Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Parte conclusiva del capitolo 4.


    Ronnie spalancò gli occhi.
    Non era in mezzo alle fiamme, era lontano tre anni e decine e decine di chilometri da quell’auto che bruciava. Scostò il lenzuolo e accese la luce. La sveglia che teneva sul comodino sosteneva che mancassero ancora diversi minuti alle cinque del mattino.
    “Non è accaduto niente” cercò di convincersi.
    Era nell’appartamento che condivideva con Michel, ma ora lui non c’era e nella sua stanza dormivano Yuma e Heaven.
    “Va tutto bene” si disse, non credendo al pensiero che cercava di imporsi.
    Come poteva fingere che non ci fosse nulla che stesse andando per il verso sbagliato? Quell’incubo non era casuale, almeno in parte.
    Si sentiva avvolto in una morsa d’acciaio. Si alzò di scatto e andò in cucina. Aveva bisogno di bere un bicchiere d’acqua.
    Si accorse di Yuma in piedi, davanti alla finestra.
    Si girò verso di lui.
    «Non riuscivi a dormire?» le chiese, sforzandosi di essere gentile.
    «No» rispose lei. «I cambiamenti mi spaventano e mi fanno questo effetto.»
    «Ma sarà un cambiamento positivo, no? Tu vuoi salvare tua sorella.»
    Yuma annuì.
    «Sì, certo, ma temo che non sia così immediato.»
    «Ti aiuterò» la rassicurò Ronnie. «Farò tutto quello che mi chiederai.»
    Non era mai stato particolarmente arrendevole né tanto meno Yuma loi affascinava al punto tale da spingerlo a eseguire ogni suo ordine, ma per troppo tempo avevo temuto che la sua vita si fosse spenta quasi tre anni prima, la notte in cui Rick era morto. Semplicemente adesso ero felice che la sua esistenza avesse di nuovo uno scopo che non fosse soltanto quello di sforzarsi di dimenticare ciò che non avrebbe mai scordato davvero.
    Rick.
    Kelly.
    La sconosciuta.
    Michel.
    Yuma.
    Le fiamme.

    Le immagini dell’incubo che aveva fatto comparirono per un istante nella sua mente.
    «Tutto bene, Ronnie?» gli chiese Yuma.
    Ronnie la guardò.
    «Non lo so.»
    Abbassò lo sguardo.
    «È colpa mia?» gli domandò Yuma. «Forse non avrei dovuto coinvolgerti.»
    «Non è colpa tua» la rassicurò Ronnie. «Il problema è che tutti abbiamo degli scheletri nell’armadio, e questi minacciano di uscire allo scoperto, di tanto in tanto.»
    «Ma sono solo scheletri» ribatté Yuma. «Gli scheletri non parlano.»
    «E quindi?»
    «Tutto quello che è accaduto lo sappiamo solo noi. Tutto ciò che fa male, dobbiamo lasciarcelo alle spalle.»
    A Ronnie piaceva la sua filosofia ed era stato lungamente tentato di metterla in pratica. Ci sarebbe riuscito, se gli stessi scheletri, immobili nel loro armadio giorno dopo giorno, non avessero avuto il potere di tormentare le sue notti.
    «Ma non è il momento» borbottò Ronnie, anche se sapeva che un giorno avrebbe dovuto affrontare il passato e cercare una soluzione.
    Prese fuori dallo scolapiatti un bicchiere pulito.
    Yuma lo guardò con aria interrogativa.
    «Cosa dicevi?»
    «Niente, lascia stare» rispose Ronnie, riempiendo il bicchiere sotto al rubinetto del lavello. «Parlavo tra me e me, ma non era nulla d’importante.»
    Yuma sorrise.
    «Inventatene una migliore!»
    «Non...»
    Yuma interruppe sul nascere la sua obiezione: «Ehi, non ti sto chiedendo di mettermi a conoscenza di quello che ti passa per la testa! Hai dei segreti? Bene, sei libero di tenerteli stretti: se ti può consolare, anch’io ne ho!»
    Ronnie si sforzò di sorridere.
    «Dovrei sentirmi sollevato?»
    «Non lo so» rispose Yuma, seria. «Personalmente non mi ritengo pericolosa.»
    «Nemmeno io lo sono» puntualizzò Ronnie.
    Era davvero così? Se lo chiese e decise che, tutto sommato, non le aveva mentito: da sobrio non aveva mai messo in pericolo nessuno... e negli ultimi tre anni non aveva bevuto un solo sorso d’alcool.
    «Lo spero bene» ribatté Yuma. «Se così non dovesse essere, sarebbe una fregatura colossale!» Lo fissò, restando in silenzio per un attimo. «Non che non ci sia abituata, alle fregature colossali, ma se per una volta le cose andassero diversamente non mi dispiacerebbe affatto!»
    «Sarà tutto diverso» la rassicurò Ronnie. «Non so cosa ti sia successo, ma sono sicuro che adesso le cose cambieranno.»
    Yuma sorrise.
    «Anche per te.»
    «No, non...»
    Yuma lo interruppe: «Nemmeno io so cosa ti sia successo, ma sono sicura che, in un modo o nell’altro, tutto possa avere una soluzione. Dobbiamo solo avere il coraggio di accettare la realtà: a quel punto possiamo sforzarci di cambiare le cose.»
    Ronnie annuì.
    «Lo spero.»
    Le immagini del suo sogno, però, gli suggerivano il contrario e, se da un lato era convinto che essere tormentato da un’automobile in fiamme, da Kelly, da Rick e da una donna che non conosceva, ma che aveva incrociato lungo la sua strada, avesse un senso, dall’altro lato non riusciva a spiegarsi gli ultimi due elementi.
    Michel.
    Yuma.

    La sua nuova vita non aveva niente a che vedere con quella precedente: seppure lasciare Starlit Spring non fosse servito per attutire il suo senso di colpa, si era ormai lasciato quell’incidente alle spalle. Com’era possibile che Yuma, che lo osservava con quei suoi occhi così dolci e allo stesso tempo spaventati, potesse ritrovarsi ad avere a che fare con un passato che avrebbe dovuto essere sepolto?
     
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