Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Ma non ti starò viziando con tutti questi aggiornamenti? :unsure:
    Va beh, non tutto il male viene per nuocere, quindi andiamo avanti. u.u Ecco la prima parte del capitolo 18.



    Capitolo 18.
    Yuma si avvicinò alla porta.
    Suo padre le lanciò un’occhiataccia.
    «Dove stai andando?»
    Yuma gli mise sotto gli occhi la sciarpa che teneva in mano.
    «Ho l’impressione che Rachel si sia dimenticata questo.»
    «Quindi stai andando a portarglielo?»
    Yuma annuì.
    «Certo. Mi sembra gentile nei suoi confronti...»
    Suo padre obiettò: «Non devo perché tu debba essere gentile nei confronti di Rachel.»
    «È una tua amica» precisò Yuma. «Magari un giorno potrebbe addirittura...» S’interruppe. Se Rachel avesse saputo chi era veramente Melvin Emerson sarebbe sicuramente scappata via a gambe levate. «...insomma, tu e lei potreste...»
    Suo padre la interruppe: «Io e Rachel siamo solo amici. È inutile che tu ti faccia delle illusioni, sai bene che nessuna donna sarà mai importante quanto Margot.»
    «Va bene, siete solo amici» concesse Yuma, «Ma che cosa c’è di meglio che andare a restituirle la sciarpa?»
    «Potrei dargliela mercoledì sera.»
    «Vuoi dire che tornerà a trovarci?»
    Melvin scosse la testa.
    «Niente affatto.»
    Yuma si chiese se potesse essere una notizia positiva oppure negativa. Al momento non si sentì in grado di darsi una risposta.
    «Uscirete insieme, quindi?»
    «Mi ha convinto a partecipare a un torneo di biliardo che ci sarà nel locale che frequentiamo. Sostiene che battermi sarà una delle esperienze più belle della sua vita.»
    Yuma annuì.
    «Sì, capisco.»
    Suo padre ridacchiò – reazione che le fece spalancare gli occhi per lo stupore: era da anni che non lo vedeva ridere.
    «No, non capisci affatto.»
    «Che cosa?»
    Melvin continuò a ridere.
    «Rachel non riuscirà a battermi.»
    Yuma sospirò.
    «Ah, e io che pensavo che ti riferissi a chissà che cosa...»
    «Guarda che Rachel non ha speranze, contro di me! A proposito, perché non vieni con noi?»
    Yuma lo fissò a bocca spalancata.
    «C-con voi?»
    «Sì, a vederci.»
    «Non so nemmeno come si gioca a biliardo» ribatté Yuma. «Figurati se mi interessa venire a vedere!»
    «Non sai cosa ti perdi.»
    Yuma alzò gli occhi al cielo.
    «Sopravvivrò.» Gli indicò la porta. «Corro da Rachel, prima che sia troppo tardi.»
    Prima che suo padre potesse replicare schizzò fuori, corse giù dalle scale e uscì lungo la strada, dove si guardò intorno in cerca della donna.
    Finalmente la vide.
    «Ehi, Rachel!» la chiamò a gran voce.
    Lei non si girò.
    «RACHEL?!»
    Finalmente l’amica di suo padre si girò.
    Yuma agitò la sciarpa e le corse incontro.
    «Che sbadata che sono» borbottò la donna, senza però riprendersi la sciarpa, non appena Yuma le fu vicina. «Meno male che ci hai pensato tu a riportarmela. Tuo padre è fortunato ad avere una figlia come te.»
    Yuma abbassò lo sguardo.
    «Sì, forse.»
    «Dico sul serio» insisté Rachel. «Tu sei una di quelle ragazze su cui, nel momento del bisogno, si può sempre contare.»
    «Sì, forse.»
    Rachel ridacchiò.
    «Sai dire anche qualcos’altro?»
    «Mhm...»
    «No, aspetta!» la interruppe Rachel. «Se vuoi rispondere ancora una volta “sì, forse”, è meglio se lasci perdere.»
    «So dire anche qualcos’altro, comunque» la informò Yuma. «Credo, appunto, che sia il caso di scambiare qualche chiacchiera, io e te.»
    «Avremmo potuto farlo prima» obiettò Rachel. «Non c’è niente di cui ho intenzione di discutere con te all’insaputa di tuo padre.»
    Yuma si affrettò a puntualizzare: «Non è certo di te che dobbiamo parlare, la tua vita sei libera di gestirla come vuoi.»
    «Dovremmo parlare di te, allora?» le chiese Rachel, senza troppo stupore. «Che cosa ti fa pensare che possano interessarmi gli affari privati di una ragazzina?»
    Yuma sospirò.
    «Perché ogni volta che cerco di fare un discorso serio bisogna sempre puntualmente tirare fuori la storia che “sono una ragazzina”?»
    «Perché è quello che sei. Hai appena diciotto anni, non puoi certo pretendere di capire come funziona il mondo!»
    «Ne ho quasi diciannove, e soprattutto non me ne importa niente di capire come funziona il mondo!» replicò Yuma. «Quello che so è che sono grande abbastanza per capire quello che succede nella mia vita, quello che succede da anni... e non so con chi parlarne! Credo che tu sia l’unica che può aiutarti.»
    Rachel alzò gli occhi al cielo.
    «Ci mancava anche questa. Mi hai forse scambiata per un’assistente sociale?»
    «No, ti ho presa per un’amica di mio padre, e in quanto tale ti devo informare di quello che succede tra me e lui.»
    Rachel obiettò: «No, Yuma, quello che succede in casa vostra non è...»
    «Non è affare tuo?» la interruppe Yuma. «Può darsi, ma se ti raccontassi come stanno le cose saresti disposta a renderti sua complice?»
    Rachel sorrise.
    «Potrei rendermi tua complice e non accennargli minimamente al fatto che tu abbia tentato di corrompermi...»
    Yuma spalancò gli occhi.
    «Corromperti?!»
    «Come altro potrei definire quello che hai fatto?» obiettò Rachel. «Tu pensi di avere dei problemi con tuo padre...»
    «Io ho dei problemi con mio padre. Lui...»
    «Se pensi di avere dei problemi con lui, cerca di risolverli! Io, per quanto mi riguarda, sto dalla sua parte... e credo che non sarebbe molto soddisfatto se io lo informassi che mi hai fatto questo discorso!»
    Yuma tentò di replicare, ma il modo in cui Rachel la guardava la spinse a dimenticarsi della propria intenzione.
    «Stai tranquilla, non gli dirò niente» la rassicurò l’amica di suo padre, «Ma a una condizione.»
    «U-una c-condizione?»
    Rachel annuì.
    «Non dobbiamo parlarne mai più.»
    Yuma abbassò lo sguardo.
    “Come se ne avessimo discusso davvero, di quello che succede con mio padre.”
    Non disse nulla e ascoltò Rachel che la informava: «A questo punto non mi resta altro da fare che andarmene. Dì a tuo padre che se pensa di battermi al torneo si sbaglia di grosso.»
    La vide voltarle le spalle e allontanarsi.
    «Ehi!» la chiamò. «Non hai preso la tua sciarpa.»
    Rachel si fermò e si girò.
    «Tienila tu.»
    «Perché dovrei?»
    «Per ricordarti di me e del fatto che non ho l’abitudine di tradire i miei amici. Se non ti trovi bene con tuo padre sei libera di fare le valigie e di andartene, per quanto mi riguarda. Delle tipiche lamentele da figlia insoddisfatta, però, non ne voglio sapere nulla.»
     
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