Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Parte conclusiva del capitolo 19.



    Rachel rise, divertita.
    «Che cosa credi, Michel, che io non abbia una vita privata al di fuori del lavoro?»
    «Diciamo che mi sembra strano trovarti qui.»
    «Strano... Tutto quello che non ci aspettiamo può sembrarci strano. Che cosa ne sai di me, alla fine?»
    “Niente.”
    Rachel era la cugina di Tom Harvey e gli faceva da segretaria, ma se avesse dovuto aggiungere qualcos’altro, Michel non avrebbe saputo farlo nemmeno lontanamente. Potevano esserci mille ragioni per cui si trovava proprio lì, seduta di fronte a Melvin Emerson.
    «Tu, piuttosto, che cosa ci fai qui?»
    «Cercavo una persona» ammise Michel, «Qualcuno che è seduto al tuo stesso tavolo.»
    Melvin, che fino a quel momento non aveva proferito parola, si rivolse a lui: «Non vedo il motivo per cui un ragazzo della tua età debba venire qui a cercare me. Non mi pare che ci conosciamo, io e te.»
    «Noi due no» convenne Michel, «Ma conosco Yuma.»
    Melvin annuì.
    «Già. Sei quello che ha tentato di allontanare mia figlia dalla retta via. Fortunatamente, da quando non ti frequenta più, si è tolta dalla testa alcune di quelle sue idee assurde che avrebbero potuto rivelarsi parecchio dannose per lei.»
    «Io non ho tentato di allontanare nessuno dalla retta via. E poi...»
    S’interruppe, e Melvin lo esortò a proseguire: «E poi?»
    Michel era stato sul punto di rivelare all’uomo che aveva davanti che non aveva smesso di vedere Yuma, ma era sicuro che la sua ragazza non avrebbe approvato, se l’avesse fatto. Rispose, perciò: «E poi credo che tua figlia sia grande abbastanza per decidere chi vedere.»
    «Mia figlia è ancora una bambina» replicò Melvin. «È meglio che non frequenti certa feccia. Tu le hai messo strane idee in testa e lei ha cercato di andarsene. Per fortuna sono riuscito a farla ragionare.»
    «Forse non tanto quanto speri» lo informò Michel, a quel punto. «Magari, proprio in questo momento, tua figlia sta progettando di andarsene via di nuovo.»
    «Yuma non lo farebbe mai.»
    «Ne sei proprio sicuro?»
    Prima che Melvin potesse replicare, Rachel intervenne: «Conosco quella ragazza quanto basta per poter dire che ha imparato dai propri errori e che non li ripeterà. Se n’è andata una volta, è vero, ma non lo rifarà.»
    «Vedo che mi leggi nella mente» ribatté Melvin. «Mi dispiace davvero, quindi, escluderti, ma mi piacerebbe scambiare due parole in privato con questo individuo. Che ne dici di lasciarci soli?»
    «Ma neanche per sogno!» sbottò Rachel. «Questo è il nostro tavolo e gli sconosciuti sono pregati di andarsene.»
    «Io non sono uno sconosciuto» le ricordò Michel. «Anzi, si può quasi dire che io e te lavoriamo insieme.»
    Melvin rise.
    «Vedi, Rachel? Te l’ho sempre detto che faresti bene a cambiare lavoro e ad avere a che fare con persone di maggiore classe.»
    «Si vede che le persone di alta classe non le interessano» replicò Michel. «Altrimenti non starebbe qui insieme a te.»
    Melvin lo fulminò con lo sguardo.
    «Non sei nella posizione migliore per poter dire qualcosa contro di me.»
    «Penso che possa valere anche l’opposto.»
    «Pensi male, allora. Io so tante cose di te.»
    «Non penso proprio» ribatté Michel. «Non sembri il padre ideale con il quale confidarsi... e dubito fortemente che Yuma l’abbia fatto!»
    «Ci sono tanti modi per raccogliere informazioni, senza dover ascoltare le parole senza senso di una ragazzina senza cervello.»
    «Yuma non è...»
    Melvin lo interruppe: «Non siamo qui per discutere di cosa sia o cosa non sia Yuma, e onestamente non credo proprio che spetti a te giudicare. Qualsiasi puttanella di età inferiore ai vent’anni ti farebbe lo stesso effetto. Questo è uno dei tanti motivi per cui mi chiedo perché tu ti sia fissato proprio con mia figlia, ma direi che possiamo lasciar perdere. Ti stavo dicendo che ci sono tanti modi per raccogliere informazioni, e proprio tu che lo fai per mestiere dovresti saperlo. Io so tutto di te.»
    Michel scosse la testa.
    «Io non ne sarei tanto sicuro.»
    «Se vuoi illuderti che non sia così, sei libero di farlo. Per quanto mi riguarda so perfino che tuo padre ti ritiene un fallito e che non vuole più avere a che fare con te. Non hai certo una buona reputazione.»
    «Purtroppo nessuno può scegliere come devono essere i propri figli» replicò Michel. «Allo stesso modo non possiamo sceglierci i genitori. Mio padre è sfortunato a non avere il figlio perfetto che desiderava, Yuma è stata sfortunata perché ha un padre come te!»
    «Sfortunata?» replicò Melvin. «Non penso proprio. Anzi, direi che è stata fortunatissima. Sono sempre stato un buon padre per lei.»
    «Non ne sono tanto convinto.»
    Rachel s’intromise: «Qualsiasi siano le tue convinzioni, però, potresti anche andartene.» Melvin la guardò con aria di approvazione, mentre proseguiva: «Io e Mel non abbiamo tempo da perdere con te.»
    «Perché? Il torneo di biliardo inizierà a momenti?» azzardò Michel. «Pensavo fosse già finito.»
    Melvin gli lanciò un’occhiataccia.
    «Come fai a sapere del torneo?»
    «L’hai detto tu stesso, raccogliere informazioni è il mio lavoro.»
    Melvin si alzò in piedi, di scatto.
    «Te l’ha forse detto quella testa di cazzo di mia figlia? Vi sentite ancora?»
    «C’era gente che ne parlava, tutto qui, non c’è bisogno che ti scaldi tanto. E poi dovresti finirla di insultare tua figlia.»
    «Non sei nessuno per dirmi chi posso e chi non posso insultare.»
    «E tu non sei nessuno per dirmi che devo andarmene.» Guardò Rachel. «Anzi, voi non siete nessuno.»
    La segretaria di Harvey rise.
    «Fai attenzione a quello che dici, Michel. Io ho molta influenza su Tom.»
    «Sì, devo ammettere che sei molto importante per lui: se non gli ricordassi di andare a pagare la bolletta della luce, gli avrebbero già staccato la corrente da un pezzo.»
    Rachel sospirò.
    «Ci vuole qualcuno che si occupi anche di questo, non credi?»
    «Suppongo di sì.»
    «Perfetto. Allora vattene.»
    Michel sorrise.
    «Le due cose sono forse connesse l’una con l’altra?»
    «È la nostra volontà che decide che cosa sia connesso e che cosa non lo sia. In questo momento io ho deciso che non ti voglio tra le palle.»
    «Non esprimerti come uno scaricatore di porto» le suggerì Michel. «Il tuo linguaggio non è adeguato a una signora.»
    «E tu non sei adeguato in questo locale» intervenne Melvin. «Vattene, prima che chiami gli addetti alla sicurezza.»
    Michel si guardò intorno.
    «Non mi pare di vederne. E soprattutto per quale motivo loro dovrebbero intervenire? Non ho fatto niente di male.»
    «Ci stai disturbando» puntualizzò Rachel. «Non hai nessuna ragione per stare qui. Sparisci, prima che sia troppo tardi.»
    «Faresti meglio ad ascoltarla» le fece eco Melvin. «Hai già sprecato anche troppo tempo qui.»
    «Come vuoi, me ne vado» concesse Michel. «Prima, però, spero che mi permetterai di mettere in chiaro una cosa.»
    Melvin annuì.
    «Come vuoi.»
    «Raccogliere informazioni è il mio lavoro, l’hai detto tu stesso.»
    «Credo che sia una buona definizione.»
    «Appunto» convenne Michel. «Tieni presente che, se dovessi scoprire informazioni sgradevoli sul tuo conto, potresti fare una brutta fine.»
    «Allora non ho niente da temere» ribatté Melvin. «Io non ho niente da nascondere.»
    «Eppure tua figlia non ti ritiene adeguato a crescere una bambina» gli ricordò Michel. «Inizia a pregare che sia solo perché trascorri il tuo tempo libero a giocare a biliardo in questo locale da quattro soldi!»
     
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