Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Continuo adesso! :D


    Capitolo 7.
    Il bar era sul punto di chiudere e Kelly continuava a domandarsi quanto tempo sarebbe passato prima che l’ultimo cliente perdigiorno accettasse quell’amara realtà e le permettesse di portare a termine l’impegno che si era presa. Naturalmente lui non ci pensava neanche lontanamente: raccontarle gli affari suoi gli appariva molto più importante.
    «La mia seconda figlia è nata nel 1952. Si è sposata pochi anni fa e...»
    Lo squillo del telefono fece venire a Kelly voglia di saltare per la gioia.
    «Scusi, ma...»
    «Si è sposata pochi anni fa con uno squattrinato che...»
    «Il telefono...»
    «...Che l’ha voluta sposare soltanto per interesse.»
    Kelly sospirò.
    «Mi spiace davvero per le sue sventure, ma devo rispondere.»
    Il cliente la guardò con disapprovazione attraverso le lenti spesse come fondi di bottiglia dei suoi orrendi occhiali dalla montatura di tartaruga.
    Kelly raggiunse il telefono e sollevò il ricevitore.
    «Starlit Cafè, buonasera.»
    «Kelly» disse una voce.
    «Chi parla?»
    «Non mi riconosci?»
    «Al momento no.»
    «Ti do un indizio: con chi devi incontrarti stasera?»
    Esclamò, sorpresa: «Oh, sei tu! Ronnie Craven secondo, colui che spero non sia l’inizio di un nuovo ciclo di disgrazie.»
    Era tornato al bar poco prima delle tredici, quando molti dei pensionati clienti assidui erano a casa a criticare i pranzi a basso contenuto calorico che le loro mogli avevano preparato.
    Era stato diretto: «Vuoi cenare insieme a me questa sera?»
    «Non posso» gli aveva risposto Kelly. «Fino alle otto sono qui al lavoro.»
    «Ma non è sfruttamento?» aveva replicato lui. «Quante ore lavori al giorno?»
    «Quando l’altra cameriera non ha la febbre» l’aveva rassicurato, «molte meno di oggi. In questi giorni mi tocca sostituirla.»
    «Allora non ho proprio speranze di vederti?»
    «Se vieni da me verso le nove, ti porto a fare un giro» gli aveva proposto Kelly.
    “Ronnie Craven secondo” aveva accettato e, senza pensarci due volte, gli aveva dato il suo indirizzo, mentre lui accennava a un impegno di lavoro che comunque non avrebbe pregiudicato la sua presenza.
    «Hai risolto con il tuo “impegno di lavoro”?» gli chiese quindi Kelly, al telefono, citando le sue stesse parole.
    «Non ti riguarda» sbottò lui. «Vai a casa a metterti in tiro, non mi piacciono le ragazze trascurate.»
    «Non sono una ragazza trascurata» replicò Kelly, indignata. «Mai. Nemmeno quando vado al supermercato.»
    «Meglio così.»
    «Perfetto.»
    Kelly rimase inorridita: le aveva dato la risposta tipica di suo zio Colin? Era agghiacciante!
    «Ci vediamo dopo» si congedò lui subito dopo, sbattendo giù il telefono.
    A quel punto il cliente che parlava della figlia sposata con un uomo di più bassa estrazione sociale, stanco per la “lunga e interminabile” attesa, pagò con aria seccata la sua consumazione, dopodiché se ne andò, rendendola la più felice delle bariste.
    Kelly chiuse lo Starlit Cafè, andò a casa, preparò un’insalata di lattuga e pomodori, mangiò e poi si preparò per il suo appuntamento con il nuovo Ronnie Craven.
    Istintivamente ripensò alla sua prima uscita con Rick, da cui erano ormai trascorsi parecchi anni. Rick Craven era stato il suo primo e unico ragazzo, o almeno l’unico ufficiale. Dopo la sua morte Kelly si era ripromessa che non avrebbe mai avuto nessun altro, ma la sua scelta iniziava a starle stretta. Le sue amiche parlavano sempre di progetti futuri, alcune erano sul punto di sposarsi con i loro fidanzati... e lei aspirava a rimanere sola per tutta la vita, tanto che perfino Colin a volte le chiedeva se si rendeva conto di essere viva almeno lei, a differenza di Rick.
    Il campanello suonò alle nove in punto. Il “ragazzo del bar” era puntuale, almeno.
    Kelly si affacciò alla finestra della cucina.
    «Scendo subito» gli urlò, chiedendosi cos’avrebbe pensato se avesse saputo che viveva in uno dei pochi palazzi ancora senza il citofono.
    «Non mi fai salire?» ribatté lui.
    Fu tentata di mandarlo a quel paese, ma si trattenne: andare giù subito era il modo migliore per dimostrargli che se pensava di portarsela a letto di sbagliava di grosso. Un conto era rinunciare al proposito di eterna vedovanza, ma ben diverso era concedersi a un perfetto sconosciuto che, per quanto ne sapeva lei, avrebbe potuto nascondere schiere di cadaveri nella propria cantina.
    Si fiondò giù dalle scale rischiando di inciampare sui tacchi.
    «È un piacere rivederti» la accolse lui.
    «Mi hai appena vista alla finestra» gli ricordò Kelly, seccata.
    «Già, ma eri lontana.» La fissò con attenzione. «Quel vestito ti sta bene.»
    Kelly finalmente sorrise.
    «L’ho ereditato da mia madre.»
    «Non sapevo che fosse morta.»
    «Non lo è, infatti» gli spiegò Kelly. «Sta girando il mondo insieme a un milionario di cui non ricordo il nome. Ormai non se ne faceva più niente dei suoi vecchi abiti economici e li ha lasciati a me.»
    «Tua madre ha buon gusto.»
    «In fatto di uomini?»
    «In fatto di vestiti a basso prezzo.» Le indicò un’auto scura e ammaccata. «Prendiamo la mia macchina?»
    Kelly si affrettò a rispondere: «Niente affatto.»
    Lui sorrise.
    «Beh, avrei dovuto immaginare che tu ne avessi una più bella e più nuova.»
    «In realtà il catorcio che mi ha lasciato mia madre quando se n’è andata si avvia a malapena, ma comunque non è mia intenzione andarmene in giro in macchina. Ho ancora l’uso delle gambe e suppongo anche tu, Ronnie.»
    Lui rimase a fissarla, come pietrificato.
    «R-Ronnie?» balbettò.


    Sistemo la seconda parte del capitolo e poi aggiungo anche quella. ^^ A breve dovrei avere fatto. :D
     
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