Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Lo so, sto postando in modo mooooolto frenetico, nel senso che i capitoli arrivano alla velocità del suono ultimamente. Ma effettivamente in questi 13 mesi e mezzo in cui mi sono occupata, a momenti alterni, di questo romanzo non sono stata poi così tanto ferma come poteva sembrare...
    Parte di quello che avevo già scritto era soltanto da sistemare un po'...




    Capitolo 30.
    Era ormai troppo tardi quando Michel si rese conto che era stata anche colpa sua: se solo avesse messo Yuma al corrente delle sue intenzioni, se solo l’avesse ascoltata, anziché ripetere la sua stupida promessa – “entro la fine di aprile sarà tutto sistemato e finalmente avrò tempo anche per te” – a ogni ora del giorno e della notte, forse qualcosa sarebbe cambiato davvero, lei non se ne sarebbe andata...
    Ormai era tardi per rimediare, poteva solo sperare che lei capisse: non era stato per egoismo, era soltanto stato travolto dall’apparente felicità che aveva fatto da contorno alle loro vite e, per effetto di una stabilità illusoria, non aveva fatto caso al resto del mondo che lentamente si sgretolava; credeva davvero che le questioni di lavoro dovessero venire prima di ogni altra cosa, quando c’era di mezzo la verità proprio sull’omicidio della madre di Yuma.
    Quella ragazza era comparsa nella sua vita poco più di un anno prima, lasciandolo spiazzato. Si poteva dire che provenissero da pianeti diversi, che nulla li accomunasse, almeno prima vista. Erano andati oltre le apparenze, avevano scoperto di avere molti punti di contatto. Non ne avevano mai avuti abbastanza perché Yuma accettasse di parlargli dell’inferno dal quale proveniva. Gli aveva raccontato dell’assassinio di sua madre, di un colpevole senza nome che non avrebbe mai pagato per quello che aveva fatto, ma non aveva mai fatto cenno all’altro lato della medaglia.
    Michel rilesse la lettera che gli aveva lasciato, di nuovo sconcertato dal breve passaggio in cui gli raccontava degli abusi sessuali subiti. Non sapeva, però, se a sconvolgerlo fosse questo oppure ciò che aveva scritto subito dopo.

    Non ho mai voluto parlartene perché temevo di essere giudicata. Non ne ho mai parlato con nessuno, tranne che con Naive e con Ronnie.

    “Perché?” si chiese Michel, per l’ennesima volta. “Perché non si è fidata di me fino in fondo? Perché ne ha parlato con Ronnie e non con me?”
    Adesso Yuma se n’era andata. Se n’era andata perché lui non aveva fatto nulla per trattenerla.
    “Non può avere niente di meglio di quello che posso darle io” si era ripetuto fino allo sfinimento, credendo che bastasse.
    Forse Yuma se n’era andata per sempre. Forse non si sarebbe mai messa in contatto con lui, condannandolo all’incertezza.

    Non so dirti se un giorno ci rivedremo, so soltanto che rimanere qui, accanto a te, sarebbe un sbaglio. Ormai ho già sbagliato tanto, ma non voglio commettere un altro errore.

    Michel sobbalzò udendo il telefono che usciva dal proprio mutismo. Non aspettava chiamate e questo poteva significare tante cose, per esempio che Tom Harvey voleva fargli una nuova proposta. Sperava solo che non fosse così, ne aveva abbastanza di lui..
    Afferrò il ricevitore, temendo che questo potesse sfuggire dalle sue mani e mostrarsi irreale quanto la vita che aveva creduto di vivere insieme a Yuma.
    «P-pronto?» balbettò.
    «Michel?»
    Sentì un tuffo al cuore nell’udire la voce della ragazza che amava. Forse aveva soltanto bisogno di staccare la spina, oppure aveva deciso di trascorrere un po’ di tempo insieme a Naive e a Heaven... o magari di affrontare suo padre una volta per tutte.
    «Yuma!» esclamò. «Yuma, meno male che hai chiamato!»
    All’improvviso gli sembrò che tutto ciò che era accaduto perdesse d’importanza. Che cosa importava, in fondo, se Ronnie si era innamorato di lei? Ronnie era partito per Starlit Spring, probabilmente non sarebbe mai più tornato a Black Hill. Yuma, invece, stava tornando da lui, anche se, per ora, si manifestava soltanto attraverso un telefono.
    «Come stai, Michel?»
    «Tutto bene, ora che ho sentito la tua voce.»
    «Anch’io sto bene» rispose Yuma, con molta fermezza nella voce, forse troppa per un’affermazione così banale. «Sono felice di sapere che è così anche per te.»
    Michel sentì un fastidioso ronzio in sottofondo.
    «La linea mi sembra un po’ disturbata» non poté fare a meno di osservare. «Dovresti chiamare un tecnico.»
    «No, la linea non ha nulla che non va» obiettò Yuma. «Sto chiamando da un telefono pubblico, affacciato alla strada.»
    «Non sei a casa di tuo padre, quindi?»
    Michel si pentì immediatamente della domanda. Avrebbe dovuto aspettarsi, ovviamente, che Yuma non vi sarebbe più tornata.
    «Ovviamente no» rispose lei, ma non gli parve seccata. «Perché dovrei?»
    «Pensavo che fosse la cosa più naturale. Ti aspetto qui, allora.»
    «No, Michel, non tornerò.»
    Le parole di Yuma lo spiazzarono.
    «È per tua sorella che lo fai, non è vero?» le chiese Michel. «Se vuoi stare con lei per proteggerla, ti capisco.» Fece una lunga pausa, come in attesa di parole che non arrivarono «Sappi, però» aggiunse quindi, «che sarei disposto a seguirti in capo al mondo.»
    «Heaven resterà con Naive» replicò Yuma. «Forse non riuscirò nemmeno a vederla molto spesso.»
    «Vuoi dire che te ne stai andando completamente sola?»
    La risposta di Yuma tardò ad arrivare.
    «Allora?» insisté Michel. «Stai davvero per andare via completamente sola?»
    «Che c’è, hai paura che non me la sappia cavare, per conto mio?» ribatté Yuma. «Ti ho mai dato questa impressione?»
    «Certo che no, ma...»
    «Va beh, Michel, è giusto che tu sappia come stanno le cose» concluse Yuma. «Sto per...»
    Michel la interruppe: «Ovunque tu stia pensando di andare, ripensaci. Tua sorella è insieme a tua zia, non sei costretta a occuparti di lei. Appena riattaccherai chiamerò Harvey e gli dirò che per un po’ deve fare a meno di me.» Parlava più in fretta che poteva, temendo di essere fermato a sua volta dalla voce di Yuma. «Potremmo prenderci una vacanza, magari. So che in queste ultime settimane non ci sono stato per te, ma sono sicuro che riusciremo a metterci alle spalle tutte le cose spiacevoli che sono accadute e che hanno minato il nostro rapporto.»
    «Ha davvero così senso continuare a parlare di noi?» replicò Yuma. «La verità è che abbiamo capito entrambi che non può funzionare e abbiamo passato fin troppo tempo a negarlo.»
    «Lo so, ce l’hai con me perché ho dato troppo spazio al lavoro e sono venuto meno alla mia promessa. Mi dispiace davvero.»
    «No, non è così, ormai il tuo lavoro non ha più importanza.»
    Michel sbuffò.
    «E allora, se non è così, perché non vuoi tornare?»
    «Sto per partire per Starlit Spring insieme a Ronnie» gli comunicò Yuma.
    Per poco Michel non lasciò cadere il ricevitore per lo stupore.
    «Che cosa?! Capisco che tu abbia qualcosa da risolvere a Starlit Spring, ma... come ti viene un’idea del genere? Che cosa pensi di fare nella tua città natale? Non...»
    Yuma lo interruppe: «Il problema non è quello che farò a Starlit Spring. Non so nemmeno se ci resteremo. È meglio se io e te non ci sentiamo più.»
    «E perché non dovremmo sentirci?»
    «Ronnie non mi sta solo accompagnando» gli spiegò Yuma, con una freddezza tale da lasciarlo senza parole. «Io e lui ci amiamo, resterò con lui ovunque vada. È per questo che ti sto chiedendo di uscire dalla mia vita.»
    Michel rimase in silenzio, incerto. Aveva davvero sentito bene?
    «Ci sei ancora?» gli chiese Yuma.
    «Ti interessa davvero?» replicò lui. «Che io ci sia ancora o non ci sia più, ti cambia davvero qualcosa?»
    «Per quanto ti possa sembrare difficile, sì.»
    «Mi dispiace, ma non riesco a crederti.»
    «Lo so, probabilmente quello che ti ho detto sarà stato spiazzante per te, ma non potevo fare a meno di comunicarti le mie intenzioni» rispose Yuma. «Un giorno capirai.»
    «Un giorno capirò?» ripeté Michel. «E, sentiamo, che cosa dovrei capire? Che le uniche due persone di cui mi fidavo si sono coalizzate contro di me?»
    «Invece comprenderai che io e te non siamo fatti per stare insieme» replicò Yuma. «Non ha senso sforzarsi di far andare avanti qualcosa che non funziona.»
    «Siete tu e Ronnie che avete deciso che tra me e te non può funzionare!» replicò Michel. «Nulla di tutto ciò è stato una scelta mia.»
    «Non sempre si può scegliere di comune accordo; nel nostro caso è andata così» obiettò Yuma. «A volte deve essere uno dei due ad avere la forza di prendere la decisione migliore, e in questo caso la scelta migliore è quella di lasciarci una volta per tutte.»
    «Forse hai ragione. Però su una cosa la penso come te: è molto meglio se esco dalla tua vita; non ho alcuna intenzione di avere mai più nulla a che fare con te!»
    Non le lasciò nemmeno il tempo di rispondere, prima di riattaccare. Cercò di immaginarsi quale potesse essere stata l’espressione di Yuma, nel sentire le sue parole. Aveva davvero così importanza?
    «Fottiti» mormorò, rivolto a lei, nonostante non fosse lì ad ascoltarlo. «Fottiti, Yuma, e sparisci dalla mia vita!»
     
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