Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    La voce di Naive era più assonnata di quanto Yuma avesse immaginato.
    «Pronto?»
    «Disturbo?»
    «Sì... cioè, volevo dire, chi parla?»
    «Sono io.»
    Naive sembrò riconoscerla dalla voce.
    «Yuma?»
    «Sì.»
    «Dove sei.»
    «Non posso dirtelo, ma...»
    «Come sarebbe che non puoi dirmelo?» replicò Naive. «Le notizie corrono.»
    «Appunto perché le notizie corrono non posso dirtelo» puntualizzò Yuma. «Mio padre ti ha cercata?»
    «Più di una volta.»
    «Cosa gli hai detto di Heaven?»
    «Ho mentito sull’università che frequenta. Melvin non ha fatto domande, anzi, non sembrava tanto interessato.»
    «Lo so.»
    «Come fai a saperlo?»
    «Adesso gli interesso solo io.»
    «Spero che tu non abbia intenzione di consegnarti a lui.»
    Yuma rabbrividì di fronte a quella prospettiva.
    «Nemmeno per idea.»
    «Non farlo» la pregò Naive, come se non fosse abbastanza convinta delle sue parole. «Credo che Heaven sia davvero al sicuro, ovunque sia.»
    «Heaven è al sicuro» precisò Yuma.
    «Ne sembri molto convinta.»
    «Non ne sono convinta: ne sono certa.»
    «L’hai... l’hai incontrata?»
    «Sì.»
    «Non sei di molte parole stasera.»
    «Non posso essere di molte parole» replicò Yuma. «Heav non sa che sono venuta a telefonarti, pensa che sia uscita a fare un giro.»
    «Lei... lei è con te... di solito, intendo?»
    «Diciamo che abitiamo sotto lo stesso tetto, almeno per ora.»
    «Da quanto tempo?» La voce di Naive era un sibilo. «Sono mesi che mi chiedo che fine abbiate fatto. Ci siamo sentite altre volte, eppure non mi hai detto niente.»
    «È da poco che l’ho raggiunta, poco più di due settimane» la rassicurò Yuma. «Prima ho dovuto... come dire, ho dovuto cambiare posto abbastanza spesso. Per un certo motivo che preferisco sorvolare era abbastanza facile che qualcuno si ricordasse di me, soprattutto negli ultimi tempi prima di... prima che mi fosse più facile confondermi tra la gente.»
    «Di cosa parli?» le chiese Naive. «Devo preoccuparmi per te?»
    «No, per niente.»
    «E per Yuma?»
    «Ancora meno» si affrettò a rispondere Yuma. «Frequenta un ragazzo bello, ricco e con la testa sulle spalle.»
    «Spero che tu sappia valutare bene i ragazzi.»
    «Diciamo che ci provo.» Yuma lanciò un’occhiata alle proprie spalle. «Senti, c’è una donna che aspetta di telefonare...»
    «Mi stai chiamando da una cabina?»
    «Sì.»
    «Nel posto in cui stai non c’è un telefono?»
    «C’è, ma non c’è riservatezza: non volevo che Heav sapesse che ti ho contattata.»
    «Cosa s’è messa in testa, esattamente?» volle sapere Naive, a quel punto. «Ti ha detto perché è scappata di casa?»
    «Non è scappata, se n’è semplicemente andata.»
    «Era quello che pensavo anch’io.»
    «Cerca di ricominciare a pensarlo.»
    «Ci proverò. Tu, però, rispondi alla mia domanda: per caso ti ha detto perché se n’è andata via da casa?»
    «Purtroppo no» ammise Yuma, «Ma sono convinta che, qualunque fosse la ragione, non le interessi più.»
    Naive le sembrò sollevata, quando concluse: «Vorrei tanto che fosse così.»
    Yuma non le chiese a cosa si riferisse. Il tempo per le domande era scaduto, almeno per quella sera. Si affrettò a salutare Naive e qualche istante più tardi uscì dalla cabina.
    Il suo sguardo s’incrociò per un attimo con quello della donna in attesa.
    Un flash le attraversò la mente.
    Allora, ragazzina? Hai intenzione di stare qui dentro in eterno?»
    La sconosciuta la buttò letteralmente fuori dalla cabina.
    «Ehi, ma è impazzita? Devo ancora recuperare il resto.»
    «Me ne sbatto del tuo resto. Sparisci!»
    «Invece non sparisco. Devo recuperare i miei soldi.»
    «Eccoli qui.» Le lanciò addosso alcune monete. «Ora vattene. Sparisci e non farti più vedere.»

    Era davvero possibile? Quante erano le probabilità di incontrare la stessa persona in due città diverse a distanza di tanti anni, in una circostanza molto simile, se si escludeva l’assenza di reazioni isteriche da parte della donna che Yuma si ritrovava di fronte in quel momento?
    “È assurdo” si disse, mentre si allontanava più in fretta che poteva.
    Rimpianse di non avere chiesto a Eric di prestarle la sua auto. D’altronde, però, perché avrebbe dovuto? Ufficialmente era uscita per fare una passeggiata.
    La donna di Black Hill non aveva i capelli biondo platino e non era vestita in maniera appariscente...
    “Ma lo sguardo è il suo, è inconfondibile.”
    Il pensiero che seguì fu contrastante. Come poteva ricordarsene? Aveva incontrato quella donna ben otto anni prima, il pomeriggio che aveva preceduto la sua prima fuga da Black Hill.
    “Il 19 settembre... proprio otto anni fa.”
    Ad un tratto tutte le riflessioni sparirono, lasciando spazio a una consapevolezza diversa: era di nuovo il 19 settembre... ed era il compleanno di Ronnie. Yuma non poté fare a meno di chiedersi che fine avesse fatto e se si sarebbero rivisti. In fondo al cuore sperava ancora che fosse possibile.
     
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