Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Non è il caldo, sono Ronnie e Gabriel! U.U



    Capitolo 21.
    Era uno sconosciuto quello che arrivò alle sue spalle all’improvviso, proprio quello che aveva ritenuto irrilevante, nella sua convinzione assurda che fosse opportuno allontanarsi da una donna che molto probabilmente non era Kelly, ma che forse, per una serie di incredibili coincidenze, avrebbe potuto essere lei.
    Kelly.
    Rick.
    L’auto in fiamme.
    Kelly.
    Rick.
    L’auto in fiamme.
    Kelly.
    Rick.
    L’auto in fiamme.

    Le immagini si susseguirono rapidamente, come flash che lasciavano subito lo spazio l’uno all’altro, nel momento in cui Ronnie sentì l’equilibrio che gli mancava e si ritrovò a terra.
    Rick.
    La donna che gli aveva chiesto aiuto.
    Rick.
    La donna che gli aveva chiesto aiuto.
    Rick.
    La donna che gli aveva chiesto aiuto.
    Lei era di fronte a lui.
    Lei, che non aveva un’identità.
    Lei lo fissava con occhi imploranti.
    La donna che si era rifiutato di aiutare lo fissava.
    Forse lui e Rick erano ugualmente colpevoli, ma ammetterlo significava scaricare parte della colpa su Rick.
    Non poteva farlo.
    Rick era morto subito dopo.
    Rick era morto per colpa sua.
    Ronnie lo sapeva perfettamente.
    Lo sapeva anche Kelly.
    Quello che Kelly non sapeva, che nessuno sapeva, era che una sconosciuta aveva chiesto aiuto a lui e a Rick.
    Se n’erano andati.
    Non si erano curati di lei, e lei... chissà che fine aveva fatto.

    «Svuota le tasche» sibilò una voce maschile. Ronnie rabbrividì al contatto con una lama gelida che gli sfiorava il collo, mentre tentava di rialzarsi. «Non muoverti, oppure sei morto.»
    Kelly.
    Kelly.
    Kelly.

    Pochi secondi avevano il potere di trasformarsi in un’eternità, i ricordi scorrevano a ripetizione, uno dopo l’altro, trascinandolo in quello che sembrava un tunnel senza via d’uscita. Forse la via d’uscita era proprio la morte, forse la sua vita si sarebbe spenta lì quella sera, proprio come era cessata quella di Rick una notte di tre anni prima.
    Kelly.
    Yuma.
    Kelly.
    Yuma.
    Yuma.
    Yuma.
    Yuma.

    «Svuota le tasche» ripeté il suo assalitore.
    Ronnie cercò di allontanare l’immagine di Yuma, che si era improvvisamente sovrapposta a quella di Kelly.
    «Non ho nulla» mormorò, certo che l’uomo che l’aveva aggredito non sarebbe stato soddisfatto di scoprire che era uscito portando con sé soltanto le chiavi di casa.
    «Perché dovrei crederti?»
    «Perché è così.»
    Non era certo la migliore delle spiegazioni, soprattutto da dare in un momento del genere, ma Ronnie non riuscì a dire nulla di più sensato. La sua mente era come annebbiata, sempre di più secondo dopo secondo.
    Yuma.
    Yuma.
    Yuma.
    Yuma.
    Yuma.

    Se la sua vita fosse finita in quel momento, non l’avrebbe rivista mai più e questo pensiero non gli dava pace.
    Yuma.
    Yuma.

    Doveva trovare una via di fuga, in qualche modo, anche se non era certo la cosa più facile da fare con un coltello puntato alla gola.
    «Portati via l’orologio» propose al rapinatore. «È l’unica cosa che posso darti.»
    Lui non se lo fece ripetere due volte e glielo strappò via dal polso, senza rendersi conto che non era un oggetto di valore.
    A Yuma piaceva. Gli aveva raccontato che sua madre ne aveva uno simile. Per un attimo si chiese come avrebbe reagito Yuma quando fosse tornato a Black Hill e le avesse raccontato che gli er stato rubato.
    Si rese conto all’istante che era un pensiero troppo ottimista: l’uomo che l’aveva seguito in quel vicolo buio non sembrava soddisfatto abbastanza da andarsene. Progettare di tornare a Black Hill poteva essere azzardato quando non sapeva nemmeno se di lì a pochi minuti sarebbe stato ancora vivo.
    «Dammi qualcos’altro» gli ordinò il rapinatore.
    «Non ho nulla.»
    «Dammi le chiavi della macchina e dimmi dove posso trovarla.»
    Proprio come aveva ipotizzato le cose si stavano mettendo male.
    «Non le ho.»
    «Non hai una macchina?»
    «Non ce l’ho qui... e non ho le chiavi con me.»

    Kelly corse lungo la strada buia, verso la direzione in cui la sua amica – doveva essere lei, almeno – si stava dirigendo.
    «Ehi!» urlò, quando le fu vicina. «Maya?»
    Quest’ultima si girò di scatto.
    «Kelly?»
    Kelly si avvicinò, porgendole la giacca.
    «Questa avevi intenzione di lasciarmela? Sai benissimo che il guardaroba di mia madre è piuttosto rifornito.»
    Maya rise.
    «Me n’ero completamente dimenticata. Lo sai, quando inizia a fare caldo tendo a dimenticarmi giacche e giubbotti in giro.»
    Kelly annuì.
    «Meno male che ci sono io!»
    «Già, meno male che ci sei tu» ribatté Maya, con un filo di ironia. «È proprio vero: le ragazze acide che un giorno diventeranno vecchie zitelle acide rendono il mondo un posto migliore!» Si guardò intorno, indicandole un lampione che non emanava luce. «Da sole, però, non bastano. Anche un impianto di illuminazione fatto come si deve potrebbe cambiare le cose da così a così.»
    «In effetti non è il massimo» convenne Kelly. «Fortunatamente viviamo in una città tranquilla e non mi sento in dovere di accompagnarti a casa. Sono sicura che ci arriverai viva anche attraversando i presunti quartieri malfamati di Starlit Spring.»
    «Quartieri malfamati?» replicò Maya. «Non ho così tanta strada da fare, ci vogliono poco più di dieci minuti per arrivare a casa mia.»
    Kelly sospirò.
    «Purtroppo anche chi i soldi li ha gusti pessimi in fatto di luoghi in cui abitare.»
    «Mio padre dice che è un luogo molto comodo. Si raggiunge il centro a piedi in qualche minuto, e se non è un vantaggio questo...»
    «È un vantaggio, certo» la interruppe Kelly, «Per chi non può permettersi di andare in giro su una BMW nuova di zecca.»
    Maya rise.
    «Vedo che non sei cambiata affatto. Un commento del genere era proprio quello che mi aspettavo da te.»
    «Si vede che sono scontata» replicò Kelly. «E comunque, dato che ti ho restituito la tua giacca, è meglio se me ne torno a casa. Sono stanca di seguirti ovunque.»
    «Seguirmi ovunque? Che esagerazione!»
    «Stammi bene, Maya. Avevi una gran fretta di andartene... e ora ce l’ho anch’io!»
    Maya ridacchiò, prima di salutarla.
    Kelly la guardò mentre le voltava le spalle e se ne andava, poi fece dietrofront a sua volta, diretta verso la via in cui abitava.
     
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