Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Ecco la prima parte del capitolo 34, per la gioia di Gab. <3



    Capitolo 34.
    Kelly si sistemò come meglio poteva l’uniforme stropicciata, pensando per l’ennesima volta quanto il suo lavoro allo Starlit Cafè fosse giorno dopo giorno sempre più deprimente. Nel corso degli anni le giornate di lavoro si erano rivelate l’una identica all’altra - eccetto quando in piena notte veniva appiccato un incendio che distruggeva il bar, ma questo fortunatamente era accaduto soltanto una volta - e, se da un lato la sua vita privata era piatta, dall’altro quella professionale non mostrava certo sfaccettature che potessero darle un minimo di soddisfazione.
    I primi clienti del mattino, mentre il sole si alzava su Starlit Spring, non erano ancora giunti, ma il loro arrivo non sarebbe stato qualcosa di memorabile.
    Si avvicinò a un tavolino, sul quale aveva collocato un quotidiano sportivo, che costituiva la lettura principale dei frequentatori abituali di quel piccolo bar, si sedette e iniziò a sfogliarlo piuttosto distrattamente: dello sport non le importava nulla e, in realtà, nemmeno di tutto il resto.
    Mentre si perdeva, scorrendo senza leggerle le righe di una pagina che le era capitata sott’occhio, udì la porta spalancarsi con un cigolio fastidioso.
    «Salve!» esclamò una radiosa voce maschile.
    Per un attimo Kelly si domandò se valesse la pena di alzare lo sguardo.
    No.
    Sentì dei passi che si avvicinavano.
    L’uomo appena entrato si schiarì la voce, per attirare la sua attenzione.
    Finalmente Kelly si alzò in piedi.
    «Buongiorno» disse, sfoderando uno dei suoi sorrisi più forzati - non che potesse essere più forzato di tutti gli altri, comunque. «In che cosa posso esserle utile?»
    «Fammi indovinare» ribatté lui. «Sono il primo cliente della giornata o sbaglio?»
    Kelly spalancò gli occhi.
    «No!» esclamò. «Non è possibile!»
    L’uomo – un trentenne dagli abiti casual e dai capelli biondi – osservò: «Speravo che impiegassi meno tempo a riconoscermi.»
    Kelly ridacchiò.
    «È passato tanto tempo.»
    «Già.»
    Kelly abbassò lo sguardo.
    «A quel tempo mi sentivo felice.»
    Lui si avvicinò.
    «Ora sono arrivato io» puntualizzò. «Anche adesso sei felice.»
    Kelly non poté fare a meno di scoppiare in una fragorosa risata.
    «Tu sei pazzo, Michel.»
    Lui annuì.
    «Forse.»
    «Siediti» lo invitò Kelly. «Ci sono degli ottimi cornetti appena sfornati.»
    «Chi se ne frega dei cornetti!» ribatté Michel. «Anche in occasione del nostro primo incontro pretendevi di rifilarmeli.»
    «Mentre tu mi avevi chiesto soltanto una bottiglia d’acqua, e solo perché avevi bisogno di andare in bagno.»
    Michel le indicò la porta della toilette.
    «Quella è la ragione per cui sono entrato.»
    Kelly cercò di mostrarsi delusa.
    «Pensavo fossi venuto per me.»
    «Come potevo sapere che ti avrei trovata qui?» replicò Michel. «L’ultima volta che sono passato di qui è stata nell’89. Pensavo che nel frattempo ti fossi sposata e che magari fossi andata ad abitare altrove.»
    Kelly rise.
    «Ti sembro il genere di persona che pensa al matrimonio?»
    «Forse sono gli uomini che smettono di pensarci quando ti incontrano!»
    «Ma fammi il piacere!» ribatté Kelly. «Il problema sarebbero gli uomini? Te lo scordi. Se solo fossi del parere, ne avrei mille ai miei piedi.»
    Michel finse di guardarsi intorno.
    «Sarà, ma non ne vedo nemmeno uno.»
    «Sono le sei e un quarto» gli ricordò Kelly. «Magari dormono ancora.»
    «Giusto.» Michel si guardò intorno. «È cambiato qualcosa, da quando sono stato qui, o sbaglio?»
    «Non è cambiato qualcosa» puntualizzò Kelly. «È cambiato tutto
    Michel sorrise.
    «Immagino che tuo zio abbia pensato che ai pensionati che frequentavano il bar facesse bene un po’ di cambiamento.»
    «Non è andata proprio così. Diciamo che è capitato un... ehm... un incidente.»
    «Che genere di incidente?»
    «Anni fa c’è stato un incendio.»
    Michel non le parve molto interessato all’accaduto e, del resto, non avrebbe dovuto aspettarsi che lo fosse.
    “Meglio così.”
    Questo significava, almeno, che non ne avrebbero parlato.
    Michel tornò a indicarle il WC.
    «A proposito, mi permetti di andare a svuotare la vescica?»
    «Vai pure.»
    «Grazie. Tu procurami una bottiglia d’acqua nel frattempo.»
    «Lo farò.»
    Kelly lo guardò andare verso il bagno e fermarsi proprio nel momento di sfiorare la maniglia della porta.
    Michel si girò verso di lei.
    «L’acqua la gradirei frizzante.»
    Kelly annuì.
    «Sarà fatto.»
    «Da un litro.»
    «Come vuoi.»
    «Grazie.»
    Tirandosi indietro una ciocca di capelli ondulati che le ricadeva davanti agli occhi, Kelly si apprestò a procurare a Michel ciò che lui le aveva chiesto.
    “Anche in occasione del nostro primo incontro voleva una bottiglia d’acqua gassata” osservò. “A temperatura ambiente.”
    In realtà – almeno per quanto ricordava: non era sicura di avere ben in testa tutti quei dettagli che risalivano al 1989 – era stata lei a proporglielo.
    Le sembrava che fosse passata una vita da allora e, di fatto, era proprio così.

    Michel uscì dal bagno e, contrariamente a quanto si aspettava, si accorse che Kelly non lo stava aspettando tenendo in mano la bottiglia d’acqua che le aveva chiesto. Anzi, sembrava immersa nei propri pensieri al punto tale da non accorgersi di lui.
    «Kelly?» la chiamò, facendola sobbalzare.
    Nel giro di pochi istanti lei prese ciò che gli aveva chiesto e gli venne incontro.
    «Ecco a te.»
    Michel appoggiò la bottiglia sullo stesso tavolino sul quale si trovava il giornale che Kelly aveva sfogliato prima del suo arrivo.
    «A che cosa pensavi?»
    Kelly gli lanciò un’occhiataccia.
    «Da quando questi sono cazzi tuoi?»
    «Non lo sono mai stati» ammise Michel, «Però mi stavo chiedendo se per caso non stessi pensando a me.»
    Kelly accennò a una lieve risata.
    «Hai troppe manie di protagonismo.»
    «Forse.»
    «Sicuramente.»
    Michel sospirò.
    «Sì, sicuramente è così. Mi ero illuso che tu stessi rimuginando sul nostro primo incontro.»
    Kelly spalancò gli occhi.
    «Oh, no, niente affatto!»
    «Sì, invece» ribatté Michel. «Del resto come potresti scordarti che...»
    «Che ti sei presentato con un nome falso?» lo interruppe Kelly. «No, non me ne sono affatto dimenticata.»
    «Non era un nome falso» obiettò Michel. «Semplicemente non era il mio.»
    «Giusto.»
    «A proposito, hai idea di che fine abbia fatto?»
    «Dovresti essere più chiaro» puntualizzò Kelly. «Le domande senza un soggetto sono di difficile interpretazione.»
    «Hai ragione.»
    «E quindi?» lo esortò Kelly. «Che cosa vuoi sapere?»
    «Ronnie Craven» specificò Michel. «Parlo di lui.»
     
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