Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    E il fatto che l'inizio del capitolo 20 arrivi subito? Anche quella è una buona notizia? :P



    Capitolo 20.
    I giorni si erano susseguiti troppo lentamente, come se la settimana che Ronnie doveva passare a Starlit Spring avesse il potere di diventare più lunga di quanto non fosse in realtà. Fortunatamente era già venerdì sera: ancora quarantotto ore di attesa, forse addirittura meno, poi avrebbe potuto ripartire per Black Hill.
    Da parte sua cercava di trascorrere fuori casa la maggior parte del suo tempo così anche quella sera prese la decisione di uscire, nel tentativo di sfuggire a un’atmosfera che si faceva sempre più soffocante. Per il momento, comunque, non poteva lamentarsi: Ralph aveva trascorso quasi tutta la giornata a studiare, e questo significava che non si era dedicato alla sua attività preferita, ovvero quella di mettere a dura prova il suo autocontrollo.
    Faceva caldo per essere marzo, la temperatura era più elevata rispetto a quella della città sempre piena di nebbia nella quale abitava. Il clima era tutto ciò che rimpiangeva di Starlit Spring, se non poteva includere nel pacchetto quello che era successo prima della morte di Rick.
    Passò la serata a camminare senza meta per le vie del centro, lungo le quali gli stand ancora vuoti erano un segnale che preannunciava la fiera annuale che si svolgeva il primo weekend di primavera, un appuntamento che, per quanto ricordava, Kelly non voleva mai perdere. Quella ragazza avrebbe trascorso ore e ore ad ammirare bancarelle e più di una volta aveva dichiarato che quello specifico evento era una delle poche ragioni per cui apprezzava la vita a Starlit Spring.
    Quanto tempo era passato da quando avevano fatto quella conversazione? Forse troppo: non era altro che un ricordo confuso, ormai. Dovevano essere passati molti anni, probabilmente era ancora il periodo in cui, quando si riferiva a Kelly, Rick parlava di “una sua compagna di scuola”, seppure tutti avessero intuito che tra loro c’era un legame ben più profondo.
    Ronnie si ritrovò a chiedersi che cosa sarebbe accaduto se Rick non fosse morto, ma finì per rifiutarsi di cercare una risposta: non poteva continuare a lasciarsi costantemente assalire da quella domanda, era giunto il momento di passare oltre e di mettere da parte, stavolta definitivamente, le molteplici realtà alternative che esistevano soltanto nella sua mente. Se proprio doveva restare ancorato al passato, tanto valeva focalizzarsi su qualcosa che era realmente accaduto.
    Rievocò il suo primo incontro con Kelly. Era stato a casa sua, la prima volta in cui l’aveva vista insieme a Rick.
    «Lei è una mia compagna di scuola» l’aveva presentata Rick, appunto; era la stessa formula che avrebbe utilizzato ancora per mesi.
    Ronnie l’aveva osservata con attenzione.
    “È una bella ragazza” si era detto, mentre gli occhi grigi di Kelly lo scrutavano. “Se avessi una compagna di classe del genere, non me la lascerei scappare.”
    All’epoca, però, Kelly gli era sembrata troppo giovane. Avevano soltanto due anni di differenza, ma le loro vite erano profondamente diverse. Gli era bastato un istante per dedurre che lui e quella ragazza dai capelli ondulati, castani chiari con riflessi dorati, non avrebbero mai avuto nulla in comune.
    Nessuna previsione era mai stata più sbagliata, anche se per lungo tempo si era illuso che fosse proprio così. Erano trascorsi anni prima che Kelly diventasse il suo chiodo fisso. Poi, quando la situazione era precipitata, Ronnie si era detto che nulla doveva più tenerlo legato a lei, per il bene di entrambi, ma non era mai riuscito a liberarsi del suo ricordo.
    Kelly.
    Kelly.
    Kelly.
    Kelly.
    Kelly.

    Ai pensieri ossessivi si erano sovrapposti sogni ossessivi, incubi in cui lui e Kelly, pur volendo rimanere lontani, finivano sempre per ritrovarsi.
    “Poi tutto è finito, o quasi.”
    Negli ultimi tempi le sue notti erano diventate improvvisamente più tranquille. Perfino la frequenza con cui si ritrovava a rimuginare su quanto accaduto tra lui e Kelly prima dell’incidente era calata drasticamente.
    “È successo all’improvviso, senza motivo.”
    Ronnie sapeva che non era così, ma convincersi che non ci fosse una ragione ben precisa a quanto gli stava capitando era la soluzione più semplice e, probabilmente, meno dolorosa.

    Maya guardò l’orologio.
    «Si è fatto tardi, è meglio che vada.»
    Kelly sbuffò.
    «Di già? Ti annoi così tanto quando vieni a casa mia? Potevi dirmelo, avrei evitato di invitarti... mi sarebbe costata molta meno fatica, dato che a causa della tua visita ho dovuto pulire da cima a fondo tutto l’appartamento.»
    Maya sorrise.
    «Dovresti cercare di essere meno acida.»
    Kelly spalancò gli occhi.
    «Acida?!»
    «Ho detto proprio questo» confermò Maya. «Ci trovi qualcosa di strano?»
    «Niente, tranne che... beh, io non sono acida!»
    Maya rise.
    «Sei peggio di uno yogurt andato a male, Kel. Inizio a pensare che tu sia un caso disperato. Ormai non c’è niente che ti metta di buon umore.»
    «Invece qualcosa c’è» ribatté Kelly. «Domani sarà la giornata più interessante dell’anno.»
    Maya la guardò con un’espressione di stupore misto a disgusto.
    «Quella fiera del cazzo sarebbe ciò che rende interessante una giornata? Oltre ad essere acida come uno yogurt scaduto hai anche dei gusti dannatamente provinciali.»
    «Hai detto fiera del cazzo
    Maya sospirò.
    «Sì, ho detto che è una fiera del cazzo. Ti sconvolge così tanto?»
    «Mi sconvolgono le tue parole, o meglio, il modo in cui ti esprimi. Che cosa direbbero quegli snob dei tuoi genitori se ti sentissero parlare come uno scaricatore di porto?»
    «Un tempo ne ho conosciuto uno.»
    Kelly le lanciò uno sguardo disorientato.
    «Hai conosciuto... chi?»
    «Uno scaricatore di porto.»
    «E cosa c’entra?»
    «Era una delle persone più educate che io abbia mai incontrato.»
    «Ed era sexy?»
    Maya ridacchiò.
    «Era troppo vecchio per te... e poi non ho idea di dove sia ora. Se sei così desiderosa di avere un uomo al tuo fianco puoi puntare a qualche obiettivo più realizzabile.»
    Kelly scosse la testa.
    «Sai bene che non m’interessa.»
    «Come ti pare» concluse Maya. «Adesso vado, si è fatto veramente troppo tardi.»
    «Ti accompagno alla porta» propose Kelly.
    «Non importa, conosco benissimo la strada.» Maya si avviò, da sola, per poi fermarsi dopo pochi passi. «Anche tu, cerca di non lasciare che sia troppo tardi.»
    Kelly aggrottò la fronte.
    «Di che cosa parli?»
    «Del fatto di mettere gli occhi addosso a qualcuno. Mia nonna dice sempre che ha trascorso gli anni a sentirsi giovane dentro... poi si è accorta di essere piena di rughe.»
    «Dove vorresti arrivare con questo?»
    Maya alzò gli occhi al cielo.
    «Mi pare ovvio, no? Non sarai giovane per sempre, quindi cerca di trovare qualcuno prima di invecchiare!»
    Kelly non si sforzò nemmeno di replicare. Salutò Maya mentre usciva e, soltanto quando udì il ticchettio dei suoi tacchi lungo le scale, borbottò: «Mettere gli occhi su qualcuno, che assurdità... come se non sapesse che l’unico di cui mi importava non potrà più tornare.»
    In realtà non ne era più così convinta come qualche mese prima. Doveva ammettere con se stessa che, da quando aveva conosciuto Michel, si era ritrovata spesso a fare pensieri che sua madre avrebbe trovato particolarmente disdicevoli, come ad esempio quello di fare sesso con un uomo senza prima avere atteso di informarsi sulle sue condizioni economiche.
    Il suo desiderio nei confronti di Michel Sallivan, però, non si sarebbe mai potuto tradurre in realtà. Per quanto non si lasciasse spaventare dal fatto che lui le avesse rivelato di avere già una ragazza, la sua assenza che ormai perdurava da mesi le faceva dubitare che si sarebbero mai più rivisti. Si chiese dove fosse Michel in quel momento, ma non fu in grado di darsi risposta.

    Nel appartamento di Black Hill in cui abitava, Michel cercava invano di dare un senso a quello che era successo negli ultimi giorni.
    «Quello che Rachel fa nella sua vita privata non mi riguarda» l’aveva liquidato Tom Harvey, il giorno precedente, quando gli aveva parlato del suo incontro, «Quindi fammi la cortesia di non intrometterti.»
    «Ho semplicemente trovato molto strano il fatto che Rachel sia amica del marito di Margot Emerson» aveva puntualizzato Michel. «Mi sembra una coincidenza non da poco.»
    «Appunto, è una semplice coincidenza, l’hai detto tu stesso» aveva replicato Harvey. «A questo punto, allora, è strano anche che la tua ragazza sia proprio la figlia di quella povera donna.»
    «Ex ragazza» l’aveva corretto Michel.
    Gli accordi con Yuma erano stati chiari fin dal giorno di ottobre in cui si erano rivisti a Black Hill: nessuno, in città, poteva essere messo al corrente della loro relazione; nessuno a parte Ronnie, che in quei mesi li aveva aiutati a incontrarsi.
    Tom Harvey non aveva voluto aggiungere altro in proposito. Si era limitato a obiettare: «Non m’importa se non la frequenti più. Mi faccio i cazzi miei, io.»
    Non aveva aggiunto altro su Rachel, ma del resto Michel non s’illudeva. Se quella donna nascondeva qualcosa, avrebbe dovuto scoprirlo da solo. Quella sera, però, i suoi pensieri erano tutti su Yuma.
    “Ti chiamerò appena mi sarà possibile”, gli aveva scritto nel biglietto che gli aveva lasciato prima di partire.
    Non l’aveva ancora fatto e sentiva la sua mancanza come non mai. Avrebbe tanto desiderato potere essere lui a contattarla.
    “Se solo avessi il numero sua zia...”
    Purtroppo non aveva alcun mezzo per procurarselo e la sua unica consolazione era che, finché Yuma fosse stata a casa di Naive, sarebbe stata al sicuro, proprio come Heaven.
     
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