Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Parte conclusiva del capitolo 12.



    Le ore di attesa si trasformarono in ore di sottile agonia: per quanto Ronnie avesse passato gli ultimi anni a convivere con accuse mai pronunciate, non si era mai spinto a ipotizzare che qualcuno sospettasse che le sue colpe fossero ancora più gravi.
    Rick.
    Kelly.
    Le fiamme.
    Rick.
    Kelly.
    Le fiamme.

    Le immagini si susseguivano una dopo l’altra nella sua mente, come avveniva giorno dopo giorno, senza esclusioni. Quella sera, però, tutto era diverso: rivedere Ralph era stato uno shock, così come sentire un’accusa così pesante.
    «Avete deciso che Rick doveva morire.»
    Non aveva trovato nemmeno la forza di replicare e Ralph l’aveva considerata un’ammissione indiretta.
    «L’avete ucciso voi» aveva proseguito. «Avete approfittato dell’incidente per sbarazzarvi di lui una volta per tutte!»
    Finalmente, con un filo di voce, Ronnie era riuscito a rispondere: «Tutto quello che dici non ha senso. So bene quanto eri legato a Rick, ma inventarti storie che non stanno né in cielo né in terra sulla sua morte non ti sarà d’aiuto per sentirti meglio. Capisco che tu abbia bisogno di qualcuno a cui attribuire la responsabilità di quello che è successo, ma non è certo questo il modo migliore di affrontare le cose. Kelly non era in macchina con noi.»
    «Pensi davvero che io possa crederti?» aveva obiettato Ralph. «Ho sempre riconosciuto la presenza di Kelly, quando era coinvolta in qualche affare.»
    Ronnie si chiese come avesse potuto rendesi conto, seppure non avesse mai saputo come si erano svolti quei drammatici eventi, individuare colei che era stata al suo fianco nei momenti successivi all’incidente.
    Gli era sembrato quasi che Kelly fosse comparsa dal nulla, quella notte maledetta; era apparsa nel momento in cui si rendeva conto di che cosa fosse accaduto, l’aveva trovato in stato di shock e, nel suo tentativo di aiutarlo, era riuscita inconsciamente a distruggere il suo equilibrio e, con esso, la sua vita.
    Naturalmente non l’avrebbe mai ammesso davanti a Ralph, avrebbe negato con tutte le sue forze, proprio come aveva fatto poche ore prima.
    «Tu sei ossessionato da Kelly e dall’idea che possa avere fatto del male a Rick!» aveva sostenuto, sforzandosi di mostrarsi sicuro di sé. «È per questo che non fai altro che vederla anche dove non c’è!»
    «Non dire stronzate!» era stata la pronta replica di Ralph. «Quella stronza ha sempre incantato tutti, ma non me. È sempre stata marcia dentro fin da quando eravamo ragazzini.»
    «Adesso esageri.»
    «No, non sto esagerando. Se non fosse stata lei a convincerti, tu stesso non avresti mai fatto quello che hai fatto!»
    Non c’era nulla di più vero di quelle parole – anche se per Ralph avevano un significato diverso – e Ronnie lo sapeva bene: probabilmente, se Kelly non fosse arrivata a suggerirgli un’alternativa, si sarebbe preso le proprie responsabilità, come sarebbe stato giusto, e già da molto tempo sarebbe riuscito a convivere, seppure a fatica, con ciò che ormai non poteva più lasciarsi alle spalle. Ralph sbagliava soltanto nel proprio accanimento nei confronti di Kelly, convinto come era sempre stato che, qualunque cosa facesse, la facesse in malafede. In realtà Kelly non aveva mai voluto danneggiare Rick.
    “Voleva soltanto aiutarmi” si ripeté Ronnie, per l’ennesima volta, cercando forse di convincersene fino in fondo. “Le è sembrato che quella fosse la cosa migliore da fare e, probabilmente, ancora oggi non riesce ad accettarlo.”
    In realtà non sapeva come Kelly convivesse con i propri rimorsi e, anzi, non sapeva nemmeno se ne avesse. In seguito all’incidente aveva sempre cercato di evitarlo e, addirittura, lei stessa era arrivata, qualche tempo dopo, a pronunciare velate accuse che l’avevano spinto sempre di più verso la decisione di lasciare Starlit Spring. Da quanto gli risultava, Kelly non l’aveva mai cercato né tantomeno aveva mostrato interessamento per il luogo in cui si era trasferito. Non che Ronnie ne fosse dispiaciuto: anzi, proprio la lontananza da Kelly gli aveva permesso di riuscire, almeno di tanto in tanto, a sentirsi vivo come un tempo. A poco a poco era riuscito a rimuoverla e, quando inevitabilmente ripensava ai fatti della notte in cui la vita di Rick era finita e la sua era cambiata per sempre, tendeva a minimizzare il ruolo che Kelly aveva avuto.
    Ronnie chiuse gli occhi e, per l’ennesima volta, rivide tutto, stavolta sforzandosi di non lasciare da parte la ragazza che era stata con lui quella notte, che l’aveva esortato ad appigliarsi a quella che, secondo lei, era l’unica soluzione possibile. Starlit Spring era una città piccola, gli aveva ripetuto più di una volta, le accuse contro di lui gli avrebbero reso la vita impossibile, tanto valeva escogitare una messinscena che facesse tacere tutti.
    Kelly.
    Le fiamme.
    Kelly.
    Le fiamme.
    Kelly.
    Il bagliore delle fiamme sovrastava l’immagine di Kelly, ma la sua voce continuava a rimbombargli in testa.
    «Andiamocene» lo pregava, restituendogli l’accendino. «Facciamo finta che tu su quella macchina non ci sia mai salito.»
    Kelly se ne andava, senza nemmeno girarsi, pensando che lui l’avrebbe seguita.
    «No.»
    Le fiamme s’innalzavano.
    Le fiamme danzavano nella notte buia.
    Le fiamme, con il loro calore, gli ricordavano che non stava vivendo un sogno.
    Intanto Kelly se ne andava.
    Quella che doveva essere una liberazione diventava una condanna eterna.
    Rick non c’era più.
    Rick non c’era più e la responsabilità era sua.
    Rick non c’era più e con lui se ne stava andando anche tutto il resto.
    Sogni.
    Futuro.
    Speranze.
    Le fiamme bruciavano tutto, impassibili.

    Ronnie riaprì gli occhi e per un attimo si sforzò di non vedere tutto nel suo aspetto più negativo. Da quando aveva avuto modo di approfondire la sua conoscenza con Yuma gli era sembrato che la speranza che credeva morta una volta per tutte potesse rinascere a poco a poco. Anche il passato di Yuma era doloroso, eppure lei si era sempre sforzata di andare avanti; Ronnie sapeva che si riteneva colpevole di avere accettato una situazione che non avrebbe dovuto tollerare, ma la vedeva combattere per dare a Heaven una vita migliore. La differenza tra lui e Yuma era che lei si poneva ancora degli obiettivi, mentre lui, convinto di non poter portare a termine nulla, si era arreso già da troppo tempo. Non doveva più essere così: doveva sforzarsi di dare ancora un senso alla propria esistenza.
    Tornare a Black Hill e invitare Patricia Spencer a cena sarebbe stato un modo per riuscirci, anche se era una soluzione che non aveva mai previsto prima di allora. Al momento, però, gli sembrava troppo drastica: forse anche a Starlit Spring avrebbe potuto concludere qualcosa.
     
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