Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Parte conclusiva del capitolo 14.



    Ronnie percepì la delusione più cupa e viva nella voce di Naive, spiazzata dalla sua improvvisa telefonata.
    «R-Ronnie? S-Sei tu?»
    Non era certo lui che si aspettava di sentire, si disse Ronnie. Probabilmente chiamarla era stato un errore madornale.
    «Non volevo disturbarti, Naive» specificò. «Non...»
    Naive lo interruppe: «Non preoccuparti. Mi fa piacere sentirti, ma... perché sei tu a telefonarmi? È successo qualcosa a Yuma?»
    In quel momento Ronnie si sentì spiazzato almeno tanto quanto Naive.
    «A Yuma?»
    «Suppongo che tu mi stia telefonando perché non può farlo lei.»
    «Veramente» ammise Ronnie, «Non è proprio così.»
    «E allora perché mi stai cercando? Yuma non lo sa?»
    «No, non lo sa. Non la vedo da mercoledì mattina.»
    L’attesa gli sembrò interminabile, prima di udire ancora una volta la voce di Naive.
    «Sei tornato a Black Hill?»
    «No.»
    «Allora... se n’è andata lei?»
    Per un attimo Ronnie fu convinto di non avere la forza di risponderle e di confermare che era proprio così.
    «Rispondi, Ronnie» lo pregò Naive, con la voce carica di disperazione repressa. «Ho bisogno di sapere.»
    «Sì» ammise, finalmente. «Se n’è andata lei.»
    «Dove?»
    «Non ne ho idea.»
    «Non è tornata da suo padre, vero?»
    Era l’ennesima domanda a cui Ronnie non sapeva rispondere.
    «Non credo che sia tornata a Black Hill» disse, non perché ne fosse convinto, ma perché era l’unica speranza a cui poteva appigliarsi. «E, se l’avesse fatto, sarebbe tornata insieme a Michel. Non credo che andrà a casa.»
    «Lo spero» mormorò Naive.
    «Yuma se la caverà» tentò di rassicurarla Ronnie. «Qualunque decisione abbia preso, sono sicuro che sia la migliore.»
    «Se fossi al tuo posto, non ne sarei tanto sicura» replicò Naive. «È vero, a Yuma piace interpretare la parte della ragazza decisa e determinata, ma in realtà è molto più fragile di quanto possa apparire a chi la conosce appena!»
    «Io non la conosco appena!» obiettò Ronnie. «I giorni che ho passato insieme a lei...»
    «Non ti ha nemmeno detto dove andava» lo interruppe Naive. «Pensi che se ne sarebbe andata senza una parola, se davvero si fidasse di te?»
    «Quindi, fammi capire, non si fida nemmeno di te, per non averti avvertita?»
    «Certo che si fida di me» rispose Naive, con convinzione. «Non mi ha detto niente per proteggere sua sorella, ovviamente.»
    Sì, poteva essere davvero così, ma Ronnie si ritrovò a domandarsi se quella non fosse la verità ideale, quella che andava bene per tutti, la più facile da accettare.
    «Ovviamente» si ritrovò a ripetere.
    «A proposito, perché mi hai chiamata?» gli chiese Naive, a quel punto.
    «Pensavo che Yuma si fosse messa in contatto con te» fu costretto ad ammettere Ronnie. «A quanto pare, però, non è così.»
    «Già, non è così.»
    «Allora direi che a questo punto possiamo anche salutarci...»
    «Sì» convenne Naive. «Prima, però, permettimi di dirti una cosa.»
    «Certo.»
    «Apprezzo tutto quello che hai fatto per Yuma, e...»
    «Grazie, Naive, ma non credo di avere fatto niente di straordinario.»
    Naive puntualizzò: «Non ho finito.»
    Ciò nonostante non aggiunse altro, così fu Ronnie a esortarla: «Continua, dimmi tutto quello che hai da dire.»
    «Dimenticati di lei» lo pregò Naive. «Anzi, dimenticati di tutte noi. Vivi la tua vita senza preoccuparti di quello che ci accadrà. Noi ce la caveremo.»
    «Naive, non scherzare...»
    «Non sto scherzando. È molto meglio per te. Stare dalla nostra parte, per te, significherebbe affrontare mille casini.»
    «Ma...»
    Naive non gli lasciò il tempo di replicare: riattaccò e, Ronnie ne era sicuro, se avesse provato a richiamarla non avrebbe risposto.

    «Chi era al telefono?»
    La sottile voce di Heaven ebbe il potere di farla sussultare: Naive non aveva notato che l’avesse seguita e, soprattutto, che avesse ascoltato la sua conversazione con Ronnie.
    «Nessuno di importante» mentì.
    Heaven scosse la testa.
    «Sì che lo era, parlavate di Yuma.»
    «Non pensare a queste cose» le suggerì Naive. «Non è successo niente, tutto si sistemerà.»
    «Sì, ma Yuma quando torna?»
    «Presto.»
    «E mi riporterà a casa?»
    Naive sospirò.
    «Certo.»
    Era tutto il contrario di quello che sperava, ma almeno sul ritorno di Yuma era d’accordo con Heaven; anche lei desiderava con tutte le sue forze di rivederla, anche perché la presenza di Yuma avrebbe semplificato la sua posizione: almeno avrebbe saputo come comportarsi nei confronti della bambina.
    “Fino a che punto posso spingermi con lei?”
    Heaven aspettava risposte che Naive non era sicura di poterle dare, a meno che non prendesse in considerazione di continuare a mentirle ancora per molto tempo. Ma quanto sarebbe passato prima che Heaven capisse?
    «Dov’è adesso?»
    Naive alzò gli occhi e guardò la nipote.
    «Come?»
    «Dov’è Yuma?» ripeté Heaven. «Dov’è adesso?»
    «È-è... è c-con Ronnie» balbettò Naive, spiazzata. «Era lui al telefono.»
    «Lui?»
    «Sì.»
    Almeno quel monosillabo non era l’ennesima menzogna e Naive si sentì rassicurata.
    «Non ti ha passato Yuma?»
    «No.»
    «Perché?»
    «Mhm... non lo so perché. Forse in quel momento non poteva parlare.»
    «Ma è strano!»
    «Sì, è strano» ammise Naive, «Ma d’altronde capitano tante cose strane.»
    Heaven non le parve convinta, ma non aggiunse altro.
    «Vedrai» la rassicurò Naive, a quel punto, per l’ennesima volta, «Sono sicura che presto tutto potrà sistemarsi.»
    Heaven annuì.
    «Se me lo dici tu, ne sono sicura anch’io.»
    Naive la invidiò: almeno Heaven poteva credere a quelle parole.
     
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