Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Patricia si tolse gli occhiali da sole, mentre si avvicinava a Dean.
    «È da molto che non ci vediamo.»
    Lui sussultò nell'udire la sua voce.
    «Patty?»
    «Vedo che mi hai riconosciuta, nonostante tutto il tempo che è passato.»
    Dean la fissò con attenzione.
    «Sei ben conservata.»
    «Grazie.»
    «Di nulla, ho solo detto la verità. Piuttosto che farci complimenti a vicenda, però...»
    Patricia lo interruppe: «Io non te ne ho fatti.»
    «Non cambiare discorso.»
    «Non sto cambiando...»
    «Taci, pupa!» la zittì Dean. «Dobbiamo parlare di cose serie.»
    «Giusto, parlare di cose serie. Cosa volevi da Michel?»
    Dean la fulminò con lo sguardo.
    «Come mai ti interessa così tanto? Non dirmi che siete amici.»
    «Siamo semplici conoscenti.»
    «E, se non sono indiscreto, come vi siete conosciuti?» volle sapere Dean.
    Patricia gli spiegò: «Amicizie comuni, in un certo senso.»
    Lui le sembrò incuriosito.
    «Una certa ragazza scomparsa?»
    Patricia scosse la testa.
    «Un mio ex collega per cui un tempo mi ero presa una cotta.»
    «Un contabile depresso, per caso?»
    Patricia s'irrigidì. Non solo non le piaceva quella definizione, ma non le garbavano nemmeno le domande troppo personali.
    «Non sono affari che ti riguardano» si affrettò a precisare.
    «Ronald Craven abita da queste parti» insisté Dean. «Sei venuta per lui?»
    Patricia resisté alla tentazione di scoppiare a ridere.
    Perché gli uomini dovevano necessariamente pensare che, dietro qualunque azione compiuta da una donna, ci fosse un interesse di natura romantica?
    Da parte di uno come Dean, tra l'altro, un commento del genere le pareva davvero ridicolo. L'aveva conosciuta bene, sapeva che era sempre stata pragmatica e determinata. Doveva per forza spiegargli esplicitamente la ragione per cui si trovava a Starlit Spring? Così sembrava.
    «Sono qui per tenervi d'occhio» lo informò, quindi. «Diciamo che, pur non conoscendo una certa ragazza scomparsa, mi rispecchio molto in quello che le è successo e che potrebbe continuare a capitarle se finisse nelle vostre mani.»
    «Tenerci d’occhio?» replicò Dean. «Io non ho nulla a che fare con tua madre e Mel.»
    Patricia scosse la testa.
    «Inventatene una migliore.»
    Dean si corresse: «Non più.»
    «Non ti credo.»
    «Conoscendoti, non ne avrei dubitato.»
    «Fai attenzione» gli suggerì quindi Patricia. «Ti tengo d'occhio.»
    «Anch'io terrò d'occhio te» la avvertì Dean. «Sto correndo il rischio di mettermi contro Melvin e, se la situazione con lui dovesse peggiorare a causa tua, ti assicuro che non esiterei a fartene pentire amaramente.»

    Quando Eric mostrò chiaramente di non avere alcun interesse a prendere parte alla discussione, Heaven rinunciò ad aspettarsi un aiuto da parte sua.
    «Lo vedi?» ribadì Yuma. «Sei tu l’unica a pensare che dovrei...»
    Heaven la interruppe: «Eric preferisce non immischiarsi. Questo non significa che non sappia che ho ragione.»
    «Non hai ragione» insisté Yuma. «Tu pretendi di poter scegliere per me.»
    Heaven alzò gli occhi al cielo e si aggrappò all'unico appiglio che ancora le rimaneva.
    «Ma allora proprio non capisci? Vuole eliminare le prove di quello che c'è stato tra voi! Non hai altre speranze, Yuma, se non quella di prendere quei dannati documenti e di sparire per sempre!» Fece una breve pausa prima di premere un tasto dolente. «Hai detto tu stessa che Ronnie non può condizionare la tua vita. Perché non agisci di conseguenza, allora? Hai ancora una soluzione... Avete ancora una soluzione.» Andò a cercare lo sguardo della sorella. «Dici di non volerlo fare, ma quanto potrà durare?» Non avrebbe cercato di spaventarla, se non fosse stata l'unica alternativa possibile, ma stavolta non poteva optare per altre possibilità. Far capire a Yuma che tutto poteva finire da un momento all’altro era l’unico modo che aveva per farla ragionare; o meglio, l’unico modo in cui poteva avere ancora una minima speranza di successo. «Hai dimostrato, in tutti questi mesi, di essere capace di cavartela da sola. Che cosa ti spaventa?»
    La risposta di Yuma la traumatizzò.
    «Resto qui perché non sopporto l'idea di andare via un'altra volta senza sapere chi ha ucciso nostra madre.»
    Di colpo Heaven comprese ciò che si era sforzata di negare.
    «Lo sai anche tu, non è vero?»
    «Diciamo che l'ho capito.»
    «Allora cosa cerchi ancora?»
    «La persona che l'ha pugnalata. Non può essere stato lui.»
    «Ha davvero importanza?»
    «Ovvio che ne ha.»
    Heaven scosse la testa.
    «Non per te.»
    «Ha importanza soprattutto per me» la corresse Yuma. «Voglio sapere fino a che punto s'è spinto quel...»
    Heaven la interruppe: «Lascia stare, Yuma. Hai già sofferto abbastanza a causa loro.»
    Sapeva che le sue parole non sarebbero servite, ma sperava che, almeno per una volta, sua sorella potesse darle ascolto.
    Yuma, però, non cambiò la propria posizione nemmeno di una virgola.
    «Non lascerò la città. Non gliela darò vinta. E soprattutto non permetterò a Dean di sbarazzarsi di mio figlio.»
     
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