Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Parte conclusiva del capitolo 32.



    A una giornata pessima seguiva sempre una notte terribile, e a una notte terribile adesso stava seguendo un giorno d’inferno.
    Se solo non avesse incontrato Ronnie al cimitero, il giorno precedente...
    «Certo, come se fosse colpa di Ronnie!» borbottò, sorprendendosi del suo stesso pensiero. «Un pazzo dà fuoco al bar nel cuore della notte e io continuo a pensare a quel dannato Ronnie Craven! Forse sono malata: il fuoco mi ha danneggiato il cervello, anche se non c’ero.»
    Il telefono squillò.
    Kelly non aveva alcuna voglia di rispondere, ma fece quello sforzo.
    «Pronto?» sospirò, seccata, alzando il ricevitore.
    «Ho sentito la notizia» la informò una voce che in un primo momento non distinse.
    «Chi parla?» domandò, ancora più acidamente.
    «Sono Maya.»
    «Maya.»
    «So che sei sconvolta, ma che senso ha ripetere il mio nome?»
    «Fottiti» replicò Kelly. «Che cosa ne sai tu di quanto sono sconvolta?»
    «Beh, posso immaginare...»
    «No, non puoi immaginare niente! Tu non sai quanto mi senta colpita nel profondo. Se lo sapessi non mi avresti chiamata!»
    «Pensavo di fare una cosa gentile...»
    «Se vuoi fare una cosa gentile, fattelo mettere in culo dal primo che passa per la strada! Magari hai la fortuna di beccare quel figlio di puttana di Ronnie!»
    «Kelly...»
    «Devi morire tra le sofferenze più atroci, Maya! Tutti dovete morire tra le sofferenze più atroci! Siete tutti delle merde e non meritate di vivere!»
    Maya non rispose, ma si limitò a riattaccare.
    Kelly si appoggiò alla parete e si lasciò scivolare a terra. Si accorse di avere le guance rigate di lacrime.
    Fiamme.
    Fiamme.
    Fiamme.
    Fiamme.

    C’era più di un modo per distruggere un locale pubblico, eppure chi aveva commesso quell’atto aveva scelto di farlo col fuoco.
    “Voleva colpire me.”
    Qualcuno aveva scoperto la verità, ne era certa.
    Il telefono squillò di nuovo, ma Kelly lasciò che suonasse a vuoto.
    Finalmente smise.
    Fiamme.
    Fiamme.
    Fiamme.
    Fiamme.

    Aveva smesso, ma ricominciò. Kelly si chiese se avesse il coraggio di alzarsi in piedi e di sentire chi fosse a cercarla. Sperava solo che non fosse qualche sprovveduto come Maya, qualcuno che si sentiva dispiaciuto dall’avere appreso la notizia che lo Starlit Cafè era stato dato alle fiamme e riteneva necessario comunicarglielo.
    Fiamme.
    Fiamme.

    Di tiro su di scatto e sollevò il ricevitore.
    «Chi parla?»
    «Kelly, sono Ralph.»
    Un brivido gelido la attraversò.
    «Ralph?»
    «Ralph Craven» puntualizzò lui, come se ce ne fosse bisogno.
    «Se mi stai chiamando per quello che è successo al bar...»
    Ralph la interruppe: «No. Cos’è capitato?»
    Non lo sapeva? Come poteva non saperlo?
    «Un incendio.»
    «Mi dispiace. Quando è successo?»
    Sembrava sincero.
    «Intorno alle quattro di notte.»
    «Ma com’è accaduto?»
    Kelly si sforzò di non riattaccare.
    «Non lo sappiamo ancora. Penso che qualcuno l’abbia fatto apposta.»
    «Sarebbe terribile» osservò Ralph. «Mi chiedo chi potrebbe avere commesso un simile scempio. Lo Starlit Cafè ha sempre avuto un’ottima fama, almeno tra le persone di mezza età e gli anziani.»
    «Già.»
    «Spero che tutto possa risolversi.»
    «Risolversi?»
    «Beh, sì, che l’assicurazione copra i danni...»
    «Mio zio dice di sì.»
    «Terrò le dita incrociate per voi, allora» concluse Ralph. «A questo punto credo che tu abbia già qualcosa di importante a cui pensare, è meglio che non ti dica nulla.»
    Ah, già. Ralph le aveva telefonato per un altro motivo, in origine, era stata lei a tirare fuori l’argomento che avrebbe tanto preferito evitare.
    «No, se è qualcosa di importante dimmi tutto.»
    «Ti avverto che potresti restarne sconvolta.»
    Kelly si lasciò andare a una risata fragorosa che - almeno così pensava - avrebbe fatto sì che Ralph dubitasse della sua sanità mentale.
    «Che cosa potrebbe sconvolgermi, ormai?»
    «Già, in effetti credo che niente potrebbe sconvolgerti davvero» affermò Ralph, con un tono vagamente ostile. «Questo, però, non ha così tanta importanza.»
    «Allora dimmi tutto.»
    Ralph parlò.
    Le spiegò cos’era accaduto.
    La distrusse, a poco a poco.
    Kelly finse di non essere turbata, mentre rispondeva: «Deve essere stato uno shock.» Le sembrò subito un’affermazione senza senso, che andava corretta. «Voglio dire, adesso come sta?»
    Mentre Ralph le rispondeva, il suo bisogno di vomitare si faceva più forte istante dopo istante.

    Fine seconda parte

     
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