Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Capitolo 47.
    “È tutto regolare, per ora.”
    La radio diffondeva una vecchia canzone. Il sole filtrava oltre la tenda. Sembrava un giorno normale, ma Michel aveva il presentimento che non lo sarebbe stato.
    Nel momento in cui udì il campanello squillare comprese che era proprio così. Pensò immediatamente a un'altra visita di Heaven Emerson e decise di ignorare quel suono. Non aveva alcuna intenzione di avere di nuovo a che fare con lei, che aveva mandato a monte i suoi progetti. Il giorno in cui aveva rubato le chiavi a Ronnie non aveva potuto fare a meno di restituirgliele indirettamente, lasciandole vicino alla porta di casa.
    Per sicurezza ne aveva fatto fare una copia. Non era convinto che potessero davvero servirgli, ma sapeva di non potere prevedere in anticipo ciò che avrebbe potuto rivelarsi davvero utile.
    Il campanello suonò una seconda volta. Si arrese all'evidenza, ma sollevando il citofono si ritrovò ad avvertire: «In questo momento Kelly non è in casa. È al lavoro, tornerà tra qualche ora.» «Meglio così» gli rispose una voce, «perché non è lei che sto cercando.»
    Era un uomo.
    "Se non altro non è Heaven."
    Dentro di sé non poté però fare a meno di chiedersi se non si sarebbe ritrovato a rimpiangere il fatto che a suonare alla porta non fosse stata proprio la giovane sorella di Yuma.
    «Chi è?» domandò, almeno in parte preoccupato dalla possibile risposta.
    «Sono Dean.»
    Michel si sentì spaesato.
    «Dean?»
    «Chi non muore si rivede» ribatté l'altro. «Ci scommetto che non vedi l'ora di scoprire che cosa voglio da te.»
    «Ne farei volentieri a meno» gli assicurò Michel. «Per quanto tu abbia sempre pensato di meritare la mia attenzione, io non sono mai stato del tuo stesso parere.»
    «Non ho intenzione di parlarne al citofono» precisò Dean. «Perché non mi fai salire?»
    «Neanche per sogno. Non sono a casa mia.»
    «Sono sicuro che la tua ragazza non avrà niente in contrario.»
    «Non è...»
    Michel s'interruppe.
    Perché avrebbe dovuto spiegare a Dean che Kelly non era la sua ragazza?"
    La mia vita privata non lo riguarda."
    «Allora, Sallivan?» insisté Dean. «Mi fai salire?»
    «No.»
    «Non era quello che volevo sentirti dire. Potremmo desiderare la stessa cosa. Sarebbe un errore, da parte tua, non volermi nemmeno ascoltare.»
    Sebbene Michel ne dubitasse fortemente non poté negare che in quelle parole potesse nascondersi un fondamento di verità.
    «Scendo tra due minuti» concesse. «Aspettami lì.»
    «Vedo che inizi a ragionare.»
    Michel non rispose.
    Prese le chiavi e si avviò giù per le scale.
    Fuori dall'edificio Dean lo aspettava. Stavolta indossava di nuovo una giacca di pelle.
    «È un piacere rivederti, Sallivan» lo accolse. «Sapevo che non ti saresti fatto pregare troppo a lungo.»
    «Vieni al dunque» tagliò corto Michel. «Che cosa vuoi da me?»
    Dean si guardò intorno.
    Non c'era nessuno nei paraggi, se non una donna dai lunghi capelli corvini, dall'altra parte della strada. Portava un ampio paio di occhiali da sole e per Michel aveva un'aria vagamente familiare. Era ovvio che a Dean non aveva fatto lo stesso effetto, dal momento che non esitò a ignorarla, affrettandosi a comunicargli: «Si tratta di Yuma Emerson. Ho l'impressione che suo padre abbia messo qualcuno sulle sue tracce.»
    «Lo sospetto anch'io.»
    Michel non gli disse che era convinto che quell'incarico,a sua insaputa, fosse stato attribuito proprio a lui grazie alla mediazione di Tom Harvey, ma Dean sembrò averlo capito da solo.
    «Sei tu che devi riportargliela.»
    «Non ti riguarda.»
    «Sì, invece. Ho lavorato per anni per Melvin Emerson...»
    Michel lo interruppe: «Se fossi al tuo posto non ne andrei tanto fiero.»
    «Infatti sono convinto che sia stato l'errore più grande della mia vita.»
    «Quanto tempo ti è servito prima di convincertene?»
    «Una volta che ho scoperto che cos'è il vero amore, mi è stato tutto dannatamente chiaro.»
    «Ma non è chiaro a me» replicò Michel. «Che cosa c'entra l'amore con tutto questo?»
    «Una donna mi ha cambiato.»
    «E io cosa c'entro?»
    «Quella donna è Yuma.»
    Michel valutò quanto quell'opzione forse credibile. Se lui e Yuma si amavano come diceva, perché lei avrebbe dovuto uscire dal palazzo in cui abitava Ronnie Craven, soltanto tre giorni prima?
    Dean parve accorgersi di quanto poco ne fosse convinto.
    «Lo so, ti sembra strano» ammise. «Ti assicuro, però, che io e Yuma piano stati molto felici insieme, prima che Mel iniziasse a intuire quello che c'era tra noi. A quel punto Yuma ha deciso di scappare. Non posso biasimarla per questo... e poi ha sempre avuto l'abitudine di farlo.»
    «Quindi sei qui per cercarla.»
    «È così.»
    «Mi è difficile pensare a una ragazza come Yuma accanto a un imbecille come te, in tutta sincerità.»
    Se quelle parole offesero Dean, lui non lo diede a vedere.
    «Le donne hanno gusti improbabili in fatto di uomini. Per quanto possiamo sforzarci di capirle, non ne saremo mai capaci.»
    «Specie uno come te.»
    «Tu mi sottovaluti.»
    «O forse Yuma ti sopravvaluta.»
    «In effetti non mi stupirebbe» ammise Dean. «Penso che Yuma abbia già ampiamente dimostrato di avere pessimo gusto in fatto di uomini. Tra te e il contabile depresso non saprei dire chi sia il peggiore.»
    «A proposito del contabile depresso, come mai allora Yuma mi ha parlato di lui e non di te, quando l'ho vista pochi giorni fa?»
    Michel non si aspettava che Dean avesse la risposta pronta. Non lo soddisfò affatto sentirlo replicare: «Yuma ha sempre cercato di mescolare le carte per non far vedere cos'aveva in mente. Mi sorprende che tu non ti sia posto nemmeno una domanda su di lei. Devo dedurre che tu ne sia ancora attratto, nonostante la tua relazione con la ragazza del bar, e che quindi tu abbia la tendenza a giudicarla migliore di quanto non sia?»
    Relazione?
    Che assurdità.
    Attratto da Yuma?
    Quella era un'assurdità ancora peggiore.
    «Credo che tu stia delirando, Dean.»
    «Forse sì, altrimenti non si spiegherebbe perché tu voglia venderla a Melvin.»
    «Io non...»
    Le sue proteste furono subito interrotte: «Non sono nato ieri, posso capire che tu sia disposto a trattare con il migliore offerente...»
    «Risparmiati qualsiasi tentativo di corruzione» replicò Michel. «Non hai speranze.»
    «Come devo spiegarti che non voglio fare del male a Yuma» insisté Dean, «Ma solo proteggerla da un maniaco che non merita nemmeno di starle vicino?»
    «Dovrebbe essere lei stessa a dirmelo. In tal caso sarei disposto a crederti o, per meglio dire, a crederle.»
    «Sai bene che ci sono degli impedimenti.»
    «No, ti sbagli, non lo so. Yuma non mi ha parlato di te, ma era spaventata all'idea che qualcuno potesse trovarla.»
    Dean annuì.
    «Mel.»
    «Il problema non era solo quel fottuto maniaco» obiettò Michel. «Era come se Yuma vedesse un'altra minaccia, forse ancora più pericolosa.»
    «Te l'ho già detto» ribadì Dean. «Il vero problema è che non ti sei ancora accorto che stare a sentire Yuma equivale a perdere tempo.»
    «Anche ascoltare te mi sta facendo perdere tempo» ribatté Michel. «Forse dovrei occuparmi di cose più importanti.»
    «Va bene, come vuoi» concesse Dean. «Ti lascio un po' di tempo per pensarci. Vediamoci stasera alle otto al bar della tua ragazza. Se dovessi pensare che Yuma possa avere bisogno della protezione di un uomo che la ama davvero, mi dirai come rintracciarla.»
    «Ci penserò.»
    Michel rientrò io casa. Al momento aveva alcuna intenzione di presentarsi all'appuntamento, ma prima di prendere una decisione definitiva avrebbe potuto cambiare idea.
     
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