Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    «Mi stai dicendo che tu... lo sai?»
    Patricia sospirò.
    «Perché pensi che abbia voluto incontrarti, allora?»
    «Non saprei» ribatté Michel. «Molte donne non si farebbero sfuggire un’occasione come questa!»
    «Ti credi davvero così irresistibile? Fai attenzione, potresti finire per risultare più patetico di quanto tu possa immaginare... e poi, se permetti un consiglio, non passare troppo tempo fuori casa: una ragazza ce l’hai, ma quanto tempo pensi che possa sopportarti?»
    Michel la fulminò con lo sguardo.
    «Questi non sono affari che ti riguardano.»
    «No, non mi riguardano, ma forse dovrebbero riguardare te.»
    «Appunto. E io non ho la minima intenzione di parlarne. Mi hai chiamato qui per dirmi che sai chi ha ucciso Margot Emerson...»
    «Esatto. Non ho le prove, ma soltanto sospetti molto fondati.»
    «Contro chi?»
    Patricia sorrise.
    «Credi davvero che io te lo dica così, senza pretendere niente in cambio?»
    «Vuoi dei soldi?» le chiese Michel. «In tal caso dovresti parlarne con Harvey e...»
    Patricia lo interruppe: «Non voglio soldi, voglio soltanto mettermi insieme a Ronnie Craven.»
    «E io cosa c’entro?»
    «Siete amici, no?»
    «Sì, ma...»
    «Convincilo a uscire con me.»
    «È assurdo.»
    «Forse per te è assurdo, ma per me non lo è» replicò Patricia. «Ho quarant’anni e poco tempo a disposizione per ottenere ciò che voglio!»
    Michel strabuzzò gli occhi.
    «Tu... tu hai quarant’anni?!»
    Patricia parve allarmarsi.
    «Perché, la cosa ti sconvolge?»
    «No, ma te ne avrei dati una trentina» ammise Michel. «Mi chiedo come sia possibile che una quarantenne sembri così giovane
    «Purtroppo gli uomini non scelgono in base all’età apparente, ma a quella riportata sui documenti» rispose Patricia, seccata. «Ronnie è uno di questi e ti assicuro che avresti solo da guadagnarci se io riuscissi a incastrarlo.»
    Michel sorrise.
    «Sì, ammetto che forse se ne andrebbe di casa e resterei da solo con Yuma...»
    «Ecco, appunto, dovresti preoccuparti un po’ di più di lei, prima che al tuo amico venga in mente di consolarla per la tua assenza... sempre che non lo stia già facendo!»
    «Tu stai delirando.»
    «No, non sto affatto delirando, forse sei tu quello che delira: ti sto offrendo un modo per liberarti di Ronnie, rendere giustizia a Margot Emerson e guadagnare punti agli occhi di Yuma, eppure ti ostini a non volere accettare...»
    «Non ho motivi per farlo.»
    Patricia sospirò.
    «E va bene, allora punterò su qualcos’altro: se tu accettassi la mia proposta, potrei arrivare a spiegarti perché sembro più giovane della mia età.»
    «Se vuoi parlarmi di creme antirughe e di maschere di bellezza, non sono argomenti che mi interessano particolarmente» obiettò Michel. «Credo che farei meglio ad andarmene.»
    Patricia scoppiò a ridere.
    «Questa è l’ennesima dimostrazione di quanto tu sia ingenuo. Vattene pure, Michel, se è quello che vuoi fare, ma aspetta almeno un minuto.» Prese fuori dalla borsa un biglietto da visita. «Se ci ripensi, sai dove trovarmi.»
    Michel se lo infilò in tasca.
    «Va bene, ci penserò.»
    In realtà aveva soltanto un’idea in testa: parlare con Tom Harvey, subito. Non gli avrebbe fatto il nome di Patricia, ma gli avrebbe senz’altro riferito la loro conversazione – o meglio, la prima parte di essa.
    Uscì dal locale e si diresse verso la cabina telefonica che ricordava di avere visto poco lontano. Conosceva il numero di Harvey ormai a memoria, quindi gli bastò soltanto qualche istante per comporlo.
    «Ci sono novità» lo avvertì, non appena lui gli rispose.
    «Michel?» domandò Harvey. «Sei tu?»
    «Certo che sono io. Chi pensi che ti chiami a mezzanotte passata?»
    «Credevo che preferissi trascorrere il tuo tempo con la tua ragazza, quando non ho bisogno di te.»
    «Forse tu non hai bisogno di me in questo momento, ma ti assicuro che dobbiamo vederci» ribadì Michel. «Potrei avere delle informazioni molto importanti.»
    «Va bene» gli concesse Harvey. «Vediamoci tra mezz’ora nel solito posto. Pensi di farcela?»
    «Suppongo di sì.»
    «Yuma cosa dirà?»
    Michel sospirò.
    «Siete tutti fissati con Yuma? Guarda che il mondo non ruota intorno a lei!»

    «Quindi Michel non ti ha detto quando tornava» osservò Yuma, quando Ronnie le riferì che era uscito poco prima delle undici. «Avrei dovuto aspettarmelo.»
    «È fuori per lavoro. Non sa mai per certo a che ora arriverà a casa.»
    Yuma sbuffò.
    «Non c’è bisogno che tu me lo ripeta! Lo so perfettamente, ormai. Accidenti a quel dannato lavoro!»
    «Calmati» le suggerì Ronnie. «In fondo le cose non andranno sempre così.»
    Mentiva, Yuma se ne rendeva conto. Ronnie sapeva meglio di lei che non solo Michel non sarebbe cambiato, ma non si sarebbe nemmeno mai sforzato di metterla al corrente di ciò di cui si stava occupando.
    «Non capisco perché continui a ostinarti a negare la realtà.»
    «Io non sto negando la realtà» si difese Ronnie. «Ti sto soltanto pregando di avere un po’ di pazienza.»
    «Perché dovresti essere tu a chiedermi di avere pazienza?»
    Ronnie sorrise.
    «Beh, se Michel non lo fa...»
    «Michel non ha bisogno di un portavoce» lo interruppe Yuma, «E soprattutto non ne ha bisogno perché quello che mi stai dicendo non viene da lui. Sei tu che stai cercando di rendere un po’ più giustificabile il suo comportamento, quando in realtà a lui non importa niente!»
    Ronnie abbassò lo sguardo.
    «Lui pensa che non sia necessario parlarti del suo lavoro, tutto qui. Dovresti essere tu a fargli qualche domanda.»
    «Ottimo suggerimento» ribatté Yuma, sarcastica. «Peccato che non ce ne sia mai la possibilità: o non è in casa, o quando c’è non ha tempo per me! A volte mi chiedo se non sia stato un errore venire qui anziché tornarmene a casa di mio padre!»
    Ronnie le si avvicinò.
    «Non dirlo nemmeno per scherzo. Tuo padre avrebbe finito per farti del male ancora una volta, più stai lontana da lui e meglio è.»
    Yuma annuì.
    «Sì, suppongo che tu abbia ragione.»
    «Vedrai, le cose cambieranno.»
    «Lo spero.»
    «Fidati di me.» Ronnie la strinse in un abbraccio. «Sono sicuro che un giorno riuscirai a ottenere tutto ciò che desideri.»
    «E se desiderassi una cosa sola?»
    Yuma si pentì subito di non essere rimasta in silenzio.
    «Dipende da cosa desideri.»
    “Stare con te.”
    Purtroppo non poteva rispondergli.
    Si chiese se Ronnie avesse intuito qualcosa, nel momento in cui il suo abbraccio amichevole si trasformò in una stretta più decisa.
    «Non so cosa desideri, ma sono sicuro che lo avrai» la rassicurò Ronnie.
    Furono le ultime parole che pronunciò prima di baciarla.
     
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