Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Se n’era andato, mentre fuori, oltre il vecchio palazzo in cui Kelly abitava, Starlit Spring lo aspettava. Conosceva a memoria ogni angolo della cittadina nella quale aveva passato la maggior parte della sua vita, ma gli sembrava che le strade fossero da scoprire e riscoprire giorno dopo giorno. Quella sera non faceva freddo, né gli pareva ci fosse troppa umidità per rimanere all’esterno.
    Si spostò verso le strade meno trafficate, riflettendo su quanto era successo poco prima. Sebbene fosse abituato al comportamento di Kelly, quella sera aveva letto qualcosa di anomalo nei suoi occhi.
    Ricordò quello che gli aveva comunicato al telefono, qualche ora prima: «Pare che in città ci sia qualcuno interessato a te.»
    «Di cosa parli?» le aveva chiesto Ronnie. «Non c’è mai nessuno che mi cerca.»
    «Me lo posso immaginare» aveva replicato Kelly. «Hai lo straordinario talento di riuscire a distruggere qualunque cosa tu abbia intorno, non dovresti sorprenderti se tutti ti stanno il più lontano possibile!»
    «Invece di dire cazzate» aveva obiettato Ronnie, «Forse faresti meglio a dirmi che cosa sta succedendo.»
    «Non sta succedendo niente» l’aveva rassicurato Kelly. «Anzi, non sono molto sicura che tu possa essere soddisfatto dall’incontro che ho fatto.»
    Dal momento che Kelly non sembrava intenzionata a spiegarsi meglio, Ronnie aveva concluso: «Non sono io che ho fatto l’incontro di cui parli, quindi la cosa mi è indifferente.»
    Mentre andava da lei si era tolto dalla testa quelle chiacchiere già da tempo, ma adesso gli erano tornate in mente.
    Qualcuno lo cercava?
    “Impossibile” si ripeté.
    Chiunque potesse avere bisogno di lui avrebbe saputo dove trovarlo; a Starlit Spring nessuno avrebbe incontrato delle difficoltà nel mettersi in contatto con lui.
    “A meno che non sia qualcuno che viene da fuori.”
    Già, ma chi?
    “Nessuno” considerò ancora. “Probabilmente Kelly s’è inventata tutto per convincermi ad andare da lei.”
    Ronnie smise di pensare e accelerò il passo, davanti alle serrande abbassate dei negozi sotto i portici deserti; gli stessi che durante il giorno erano gremiti di persone che osservavano con interesse le vetrine.
    Poi udì dei passi alle sue spalle e gli riecheggiò in mente la voce di Kelly.
    «La scorsa notte ho sognato Rick. Se solo esistesse un minimo di giustizia tornerebbe qui soltanto per ucciderti.»
    Gli parve quasi di udire il sibilo della voce della ragazza che da anni continuava a cercarlo per scaricare addosso a lui le responsabilità comuni, come se non riuscisse a liberarsi di lui. Era la solitudine che aveva condotto Kelly fino a quel punto? Ed era sempre la consapevolezza che nessun altro potesse capirlo a portarlo sempre da lei, ad ascoltare quelle che in apparenza erano soltanto chiacchiere senza un minimo di senso?
    Ogni volta le immagini si susseguivano rapidamente nei suoi pensieri, come un film destinato a svolgersi sempre nella stessa maniera.
    Rick.
    Kelly.
    L’auto in fiamme.
    Rick.
    Kelly.
    L’auto in fiamme.
    Rick.
    Kelly.
    L’auto in fiamme.
    Rick.
    Kelly.
    L’auto in fiamme.

    Rick avrebbe dovuto tornare; avrebbe davvero dovuto ucciderlo. Dopo quello che era successo, Ronnie sentiva di non meritare altro.
    Si fermò accanto a una serranda chiusa, con una consapevolezza che si faceva viva dentro di lui: i suoi fantasmi, quelli che cercava disperatamente di respingere ogni giorno della sua vita, si stavano affacciando a una porta che non avrebbe mai potuto chiudere.
    Rick.
    Rick.
    Rick.
    Rick.

    Ronnie sentì una lacrima scorrergli lungo la guancia sinistra, che asciugò nel colletto del giubbotto. Quella notte maledetta non avrebbe dovuto esistere, o quantomeno gli eventi non avrebbero dovuto svolgersi a quel modo.
    Margot.
    Margot.
    Margot.
    Margot.

    Se solo lui e Rick fossero tornati indietro...
    “Lui sarebbe ancora vivo, e forse anche Margot.”
    E se quella donna – una sconosciuta che un giorno per lui avrebbe assunto un’importanza a cui non avrebbe mai pensato – non fosse stata assassinata quella notte, anche la vita di Yuma sarebbe stata radicalmente diversa.
    Se la giustizia fosse esistita Rick sarebbe dovuto tornare indietro e mettere fine alla sua esistenza, ma non avrebbe dovuto arrivare da solo.
    Kelly aveva ragione: lui era colpevole, molto più colpevole di quanto lei stessa non potesse immaginare. Rick e Margot avrebbero dovuto tornare dall’aldilà, avrebbero dovuto metterlo di fronte alle sue responsabilità.
    Ronnie udì dei passi alle sue spalle. Per un attimo provò l’illusione che le cose stessero andando proprio così, ma naturalmente sapeva che era impossibile.
    Riprese a camminare, pensando che dopotutto quella non era altro che la sera che seguiva una giornata di sole e che di lì a qualche ora avrebbe lasciato spazio a un nuovo giorno, in cui avrebbe potuto non succedere nulla o in cui lui stesso avrebbe potuto cambiare le cose.
    “Devo farcela” si disse. “Devo lasciarmi alle spalle Kelly.”
    Era l’unica soluzione che aveva: si era liberato di quella ragazza soltanto quando, diversi anni prima, aveva lasciato Starlit Spring per trasferirsi a Black Hill.
    Al suo ritorno era riuscito a restarle lontano, ma poi, quando era distrutto dagli eventi che si erano susseguiti, era tornato da lei che, sadicamente, non faceva altro che mettergli su un piatto d’argento le sue colpe. Per fortuna, almeno, non aveva idea che lui e Rick avessero rifiutato il loro aiuto a Margot Emerson.
    Nella sua mente all’immagine di Margot si sovrappose quella di Yuma. Non aveva idea di che fine avesse fatto, sperava soltanto che fosse felice.
    All’improvviso alle sue spalle i passi si fecero più distinti. La voce di Kelly tornò a rimbombargli in testa.
    «Se solo esistesse un minimo di giustizia tornerebbe qui soltanto per ucciderti.»
    Ronnie diede un’occhiata dietro di lui, aspettandosi quasi di vedere Rick. Naturalmente non fu così, c’era un uomo dai capelli biondi, che probabilmente non aveva niente a che fare con lui.
    Proprio mentre si sentiva sollevato dal fatto che nessuno fosse lì per arrecargli disturbo, si sentì afferrare per un braccio.
    Si fermò di scatto, ripensando anche alla rapina di cui era stato vittima sette anni prima. Forse sarebbe stato più opportuno evitare di andarsene in giro a quell’ora lungo quelle strade buie.
    Dopo quella che gli parve fosse un’eternità, l’uomo alle sue spalle sibilò: «Sì, sto cercando proprio te.»
     
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587 replies since 18/5/2013, 16:33   3129 views
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