Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Non è troppo. u.u



    Ronnie sentì il bisogno di fare una pausa. Appoggiò la lettera e andò in cucina a bere un bicchiere d’acqua. Gli costò un notevole sforzo tornare nella sua stanza da letto, dove sapeva che l’avrebbe atteso la parte più difficile.
    Si sedette ancora una volta e riprese a leggere.

    Rick voleva guidare, ma glielo impedii. Da allora mi chiedo ogni giorno come sarebbero andate le cose se non avessi insistito per mettermi al volante. Aveva bevuto troppo anche lui, ma forse avrebbe reagito diversamente.
    Non so spiegarti bene quale sia stata la dinamica dell’incidente. So solo che prendemmo una via isolata, perché abitavamo dall’altra parte di Starlit Spring e quello era il percorso più breve. In aperta campagna ci ritrovammo fuori strada e fu un impatto violento. Credo che, se non avessi indossato la cintura di sicurezza, più per abitudine che per altro, avrebbe potuto essere fatale anche per me, che invece mi ritrovai soltanto qualche livido.
    Ero stordito, ma capii subito che Rick era morto. Scesi dalla macchina totalmente sotto shock. Fu lì che qualche minuto dopo mi trovò Kelly, che a differenza nostra con l’alcool non esagerava mai. Anche lei stava andando a casa e, avendo visto un’auto incidentata, si era fermata per controllare se fosse accaduto qualcosa di grave.
    Rimase ovviamente sconcertata, quando le raccontai quello che era successo e le spiegai che Rick era morto. Insisteva a dire che non era possibile e volle accertarsene lei stessa. Non poté fare a meno di constatare che avevo ragione.
    Mi diede del pazzo, mi fece notare che non solo la mia incoscienza aveva ucciso mio fratello, ma avrebbe distrutto la mia famiglia. Erano altri tempi, la gente faceva più caso a tutto. Mio padre è il titolare di uno studio commerciale, mia madre all’epoca possedeva una boutique di lusso. Mi chiese se volevo diffamarli al punto tale da far perdere loro tutti i clienti che li avrebbero abbandonati. Obiettai che quello era l’ultimo dei miei pensieri, ma non servì. Kelly mi disse che aveva una soluzione che avrebbe, almeno in parte, potuto alleggerire la situazione: fingere che fosse Rick a guidare. I vantaggi erano due, di cui uno strettamente legato a me: non avrei avuto conseguenze legali e la mia famiglia non mi avrebbe ritenuto responsabile della morte di Rick. Il secondo era relativo alla cosiddetta opinione pubblica: chi guida ubriaco e muore non è malvisto tanto quanto chi, guidando ubriaco, toglie la vita a un’altra persona e sopravvive.
    So che è stata una pazzia, ma accettai. La aiutai a sistemare Rick sul sedile di guida e, dal momento che la cintura di sicurezza che portavo s’era rotta, gliela allacciammo per rendere possibile la nostra messinscena nel caso in cui fosse stata esaminata l’automobile. Pensavo che fosse finita, ma Kelly specificò che, per cancellare eventuali prove, c’era un’altra cosa da fare. Mi convinsi che quello che proponeva fosse la soluzione migliore.
    Guardammo la macchina bruciare, guardammo le fiamme che noi stessi avevamo appiccato. Sapevamo entrambi di essere ugualmente colpevoli e questo era una garanzia per tutti e due: nessuno di noi avrebbe mai potuto fare nulla per accusare l’altro senza doversi prendere parte delle colpe.
    Immagino che a questo punto tu sia disgustata da me, che da anni convivo con questo peso sulla coscienza. Forse può sembrare una frase fatta, ma ti assicuro che, per quanto questo non mi assolva, da allora non ho più pace... e non sono il solo: nonostante la versione ufficiale sia che Rick fosse al volante, leggo negli occhi di tutti delle accuse non troppo velate. L’unica che non ha mai capito nulla è mia madre; è questa la ragione per cui mio padre e Ralph hanno sempre cercato di evitare le accuse troppo dirette. Per quanto riguarda mio fratello, però, le cose non stanno più così: non solo ha capito che io e Kelly abbiamo commesso qualcosa di illecito, ma addirittura è convinto che abbiamo ucciso Rick volontariamente.
    A questo punto, pregandoti per l’ennesima volta di resistere alla tentazione di distruggere questa lettera per allontanarmi da te, ti prego di continuare. Ti devo raccontare l’altra parte della storia, e ti assicuro che sarà questa la ragione per cui sarai felice di ciò che ho deciso di fare.
    Ricordi la donna che io e Rick incontrammo? Fino ad oggi avevo sempre ignorato la sua identità e il suo destino. Ero convinto che non le fosse successo niente di grave, che si fosse liberata di quegli uomini che la importunavano e che fosse tornata a casa.
    Non era così. A casa aveva due figlie che la aspettavano, destinate a non rivederla mai più. La donna che io e Rick ignorammo fu assassinata quella notte stessa, l’ho riconosciuta dalla fotografia che ho visto sulla sua tomba nel cimitero di Starlit Spring. Nella foto indossava lo stesso vestito che portava quando venne uccisa.
    Le due figlie che aspettavano invano eravate tu e Heaven, quella donna era tua madre. Va da sé che non mi sento colpevole soltanto della sua morte, ma anche di tutto quello che capitò in seguito. Se Margot non fosse morta, probabilmente la tua stessa vita sarebbe stata molto diversa.
    So che tutto questo sarebbe stato terribile anche se fosse successo a una perfetta sconosciuta, ma il fatto che sia accaduto proprio alla ragazza che amo è un pensiero insopportabile per me. Un tempo pensavo che fosse sempre necessario combattere contro le difficoltà, anziché permettere loro di schiacciarci, ma adesso è tutto diverso. Non credo che riuscirei a convivere nemmeno una sola notte con questa terribile consapevolezza e non posso fare altro che seguire la strada che mi sembra meno dolorosa.
    Davanti a me c’è un flacone di sonnifero che ho trovato nel cassetto di mia madre. Non ho competenze mediche, ma credo che la metà delle pillole che contiene potrebbero essere sufficienti a uccidermi. Per sicurezza non mi fermerò a metà. Quando Naive ti consegnerà questa lettera io sarò già morto. So che non mi rimpiangerai, così come so che non sarei mai più in grado di guardarti negli occhi e di accettare il tuo disprezzo.
    Ti ho amata come non ho mai amato nessuna e come, se la mia vita continuasse, non sarei in grado di amare nessun’altra, ma so che ormai tutto questo non conta più. Tra poco la mia vita avrà la sua giusta fine e mi auguro che almeno questo pensiero possa farti provare un minimo di sollievo. Non farti problemi per chi soffrirà per la mia morte: non penso che importerà davvero a qualcuno, anzi, credo che saranno in molti ad essere sollevati tanto quanto te.
    In questo momento sto fissando una tua fotografia. Credo che la terrò in mano e che continuerò a guardarla in attesa della fine.
    A questo punto mi sembra di immaginare la tua voce che mi chiede: “Non hai paura di perdere tutto?” È proprio quello che potresti domandarmi se fossi qui e la mia risposta è no, non ho paura: so che chi ha già perso tutto non ha più nulla di cui preoccuparsi.
    Un tempo speravo che le nostre anime di metallo potessero fondersi e diventare una cosa sola, ma...

    Il campanello suonò. Ronnie guardò la sveglia e si accorse che erano quasi le dieci. Si chiese chi potesse essere Di solito nessuno si presentava a casa sua a quell’ora della sera.
    Ripiegò la lettera in due parti e l’appoggiò sul comodino, poi si diresse verso la porta mentre il campanello trillava ancora una volta.
    «Arrivo!» annunciò.
    Ciò nonostante udì altri due squilli.
    «Sono qui» avvertì nuovamente, mentre si apprestava a spalancare la porta.
    Per un attimo non fu in grado di credere ai propri occhi. Nonostante i riflessi color mogano dei suoi capelli e il volto che non era più quello di una diciottenne, gli fu impossibile non riconoscere la ragazza che si ritrovò davanti.
    «Yuma» esclamò. «Yuma, sei davvero tu?»
    Lei gli sorrise.
    «Se non ho sbagliato i calcoli, credo di essere in ritardo di tremilasessantatre giorni rispetto a quanto avevo progettato inizialmente. Posso entrare lo stesso?
    Ronnie spalancò gli occhi.
    «Ovvio... ovvio che puoi entrare!»
     
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