Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Prima parte del capitolo 32.



    Capitolo 32.
    «Come sarebbe a dire che ci rivedremo presto?» Il tono di Marlene era palesemente sorpreso. «Cosa pensi di venire a fare a Dark River?»
    «Da come lo dici sembra quasi che ti dispiaccia» osservò Michel. «Non sei certo obbligata a venirmi ad accogliere a braccia aperte.»
    «Non hai capito...»
    «Invece mi sembra di avere capito benissimo» ribatté Michel. «Non hai nessuna voglia di vedermi e il fatto che trascorrerò un po’ di tempo a Dark River sembra infastidirti.»
    La sentì ridere.
    «Temo che tu ti stia sbagliando. Sai benissimo che non vedo l’ora.»
    «Permettimi di dubitarne!»
    «No, non te lo permetto. Diciamo che sono soltanto un po’ sorpresa: non eri sempre sommerso di lavoro al punto tale da non riuscire nemmeno a farmi una telefonata, se non ogni due o tre settimane?»
    «Più o meno» ammise Michel. «Ora, però, è cambiato tutto; te ne parlerò non appena ci vedremo di persona.»
    «Sembra un incontro solenne, da quello che dici.»
    Michel ridacchiò.
    «In un certo senso.»
    Salutò sua sorella, poi riattaccò.
    Si preparò per uscire, poi indossò un giubbotto che non portava dall’autunno precedente. Fu sorpreso di trovare in tasca qualcosa e il suo stupore incrementò quando si accorse che si trattava di un biglietto da visita che pubblicizzava lo Starlit Cafè, il bar in cui aveva conosciuto Kelly James molto tempo prima.
    Erano trascorse settimane, forse addirittura mesi, dall’ultima volta che aveva pensato a lei. Forse non sarebbe stata una pessima idea quella di chiamarla per chiederle come stava.
    Tornò al telefono e compose il numero.
    Rimase in attesa.
    Uno squillo.
    Due squilli.
    Tre squilli.
    Quattro squilli...
    Aspettò ancora, rendendosi conto che non solo Kelly non gli avrebbe risposto, ma non l’avrebbe fatto nessun altro.
    Forse lo Starlit Cafè era chiuso per ferie, o chissà, magari l’attività era fallita. Era plausibile ipotizzare che Kelly fosse da tutt’altra parte.
    “In ogni caso non ha importanza.”
    Si convinse che quella di telefonare a Kelly non era stata un’intuizione così geniale come gli era parsa pochi minuti prima.
    Appallottolò il biglietto da visita e lo gettò nella stessa tasca in cui l’aveva trovato. Probabilmente presto o tardi sarebbe finito nella spazzatura, cancellando definitivamente Kelly James e tutto il resto.
    Andare a Starlit Spring, otto mesi prima, era stato un errore, ma il suo sbaglio più grande era stato, in generale, quello di assecondare Tom Harvey e tutte le sue richieste. Finalmente era riuscito a liberarsene, informandolo che non aveva più intenzione di lavorare per lui, e adesso se ne sarebbe andato, forse per un po’, forse definitivamente. Non aveva idea di cosa sarebbe accaduto e, a priori, non gli importava esserne consapevole in anticipo. Quello che contava era lasciarsi tutto alle spalle e la città di Black Hill, proprio come Kelly James, era una parte del tutto.

    Kelly si alzò in piedi e si avviò verso la porta.
    «Vado a vedere quanto è grave il danno.»
    «Aspetta» la trattenne Colin. «Non penso che sia il caso.»
    Kelly spalancò gli occhi.
    «Non è il caso, dici?! Hanno distrutto tutto! Non c’è più niente di quello che ho lasciato ieri sera, è bruciato tutto!»
    Suo zio si alzò a sua volta e la raggiunse.
    «Appunto per questo ti sto chiedendo di non andare.»
    «Quindi per te non sapere è meglio che vedere con i propri occhi e affrontare la realtà?»
    «Non ho detto questo» rispose Colin, «Ma sono convinto che a tutto ci sia rimedio.»
    Kelly scosse la testa.
    «Cazzate!»
    «So che al momento vedi tutto nero, ma...»
    Kelly, stanca di sentirlo farneticare, lo interruppe: «Vedo tutto nero perché non ci sono alternative! Puoi inventarti qualsiasi storia, ma con me non attacca! Qualcuno ha bruciato il nostro bar, e questo mi sembra molto indicativo!»
    «È stato un incidente.»
    «Non è stato un incidente.»
    «Sì, Kelly, nessuno ce l’aveva con noi al punto tale da...»
    Kelly lo interruppe ancora una volta: «Non m’interessa se nessuno ha mai dimostrato di avercela con noi. Io mi baso sui fatti, e i fatti dicono che un incendio non scoppia così, all’improvviso, senza una ragione logica, nel cuore della notte!»
    «Forse c’era qualche problema con l’impianto elettrico...»
    «Non ci credi nemmeno tu» lo accusò Kelly. «Preferisci semplicemente non affrontare una realtà troppo dura. Tu hai visto com’era ridotto il bar...»
    «L’ho visto, appunto, e non credo che qualcuno avrebbe potuto fare una simile devastazione di proposito!»
    «Allora non posso far altro che osservare come tu abbia una visione troppo limpida e pulita dell’animo umano.»
    Quelle parole strapparono un sorriso a Colin, un sorriso che a Kelly parve fuori luogo.
    «Forse perché ho sempre avuto a che fare solo con persone perbene.»
    Kelly abbassò lo sguardo.
    Persone perbene.
    Si sentiva descritta da quelle parole?
    «No» mormorò.
    Suo zio le lanciò un’occhiataccia.
    «Che cosa?»
    Soltanto allora Kelly si rese conto di avere pensato ad alta voce.
    «Niente, lascia stare.»
    «Io ho detto che ho sempre avuto a che fare con persone perbene» insisté Colin, «E tu hai detto “no”. Come me lo spieghi?»
    «Non c’è niente che io debba spiegarti» obiettò Kelly. «Riflettevo.»
    «Mi piacerebbe se tu mi mettessi al corrente delle tue riflessioni.»
    Kelly negò con fermezza.
    «Non c’è niente che tu debba sapere.»
    Colin la fissò con occhi penetranti.
    «Ne sei sicura?»
    Kelly si affrettò ad annuire.
    «Certo che ne sono sicura.»
    «Comunque non hai niente di cui preoccuparti» aggiunse Colin. «L’assicurazione copre i danni derivanti da incendi.»
    Kelly non riuscì a trattenersi.
    «Anche se sono dolosi?»
    Suo zio annuì.
    «Soprattutto se sono dolosi.»
    Kelly si chiese se questo la rendesse più sollevata.
    “No.”
    «È meglio che io vada» le annunciò Colin, a quel punto. «Ho alcune... ehm... cose da sistemare, possiamo dire.»
    «Va bene. Poi fammi sapere, mi raccomando.»
    «Ovvio che ti farò sapere.»
    Se ne andò di fretta, Kelly udì i suoi passi lungo le scale.
     
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