cui si era presentato in occasione del loro primo incontro, la prima volta in cui si erano visti a Starlit Spring.
    «Di solito è un tipo puntuale» mentì, invece. «Sono sicuro che tra poco sarà qui. Avrà avuto qualche contrattempo.»
    Kelly alzò gli occhi al cielo, poco convinta.
    «Speriamo solo che non mi faccia perdere tanto tempo... La gente sembra essere convinta che io debba rimanere qui ventiquattro ore su ventiquattro.»
    «Ventiquattro non sono sufficienti» ribatté Michel. «Come minimo dovresti trascorrerne qui venticinque.»
    Kelly non rise della sua battuta. Sembrò comunque leggermente più distesa nel momento in cui la porta si aprì.
    Michel si girò.
    Per un attimo fu tentato di chiedere a Dean dove avesse lasciato la sua giacca di pelle sintetica, ma preferì evitare.
    «Sapevo che saresti venuto» esordì quest’ultimo. «Alla fine hai capito che la soluzione migliore è dirmi tutto quello che sai.»
    «Diciamo che ho rivalutato la tua proposta» ammise Michel. «Sono convinto che potremmo giungere a un accordo.»
    Dean annuì.
    «Ne ero sicuro. Sapevo che avresti capito.»
    «Sediamoci» lo invitò Michel, indicandogli un tavolino. «Credo che...»
    Dean lo interruppe: «Preferirei che rimanessimo da soli. Parlare di certe cose davanti a una donna non è mai opportuno.»
    «Sono una persona discreta» s’intromise Kelly. «Sono molto meno pettegola rispetto a certi uomini che ho avuto modo di conoscere.»
    «Stai zitta» le ordinò Dean. «Quelle come te sono venute al mondo solo per cucinare, stirare e lavare pavimenti, non per fare da testimoni alle nostre trattative.» Si avviò verso la porta. «Vieni con me, Sallivan.»
    Michel non si mosse.
    «Kelly non è...»
    La ragazza lo interruppe: «Non ho bisogno di un portavoce, sono capace di dirgli da sola che cosa ne penso di lui.»
    Dean si girò verso di lei.
    «Hai mai pensato che potrebbe non interessarmi affatto?»
    «Sì, ci ho pensato» ribatté Kelly, «Ma nemmeno a me importa niente di te.»
    Dean si rivolse a Michel: «Ho sentito dire che le donne poco soddisfatte dalla loro vita sessuale diventano acide e invadenti.» Kelly fece per protestare, ma Dean non le lasciò il tempo di formulare una frase di senso compiuto. «Potresti cortesemente cercare di impegnarti di più, d’ora in avanti? Sono sicuro che anche tu ne trarresti giovamento: non deve essere molto piacevole sorbirsi tutto il giorno una come lei.»
    Michel ignorò quel commento, mentre Kelly lanciava a Dean un’occhiata furente.
    «Forse è meglio se usciamo.»
    Dean gli sembrò soddisfatto.
    «Ottima idea.» Contraccambiò lo sguardo di Kelly. «Tu aspettaci qui, sono sicuro che quando arriverete a casa sarai ricompensata per questo.»
    Michel si chiese come Kelly potesse resistere senza fracassargli la testa con una bottiglia di vetro. Era sicuro che quella ragazza non avesse mai avuto a che fare con gente altrettanto insopportabile, prima di quel momento.
    Dean si avviò verso l’uscita e Michel lo seguì.
    «Allora?» gli domandò, non appena la porta si fu richiusa alle loro spalle. «Cos’è tutta questa segretezza?»
    «Quanto vuoi?» gli chiese Dean. «Qui non c’è nessuno, possiamo parlarne tranquillamente.»
    «Q-quanto...»
    «Parlo di soldi» puntualizzò Dean. «Immagino che Melvin ti abbia promesso una cifra discreta. Io posso fare di meglio.»
    «Non m’interessano i tuoi soldi» replicò Michel. «Mi basta solo che tu porti Yuma il più lontano possibile da suo padre.»
    «Vorresti dire che saresti disposto a dirmi tutto quello che sai senza chiedermi un solo centesimo in cambio?» Il tono di Dean era palesemente perplesso. «Stai cercando di fregarmi, Sallivan?»
    «Niente affatto» rispose Michel. «Si tratta della felicità di una mia amica, per la quale sono disposto a sacrificare il mio potenziale incasso.»
    «Detto da uno che lavora per Melvin Emerson, non mi sembra molto credibile.»
    «Non lavoro per Melvin Emerson» ribadì Michel. «O meglio, probabilmente sto lavorando per lui, ma sono stato raggirato.»
    «Va bene» concluse Dean. «Dimmi tutto quello che sai di Yuma e, se la troverò, ti assicuro che non sentirai mai più parlare di me.»
    Michel non poté fare a meno di considerare che quest’ultima parte dell’accordo era decisamente soddisfacente.
    «Non so darti un indirizzo preciso, dato che io e lei ci siamo incontrati soltanto per strada» ammise, «Ma sono sicuro che con un po’ di ricerche potrai trovarla senza eccessive difficoltà.»
    In quel momento Michel udì un fruscio alle proprie spalle.
    Si girò istintivamente.
    Non vide nulla.
    Era possibile che non ci fosse nessuno, ma non era da escludere che qualcuno si nascondesse nell’ombra di quella strada poco illuminata.
    Dean si schiarì la voce per attirare la sua attenzione.
    «Hai intenzione di dirmi da dove devo iniziare o ci hai ripensato?»
    «Non ci ho ripensato.»
    Nel buio non udì più alcun suono.
     
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