Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Direi che è arrivato il momento di postare la prima parte del 37° capitolo...



    Capitolo 37.
    «Vado a fare due passi.»
    Heaven, che stava leggendo un vecchio romanzo rosa che non attirava al cento per cento la sua attenzione, alzò gli occhi.
    «Come?»
    Yuma ripeté: «Vado a fare due passi.»
    Heaven, seduta sul bordo del letto, scattò in piedi.
    «Ma... che ore sono?»
    «È tardi.»
    «Appunto.»
    Yuma la rassicurò: «È meglio che io esca a quest’ora, piuttosto che di giorno.»
    «Ti fai troppe paranoie» ribatté Heaven. «Nessuno sa che sei qui. Hai a disposizione un nuovo nome...»
    Yuma la interruppe: «Non ho un nuovo nome.»
    «Solo perché ti ostini a non volerti liberare della tua vecchia identità» replicò Heaven. «Dovresti pensarci seriamente.»
    «Tu stessa non ci pensi seriamente.»
    Heaven chiuse il libro e lo gettò sul letto.
    «Nessuno mi sta cercando.»
    Yuma sorrise.
    «Che cosa ne dici di Naive?»
    «Ti dico che sono maggiorenne» replicò Heaven, seccata dalla precisazione della sorella. «Naive deve mettersi il cuore in pace.»
    «Naive non si metterà mai il cuore in pace, finché non ti degnerai di dirle dove sei e che cosa stai facendo.»
    Heaven sospirò.
    «Naive dovrebbe rendersi conto che sono cresciuta.»
    «Abbandonare gli studi senza una ragione ben precisa per tornare in questa fottuta città non mi sembra una grande manifestazione di maturità.»
    Heaven ridacchiò.
    «Ecco, questa è la dimostrazione che Naive non serve.»
    Yuma le lanciò un’occhiata perplessa.
    «Di cosa parli?»
    «Ci pensi già tu a farmi la predica. Sembra quasi che mi riteniate tutti quanti incapace di prendere delle decisioni.»
    «Nessuno ti ritiene incapace di decidere» obiettò Yuma. «È solo che ti converrebbe fare molta attenzione a quello che fai. Il mondo là fuori non è sempre roseo come l’hai visto tu.»
    «Stai cercando di dirmi che ho vissuto sotto una cappa di vetro?»
    «Sto cercando di dirti che vivere sotto una cappa di vetro sarebbe la cosa più normale, prima di raggiungere l’età della ragione. Purtroppo non sempre succede.»
    «Non succederà» la rassicurò Heaven. «Fidati. Siamo al sicuro tutte e due... anzi, tutti e tre.»
    Yuma trasalì.
    «Non è detto.»
    Heaven tornò a sedersi sul bordo del letto.
    «Ti ho detto di fidarti. Eric sa quello che fa.»
    Yuma annuì.
    «Anch’io so quello che faccio.» Guardò l’orologio che portava al polso. «È tardi, ma non mi succederà niente se esco a fare due passi.»
    Heaven alzò gli occhi al cielo.
    «Speriamo che tu abbia ragione.»
    Con sua sorpresa, Yuma ridacchiò.
    «Ehi, Heav, non te l’hanno mai detto qual è il principio universale su cui si basa l’esistenza umana?»
    Heaven spalancò gli occhi.
    «No.»
    «Bene, allora te lo dico io.» Yuma sorrise. «Le sorelle maggiori hanno sempre ragione.»
    Si girò e uscì dalla stanza.
    «Se lo dici tu» borbottò Heaven.
    «Certo che lo dico io» ribatté Yuma, mentre si allontanava.

    Seduta accanto su una panchina, Pamela rifletteva.
    Le parole di Michel Sallivan, dal quale si era frettolosamente allontanata non più di un quarto d’ora prima, le risuonarono in testa.
    «Forse sono io che non sono un ragazzo con la testa sulle spalle.»
    Si era sforzata di dargli una risposta decente, una di quelle che, di solito, facevano impazzire gli uomini.
    «È proprio questo che mi piace di te.»
    A Michel non avevano fatto alcun effetto. Non si era nemmeno sforzato di trattenerla - non che lei fosse pronta a farlo, anzi, tanto meglio se non era andata così - e questo l’aveva mandata in crisi.
    “O io non ho la minima idea di come rapportarmi con gli uomini” valutò, “o Michel è troppo scaltro per cascarci.”
    Tom l’aveva definito uno sprovveduto, ma Pamela era sempre più sicura che non fosse così, come a conferma delle prime avvisaglie che aveva avuto a Dark River.
    «Secondo me dovremmo fare attenzione» aveva precisato a Tom, poco prima della partenza. «Il nostro avversario è più pericoloso di quanto possiamo immaginare.»
    Tom aveva riso.
    «Avversario?»
    «Parlo di Michel.»
    «Non dovrebbe essere un nostro collaboratore?»
    Pamela aveva ritenuto opportuno precisargli che aveva già smesso da molto tempo di credere alle favole.
    «Gli nascondi troppe cose, per considerarlo un vero collaboratore.»
    «Anche a te sto nascondendo qualcosa» le aveva ricordato Tom. «Io nascondo qualcosa a tutti.»
    «Però non sono io quella che deve tirare fuori dal nulla una ragazza di cui non sappiamo niente» aveva precisato Pamela.
    «Invece potresti farlo anche tu» aveva replicato Tom. «Diciamo che Michel più che un collaboratore può essere considerato un’esca. Dobbiamo solo sperare che la ragazza decida di abboccare.»
    «È un po’ difficile, dato che non sappiamo nemmeno dove si trova.»
    «Non lo sappiamo per certo, ma abbiamo notevoli sospetti.»
    Pamela aveva tentato di trattenersi, ma non ce l’aveva fatta.
    «Siamo solo noi ad avere questi notevoli sospetti o ne è al corrente anche la persona che ti paga per cercarla?»
    «Segreto professionale.»
    Pamela si era impuntata: «Niente segreti di questo tipo; voglio sapere con chi abbiamo a che fare! Chi è che cerca Yuma Emerson... e soprattutto chi è Yuma Emerson? Intendo dire, che cosa rappresenta per noi?»
    Tom era stato in grado di sorprenderla.
    «All’ultima domanda posso rispondere senza problemi.»
    «Ah, sì?»
    «Dal nostro punto di vista Yuma Emerson è una ragazza insignificante: se non fosse per soldi, non mi sognerei mai di cercarla - e i soldi potrebbero addirittura aumentare se riuscissimo a rintracciare anche l’altra. Michel Sallivan ha avuto una relazione con lei molto tempo fa. È molto probabile che non si sentano più fin da quando si sono lasciati. Il problema, però, è che da un certo momento in poi le sue tracce sono sparite.»
    «Potrebbe essere morta» aveva osservato Pamela. «Ci hai mai pensato?»
    «La persona che mi ha incaricato di cercarla ha la certezza che sia viva...»
    «Perché dovrebbe essere a Starlit Spring?»
    «Probabilmente per due motivi» aveva concluso Tom, «Ma non ho intenzione di comunicarteli.»
    Non era riuscita a tirargli fuori altro, ma forse non importava. Era sempre stata abituata a non fare domande, fin dal primo giorno in cui era stata messa sulle tracce di Yuma...
    I pensieri di Pamela si persero non appena la vide. Valutò le probabilità di poter essere riconosciuta e realizzò che erano minime, forse inesistenti. Cambiare look e acconciatura - in modo radicale, non limitandosi a dare una sfumatura color mogano a dei capelli neri, come aveva preferito fare Yuma - le aveva garantito una certa protezione.
    Finse di essere una passante distratta, per quanto una passante distratta potesse camminare a quell’ora in una strada semideserta, avvicinandosi alla cabina telefonica in cui la ragazza si infilava. Yuma non badò a lei. Afferrò il ricevitore, infilò qualche moneta nel telefono e compose un numero, ancora una volta senza preoccuparsi di lei. Evidentemente chi faceva chiamate in tarda serata riteneva che lo facessero anche altri. Se si era accorta di lei, Yuma Emerson doveva aver pensato che stesse aspettando che arrivasse il suo turno.
     
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