Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Intanto pensavo, se non hai niente in contrario :D , di postare la prima parte del terzo capitolo. ^^



    Capitolo 3.
    Alle dieci della sera, cercando invano tra i canali televisivi un programma che gli interessasse, Ronnie si ritrovò a domandarsi se davvero Michel fosse partito per Dark River. C’era qualcosa di strano nella sua voce, tanto per un attimo si ero chiesto se fosse stato davvero sincero. Era un pensiero assurdo? Forse. Perché, in fin dei conti, il suo coinquilino avrebbe dovuto mentirgli?
    “Lo sai perfettamente” ricordò a se stesso. “Non dice mai tutto fino in fondo.”
    Il sospetto che Michel si occupasse di qualcosa di illecito c’era sempre stato, ma in certi momenti si intensificava, proprio come in quell’occasione. Non era da lui andarsene senza specificare quanto tempo sarebbe mancato, nonostante l’apparente disorganizzazione che condizionava la sua vita. Era questo il motivo per cui Ronnie sentiva il bisogno di vederci più chiaro.
    Spense il televisore.
    “Forse farei meglio a badare ai fatti miei, ma...”
    Si avviò verso la stanza di Michel. Se n’era già andato da più di un’ora, era in strada verso Dark River o qualche altra località che preferiva tenere segreta, non avrebbe mai saputo che si era spinto a dare un’occhiata.
    Spalancò la porta, che era socchiusa, e si guardò intorno. C’era più ordine del solito. Non che Michel fosse disordinato, anzi, non era certo il tipo che lasciava le cose in giro... “Ma indubbiamente stavolta è tutto sistemato a puntino.”
    Senza esitare Ronnie si diresse alla piccola scrivania collocata in un angolo della stanza, poco lontana dalla finestra. Sopra vi erano appoggiati alcuni libri e riviste, nonostante non avesse mai visto una sola volta Michel mentre leggeva. Diede un’occhiata ai titoli, senza ricavarne nulla di utile. Guardò la trama sulla quarta di copertina di uno dei libri, che gli parve piuttosto noiosa.
    “Non c’è niente qui” pensò, deciso ma non troppo.
    Fece per andarmene, ma si fermò di scatto.
    «Devo farlo» mormorò a mezza voce.
    Aprì il cassetto della scrivania, che non era chiuso a chiave, e diede un’occhiata al contenuto.
    La prima cosa che gli capitò tra le mani era una fotografia. Ritraeva Michel insieme alla sua ragazza. Fece per riporla nuovamente, ma qualcosa che non riuscì a identificare lo colpì. Per qualche ragione si ritrovò a ripensare a ciò che, più di ogni altra cosa, avrebbe voluto dimenticare: le immagini, ormai incancellabili, presero a susseguirsi, una dopo l’altra, come una condanna che non avrebbe mai avuto fine.
    Una donna sui quarant’anni.
    Lunghi capelli neri.
    Abito a fiori, scarpe coi tacchi alti.
    Correva, forse scappava.
    Tre uomini, in lontananza, ridevano e urlavano qualcosa di incomprensibile.
    Rick barcollava.
    Aveva bevuto troppo, e non era il solo.
    La sconosciuta, forse, vedeva in Rick una speranza.

    Ronnie si sforzò di scacciare quei ricordi, per evitare almeno di essere sopraffatto dal disprezzo per se stesso, mise da parte la fotografia e prese in mano l’agenda dalla copertina rossa che vi era collocata subito sotto. Una voce dentro di lui gli ripeté ancora una volta che avrebbe fatto meglio a non occuparsi degli affari altrui, ma come al solito evitò di ascoltarla. Iniziò a sfogliare l’agenda, scorrendo le pagine una dopo l’altra. Le annotazioni erano brevi e concise, difficilmente comprensibili, se non al loro stesso autore. Era palese che Michel non le avesse scritte con l’intento di farle leggere a qualcun altro, ma il non capire nulla lo irritava profondamente. Stava per rinunciare, ma decise di arrivare almeno all’ultima pagina contenente qualche nota.
    Ronnie rabbrividì per la sorpresa: c’era un indirizzo, scritto in modo perfettamente comprensibile, con tanto di codice di avviamento postale. Non era questo in sé che lo faceva rabbrividire, ma il nome della località: Starlit Spring.
    “E in cima alla pagina c’è la data di domani.”
    Era pazzesco: quell’indirizzo significava che la storia di Dark River era molto probabilmente un’invenzione di Michel.
    Ronnie si chiese perché il suo coinquilino avrebbe dovuto mentirgli. Si ripeté che Michel non sapeva niente del suo passato e che Starlit Spring per lui era un luogo come un altro... ma era davvero così?
    Si ritrovò a chiedersi chi fosse il ragazzo con cui condivideva l’appartamento e non riuscì a trovare una risposta, cosa che lo infastidiva: erano troppe, ultimamente, le domande alle quali non ers in grado di rispondere.
    Il campanello suonò all’improvviso, facendolo sobbalzare.
    “E adesso chi può essere?” si domandò.
    Erano le dieci passate, di solito nessuno si presentava a quell’ora, specie se Michel non era in casa: non era certo lui quello che riceveva visite agli orari più strani.
    Si avviò alla porta e guardò dallo spioncino: sul pianerottolo c’era una ragazza con occhi allungati dal taglio orientale.
    «Ronnie?» domandò lei, dall’esterno.
    Aprì.
    «Yuma?»
    Notò che indossava un giubbotto rosa. E se la ragazza che aveva visto quel giorno, sotto la pioggia a bordo di una bicicletta, fosse stata proprio lei?
    Notò sul pianerottolo una bambina che le somigliava, eccetto per i capelli chiari.
    «Possiamo entrare?» gli chiese Yuma.
    Ronnie annuì e si spostai per farle passare.
    «Certo, ma...» S’interruppe, imbarazzato. Possibile che non lo sapesse? «Michel non c’è.»
    «Lo so» confermò Yuma.
    «Ma non è al lavoro» obiettò Ronnie. «È partito per Dark River e non so quando torna.»
    Yuma sorrise.
    «Dark River, come no. Poteva inventarsene una migliore.»
    «Vuoi dire che non è andato veramente là?» le chiese Ronnie, che desiderava come non mai una conferma. «Che cosa te lo fa pensare?»
    «Non credo proprio che tornerebbe mai nella città in cui vive la sua famiglia» rispose Yuma. «Non è in buoni rapporti con i suoi genitori.»
    «Questo lo so.»
    Ronnie la guardò con aria interrogativa, come a domandarle perché lei e la bambina – probabilmente sua sorella: una volta Michel mi aveva accennato a una bambina in cui si univano sinuosamente i tratti orientali della madre con quelli occidentali del padre – si fossero presentate alla loro porta, pur sapendo che non avrebbero trovato Michel.
    «Michel è partito proprio nel momento sbagliato» osservò Yuma, come leggendogli nella mente. «Io e Heaven abbiamo bisogno di aiuto.»
    «Sì, ma Michel non c’è, appunto» ribadì Ronnie. «Io non so dirti quando torna.»
    Yuma lo guardò con occhi carichi di speranza.
    «Non ti sto chiedendo di dirmi quando tornerà, ma ti sto invocando di aiutarci. Heaven ha solo undici anni e non voglio che abbia una vita di merda come l’ho avuta io.»

    Edited by »Milù Sunshine» - 24/5/2013, 15:51
     
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