Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Ecco il tanto atteso aggiornamento! :D
    Con il capitolo 16, che si conclude, si conclude anche la prima parte del romanzo.



    “No, non è così.”
    Yuma sentì gli occhi inumidirsi, ma si sforzò di trattenere le lacrime. Quel ricordo era la conferma di quanto aveva sempre rifiutato di accettare. Il desiderio perverso che suo padre aveva nei suoi confronti non dipendeva affatto dalla tragica morte della donna che sosteneva di amare con tutto se stesso. Aveva già avuto comportamenti deviati in precedenza, comportamenti che Yuma non aveva notato – aveva undici anni, dodici al massimo, quando sotto al diluvio nel parcheggio vicino alla scuola che frequentava all’epoca sua madre le aveva fatto quel discorso – ma di cui Margot si era accorta.
    Finalmente, dopo tanto tempo, Yuma accettò un’idea che la faceva sentire impotente di fronte agli eventi: gli abusi sessuali che aveva subito negli ultimi tre anni sarebbero iniziati prima, se sua madre non fosse stata abbastanza determinata da impedire a Melvin di farle del male.
    Si era lasciata ingannare, a quindici anni, il giorno in cui lui le si era avvicinato, guardandola con occhi carichi di dolcezza.
    «Quei pantaloni sembrano sdruciti» si era limitato a osservare.
    «Vanno benissimo» aveva obiettato Yuma.
    Lui, però, aveva insistito: «Fammi vedere, non voglio che tu vada in giro conciata come una barbona.»
    Si era avvicinato di scatto, fino a spingerla contro la parete.
    «Papà, lasciami!» aveva urlato Yuma. «Vuoi soffocarmi?»
    Aveva sentito la sua mano destra scattare rapidamente per sbottonarle i jeans, mentre gli occhi di suo padre scrutavano i suoi.
    «Sei identica a tua madre, Yuma» aveva mormorato Melvin, a quel punto. «Tu non puoi essere che la mia Margot.»
    Yuma, sconvolta, non era stata capace di opporre resistenza.

    «Dimmi che sei la vera Margot» la pregò ancora una volta suo padre. «Dimmi che non puoi vivere senza di me, che mi starai accanto per tutta la vita.»
    «Non ti dirò niente di tutto questo» sbottò Yuma. «L’unica cosa che posso dirti è che dovrai passare sul mio cadavere per fare a mia sorella quello che hai fatto a me!»
    «Tua sorella non c’entra adesso» obiettò Melvin.
    «C’entra eccome, invece! Se ho avuto il coraggio di ribellarmi alla vita di merda che mi costringi a vivere è stato per lei e...»
    Suo padre la interruppe: «Non si è rivelata una scelta molto sensata, dato che Dean è riuscito a portarti a casa. Credevi di avere vinto, Yuma, ma la realtà è che hai perso da ogni punto di vista, e prima l’accetti e meglio sarà per te.»
    «Sei tu, adesso, quello che crede di avere vinto» replicò Yuma. «La realtà, però, è diversa: Heaven è lontana da te... e ci resterà.»
    «Questo è il tuo più grande errore, te l’ho già spiegato» le ricordò Melvin. Forse si era reso conto che la farsa del cercare la sua Margot dentro di lei non le faceva alcun effetto, perciò aveva deciso di cambiare tattica, cercando di essere più convincente. «Ti avevo lasciato la possibilità di essere libera, ma volevo Heaven in cambio. Tu, invece, hai deciso di portarla da quella stronza di Naive. Io l’ho accettato, ma adesso devi essere tu ad accettare quello che ti chiedo. Non è altro che uno scambio equo.»
    «Non prendermi in giro» ribatté Yuma. «Tu non sai nemmeno che cosa sia uno scambio equo!»
    «Forse non lo so, hai ragione, ma sono io che detto le regole ed è opportuno che tu te lo tenga bene in mente.»
    Aveva perfettamente ragione, Yuma lo sapeva: era stata capace di andarsene, ma non era riuscita a rimanere dov’era. Se n’era andata in spiaggia da sola e, quando uno sconosciuto l’aveva avvicinata facendole credere di avere informazioni sull’assassinio di sua madre, si era istintivamente fidata di lui al punto da salire sulla sua automobile. Se in un primo momento non aveva avuto alternative, avrebbe potuto almeno fermarsi a riflettere quando era tornata all’hotel in cui alloggiava insieme a Ronnie. Dean Tray non l’aveva costretta a salire una seconda volta sulla sua macchina, eppure lei l’aveva fatto. A quel punto Dean l’aveva drogata e tutto doveva essergli sembrato maledettamente facile.
    «Che cosa vuoi esattamente?» domandò Yuma.
    Ormai era pronta a sottostare a qualsiasi accordo, almeno temporaneamente.
    «Nonostante tu ti sia comportata male con me, scappando di casa, le cose non cambieranno» rispose Melvin. «Ti avevo chiesto di rimanere qui e di chiudere con il tuo ragazzo e adesso ti faccio ancora le stesse richieste. Se non vuoi farlo sai dov’è la porta, ma sai anche che, non appena ne uscirai, entrerà tua sorella. È figlia mia e tante persone sono disposte a testimoniare che sono un padre modello. Di fatto tu e tua zia l’avete rapita, pensi che possa avere qualche difficoltà a riprendermela a casa?»
    «Se io ti denunciassi...»
    Melvin la guardò con un’espressione di trionfo.
    «Ti ho chiesto di chiudere con Michel Sallivan, ma non posso certo pretendere che tu lo cancelli dalla tua mente da un momento all’altro.»
    «E quindi?»
    «Quindi suppongo che, anche se lo lasciassi, potrebbe dispiacerti molto nell’apprendere la notizia della sua morte.»
    Yuma spalancò gli occhi.
    «C-cosa vuoi fare?»
    «Non voglio fare niente» la rassicurò suo padre, «Proprio come tu non vuoi sporgere denuncia, vero Yuma?»
    Non le fu facile rispondergli, ma si sforzò di farlo.
    «No, non voglio denunciarti.»
    Melvin annuì, con aria di approvazione.
    «Sapevo che mi avresti dato questa risposta: di te ci si può fidare.»
    «Anche di te, allora» mormorò Yuma. «Resterò con te e lascerò Michel, ma a due condizioni.»
    «Sono io a dettare le condizioni» le ricordò Melvin.
    «Infatti una di queste è quella che hai suggerito tu: Heaven resterà con Naive.»
    «Su questo eravamo già d’accordo e ti deve bastare.»
    «L’altra è una piccola cosa» puntualizzò Yuma. «Voglio poter continuare a lavorare.»
    Melvin sbuffò.
    «Ti piace così tanto fare la cameriera? Posso pensarci io a te, lo farei molto volentieri.»
    «Ti darò tutto il mio stipendio fino all’ultimo centesimo» aggiunse Yuma. «Tu stesso ci guadagneresti.»
    Suo padre sospirò.
    «Se proprio non puoi fare a meno del tuo lavoro, tienilo pure.»
    Yuma avvertì un intenso sollievo.
    «Grazie.»
    Continuare a lavorare era l’unico modo che aveva per poter uscire di casa, e uscire di casa era l’unico modo che aveva per incontrare Michel di nascosto. Sapeva di potercela fare: aveva frequentato diversi ragazzi prima di lui, spinta dal desiderio di non doversi concedere soltanto a un uomo che la costringeva ad avere rapporti con lui, e suo padre non aveva mai scoperto nulla. Se era venuto a sapere che stava insieme a Michel era soltanto perché la loro frequentazione era durata più di quanto Yuma aveva previsto inizialmente e, nel corso dei mesi, il suo livello di attenzione era calato. Finché non si era resa conto che Melvin aveva delle mire su Heaven, era convinta che per lei fosse giunto il momento di farsi una propria vita.
    “E ce la farò” si disse. “Anche se dovessi aspettare anni, prima o poi ce la farò a liberarmi di questo schifo, senza che tocchi a Heaven prendere il mio posto.”

    Fine prima parte

     
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