Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Ecco la prima parte del capitolo 11!



    Capitolo 11.
    Yuma camminava sulla spiaggia deserta cercando di schiarirsi le idee sul da farsi. Anni prima aveva giurato a se stessa di non tornare mai più a Starlit Spring almeno finché chi aveva ucciso sua madre non fosse stato consegnato alla giustizia, ma adesso non riteneva più così terribile essere proprio in quella città. A Black Hill non aveva trovato certo la pace che aveva sperato, proprio là erano iniziati gli abusi e aveva capito che il suo solo obiettivo doveva essere la tutela di Heaven.
    Non sentiva sua sorella da quando l’aveva lasciata a casa di Naive, ma non era bene cercarla. Più spazio metteva tra loro, non solo in termini fisici, e più aveva speranze di proteggerla. Se suo padre l’avesse trovata avrebbe potuto provare a difendermi, ma non poteva permettergli di avvicinarsi di nuovo a Heaven.
    “Dovrà passare sul mio cadavere, prima di farle del male.”
    All’improvviso udì un fruscio alle sue spalle.
    «Ehi, tu» disse una voce.
    Yuma si voltò di scatto, ritrovandosi davanti un uomo sui trentacinque anni. Le ricordava qualcuno. Dove l’aveva già visto?
    «Io e te dobbiamo parlare» le comunicò. «E dobbiamo farlo subito.»
    Yuma rimase in silenzio.
    “L’uomo del bar!”
    Lui insisté: «Non possiamo attendere oltre.»
    «Non ci conosciamo, mi pare» obiettò Yuma.
    Aveva avuto ragione a insospettirsi, quando si era avvicinato giusto in tempo per vedere la fotografia che aveva mostrato alla cameriera.
    «No, per ora non ci conosciamo» ammise lui.
    «E allora per quale dannato motivo dovremmo parlare?» gli chiese Yuma, senza scomporsi. «Non ne vedo il senso.»
    «Tu conosci un certo Michel Sallivan.»
    Non era una domanda, ma un’affermazione.
    Yuma obiettò: «Non sono solita parlare con gli sconosciuti di queste cose.»
    L’uomo rise.
    «Allora insisti?»
    «Insisto? E in che cosa?»
    «Continui a fingere di non sapere né chi sono né di cosa mi sto occupando...»
    «Ma è la verità!» replicò Yuma. «Non sto certo fingendo!»
    «Mi chiamo Dean Tray» si presentò lo sconosciuto.
    «Questo dovrebbe accendermi qualche sorta di lampadina?» obiettò Yuma. «Dovrei avere già sentito il tuo nome?»
    «Suppongo di sì.»
    «Mi spiace, allora, di doverti deludere.»
    Dean sbuffò.
    «Continui a negare di conoscere quel fallito di Michel Sallivan?»
    «Non ho negato niente» replicò Yuma, infastidita dal fatto che, oltre a dare per scontate certezze che non avrebbero dovuto essere tali, si prendesse anche la libertà di screditare il suo ragazzo senza un’apparente ragione logica.
    «Ma non hai ammesso niente.»
    «Ancora no.»
    Dean la squadrò dall’alto al basso.
    «Senti, ragazzina, non ho tempo da perdere.»
    «Nemmeno io» replicò Yuma, voltandogli le spalle e facendo per andarsene.
    Dean la afferrò per un braccio.
    «Non hai capito, ragazzina. Sono io che decido se e quando te ne andrai.»
    Yuma fece per liberarsi dalla sua stretta, ma non riuscì.
    «Te lo chiedo un’ultima volta» riprese Dean Tray. «Hai una vaga idea del perché il tuo ragazzo sia qui?»
    Yuma sospirò.
    «No.»
    «Sei sincera?»
    «Sì» sbottò Yuma, sperando che quella situazione assurda terminasse in fretta. «Ora potresti cortesemente lasciare il mio braccio?»
    Dean non accontentò la sua richiesta, ma almeno allentò la presa.
    «Vieni con me» le ordinò.
    «Dove, scusa?»
    Dean la strattonò con una forza tale che per poco Yuma non cadde a terra.
    «Tu non devi fare domande. Devi solo fare quello che ti dico.»
    Poco convinta si rassegnò a seguire quell’uomo al di fuori della spiaggia, fino a un’automobile grigia metallizzata di un modello talmente ordinario da non farvi nemmeno caso.
    «Sali» la pregò Dean a quel punto, molto più gentilmente. «Ci sono un po’ di cose che ti devo spiegare.»
    Probabilmente nessuna ragazza all’infuori di lei avrebbe accettato l’invito a salire in macchina con un perfetto sconosciuto, specie tenendo conto dei suoi modi. Yuma invece non si fece problemi: anche stare a casa insieme a suo padre si era rivelato pericoloso per me e per sua sorella, stare a stretto contatto con Dean Tray non era altro che una sorta di formalità.
    Si allacciò la cintura di sicurezza mentre il suo accompagnatore accendeva il motore.
    «Fidati di me, Yuma» la pregò.
    Non la sorprese il fatto che conoscesse il suo nome.
    «Mi fiderò di te solo se me ne darai motivo» replicò, cercando di mostrarsi decisa.
    «Ottima idea» rispose Dean. «Cerca solo di non essere troppo diffidente.»
    «Di solito mi sforzo di non esserlo.»
    «Tanto meglio.»
    Yuma non rispose.
    «So dove alloggi» riprese Dean. «E so anche che con te c’è un tuo amico di Black Hill, che però adesso non è in quell’hotel da quattro soldi.»
    «Io e Ronnie non dormiamo nella stessa stanza» puntualizzò Yuma. «Io e lui siamo solo amici.»
    «Non me ne frega un cazzo di chi dorme con te.»
    «Meglio così, allora.»
    Dean la condusse fino all’albergo.
    «Ora fai esattamente quello che ti dico» le ordinò, mentre scendevano dall’automobile. «Io voglio soltanto aiutarti.»
    «Non mi hai ancora detto una cosa importante.»
    «Cioè?»
    «Vuoi aiutarmi. Però non mi hai ancora detto a fare cosa.»
    Dean sorrise.
    «Lo sai.»
    Yuma temette che conoscesse anche un dettaglio ben più inquietante della sua vita, rispetto al suo nome e alla sua relazione con Michel. No, non era possibile. Nessuno sapeva la verità, a parte Naive, e Yuma si fidava ciecamente di lei. Non poteva essere quello, perciò c’era una sola alternativa possibile.
    Sua madre.
    Naive.
    Heaven.
    Lei stessa.
    L’orrore.
    L’eterna ricerca di una risposta.

    «Stai parlando di... della morte di mia madre?»
    Dean non le diede una risposta diretta.
    «Ce ne dobbiamo andare da qui. Potresti essere in pericolo.»
    «I-in pericolo?» balbettò Yuma.
    Dean annuì.
    «Metti un po’ di cose in uno zaino, poi ci penso io a portarti al sicuro» la rassicurò. «Potrebbe essere pericoloso, per te, rimanere qui.»
    Dean la guardò negli occhi e in quel momento Yuma decise: si sarebbe fidata di lui.
    Salì nella sua stanza, situata accanto a quella di Ronnie, e iniziò a infilare in un borsone parte dei suoi effetti personali.
    Volevo la verità su sua madre ed era disposta a tutto pur di ottenere qualcosa. Sapeva che seguire Dean Tray poteva essere pericoloso, ma sapeva anche che nella vita ci si trova sempre a dover mediare tra i rischi e i risultati associati a tali rischi.
    Ovunque fosse Ronnie, non si preoccupò nemmeno di avvertirlo.
     
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