Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Con grande soddisfazione (immagino) di Gab, mi appresto a postare la prima parte del capitolo 10. :D



    Capitolo 10.
    Davanti alla porta due uomini di mezza età parlavano con grande partecipazione emotiva. Uno dei due teneva in mano un giornale. Michel si sforzò di capire quale fosse l’argomento del discorso, per poi rendersi conto che non gli importava.
    Era arrivato di fronte allo Starlit Cafè quasi per caso: non conosceva ancora alla perfezione le strade di Starlit Spring, era ovvio che percorresse quelle che ricordava. Non aveva certo intenzione di rincontrare Kelly James... Oppure sì?
    “Tutto sommato potrebbero accadere cose molto peggiori” concluse. “E poi ho già messo le cose in chiaro: non ho intenzione di provarci con lei. Questo dovrebbe facilitare le cose.”
    Oppure le avrebbe complicate?
    C’erano troppe domande a cui non poteva dare risposta, ma non era fondamentale risolvere quei dubbi proprio in quel momento. Aveva tante cose più importanti di cui occuparsi, come ad esempio Natascha Harris.
    Era ormai il tardo pomeriggio di lunedì e quella giornata l’aveva trascorsa a scervellarsi su come rintracciare la fantomatica ragazza della rosticceria.
    «Non si è presentata al lavoro, ultimamente» l’aveva informato una donna di mezza età, anch’essa dipendente di quel negozio. «È una ragazza con qualche rotella fuori posto, se fossi in te non mi sforzerei di cercarla.»
    «Ma la devo trovare!» aveva insistito Michel. «Saprebbe dirmi in che modo posso rintracciarla?»
    «Non lo so e non m’interessa nemmeno» aveva replicato la donna, lasciandogli intendere che per lei la discussione era finita. «Se fosse scappata di casa e se ne fosse andata per sempre, non potrei essere altro che felice!»
    Gli era stato chiaro fin da subito che quella donna non amava particolarmente Natascha Harris e si ritrovò a domandarsi fino a che punto quella ragazza avesse “qualche rotella fuori posto”. Visto il modo in cui la sua collega aveva parlato di lei, poteva essere una persona normalissima, ma che agli altri sembrava un po’ bizzarra. Ne aveva incontrate tante, di ragazze di quel tipo, e forse erano quelle con cui, dal punto di vista professionale, era più facile avere a che fare.
    Guardò la porta d’ingresso per un istante.
    «Entro o non entro?» borbottò tra sé e sé.
    Soltanto troppo tardi si rese conto di avere pensato ad alta voce, ma i due uomini poco distanti continuarono a commentare indisturbati le notizie più interessanti – secondo la loro idea di che cosa fosse interessante, che Michel avrebbe potuto non condividere – che avevano trovato sul quotidiano di quel giorno.
    “Entro” decise.
    Aprì la porta e vide Kelly che, reggendo un vassoio carico di bicchieri pieni, si dirigeva verso un tavolo intorno al quale erano sedute diverse persone.
    Quando tornò indietro e si girò verso di lui parve illuminarsi.
    «Oh, chi si rivede!»
    «Dì la verità, ti fa piacere» ribatté Michel. «Ti stavi chiedendo che fine avessi fatto.»
    «Hai un’opinione troppo alta di te stesso» replicò Kelly. «In realtà non me ne importava poi più di tanto.»
    «Non mentire!»
    «Non sto affatto mentendo.»
    «Sì, invece» insisté Michel. «Magari stavi pensando che io fossi morto.»
    La vide abbassare lo sguardo.
    «Non proprio.»
    Michel si chiese se la sua battuta l’avesse offesa. Non era poi così impensabile, magari stava pensando al suo ragazzo deceduto in un incidente d’auto, ferita per lei ancora aperta e visibile anche dall’esterno.
    Tutto avrebbe desiderato, tranne offendere Kelly. Per qualche motivo sentiva che, in un modo o nell’altro, poteva essere l’unica persona in grado di capirlo. Chissà, magari c’erano altri punti in comune tra loro, oltre quello di non avere più contatti con i rispettivi genitori.
    Kelly alzò finalmente gli occhi verso di lui.
    «Allora?» gli chiese, piuttosto seccata. «Che cosa ti ha riportato da queste parti?»
    «Il desiderio di rivederti» mentì Michel.
    «Niente stronzate né frasi fatte, per cortesia» replicò Kelly. «Sei venuto qui per avere informazioni su qualcuno, non è vero?»
    La sua domanda lo stupì.
    «Perché dovrei?»
    «Tutti non fanno altro che chiedermi informazioni» sbottò Kelly, palesemente infastidita. «Vengono al bar, mi mostrano fotografie, mi chiedono se ho visto certe persone, se ci ho parlato... Ormai non ne posso più.»
    «Non sono qui per questo» tentò di rassicurarla Michel. «È l’ultima delle mie intenzioni.»
    Kelly sospirò.
    «Faccio finta di crederci!»
    «Perché non dovresti?» replicò Michel.
    «È più semplice di quanto tu possa penare.»
    «Ti assicuro che non riesco a capire.»
    Kelly sbuffò.
    «Niente di tutto ciò era mai accaduto, prima che io incontrassi te.»
    Michel trattenne a stento una risata.
    «Non mi pare un buon motivo per dare necessariamente la colpa a me.»
    «Su questo, in parte, hai ragione» ammise Kelly. «Il punto è che non ho alcuna voglia di ritrovarmi invischiata nei tuoi casini.»
    «Di che casini parli?» replicò Michel. «Stammi a sentire, Kelly, non so che idea tu ti sia fatta di me... ma di sicuro è sbagliata!»
    «Ah, sì? Ed è sbagliata così, a prescindere, senza nemmeno prenderti il disturbo di chiedermi come la penso veramente?»
    «Non è necessario.»
    «Che sia o non sia necessario, te lo dico lo stesso» ribatté Kelly. «Io credo – anzi, diciamo pure che ne sono sicura – che tu sia qui per qualcosa di illegale e che usi la scusa dei motivi di lavoro per fare la parte del ragazzo onesto.»
    Michel ridacchiò.
    «Come volevasi dimostrare.»
    Kelly gli lanciò un’occhiata interrogativa.
    «Di cosa parli?»
    «Del fatto che mi hai scambiato per un delinquente. Era proprio quella l’idea distorta a cui mi riferivo prima.»
    «Idea distorta un corno! Non mi fido di te, Michel.»
    Lui sorrise.
    «Sei libera di non fidarti.»
    Lei gli lanciò un’occhiataccia.
    «Cos’è, un’ammissione?»
    Era evidente che, seppure avesse certi sospetti, non aspettava altro che lui le dimostrasse che i suoi pregiudizi erano errati.
    «No, non è un’ammissione, ma un dato di fatto» rispose Michel. «Mi conosci appena, non posso certo pretendere che tu mi creda.»
    Kelly si fece più accomodante: «È già un passo avanti che tu ti renda conto di essere vagamente ambiguo.»
    «Mi rendo conto di poterlo apparire.»
    «Perfetto.»
    Michel le puntò gli occhi addosso.
    «Piuttosto, dicevi che è venuto qualcuno che ti ha insospettito, giusto? Parlavi del fatto che ti hanno mostrato fotografie...»
    «Anche la tua.»
     
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