Luce in frantumi

Drammatico

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  1. HypnoticPoison
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    Perchè ci metti più ansia Gabriel ? Il nostro ziooooooo :( attendiamo :)
     
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    @Milù: non posso darti quello di Jason, mi dispiace... capirai perchè nel prossimo capitolo!

    Rinuncio a zio Jason... in cambio del prossimo capitolo! u.u Mi sembra uno scambio più che equo. :D
     
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  3. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (HypnoticPoison @ 14/7/2013, 13:57)
    Perchè ci metti più ansia Gabriel ? Il nostro ziooooooo :( attendiamo :)

    E lo so, abbiate pazienza... purtroppo non è stata una settimana semplice... e anche quella di oggi non si prospetta meglio... speriamo bene...

    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 14/7/2013, 15:59) 
    CITAZIONE
    @Milù: non posso darti quello di Jason, mi dispiace... capirai perchè nel prossimo capitolo!

    Rinuncio a zio Jason... in cambio del prossimo capitolo! u.u Mi sembra uno scambio più che equo. :D

    OK! Spero di poter aggiornare prestissimo! ^_^
     
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    Capisco. Rimango in attesa, ma non ti metto fretta. ^^
     
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  5. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 15/7/2013, 22:59) 
    Capisco. Rimango in attesa, ma non ti metto fretta. ^^

    Grazie! In questo momento poi... :(
     
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  6. GÆBRIEL
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    CAPITOLO 5

    Misi a fuoco l’immagine che avevo davanti. Blaze cercava in tutti i modi di farmi riprendere.
    “Luce! Finalmente ti sei risvegliato!” disse lei respirando profondamente. “Che paura! E’ da qualche minuto buono che ti chiamo!”
    Mi osservai intorno, mi trovavo ancora vicino al cassettone della spazzatura. Ero spaesato e confuso.
    Poi guardai lei, stranamente non mi fece nessun effetto; forse non volevo mi squadrasse in questo stato. Non potevo vedermi, certo, ma sentivo il mio corpo, lo sentivo bruciare da dentro. Era una sensazione schifosa da descrivere.
    “Dai, aiutami a tirarti su. Ti porto in ospedale.” Propose e si chinò ad aiutarmi.
    Cominciai a tremare di nuovo, scuotendo la testa: “No... portami a casa.” Balbettai infine.
    “Ma sei ferito! Devi curarti!” strillò mentre mi appoggiavo a lei. “Ci vuole un medico, credimi.”
    Continuai a far cenno di no con la testa e piansi.
    “Luce... e va bene, ti accompagno a casa.” Concluse assecondandomi, poi mi aiutò a sistemarmi nella sua auto; nonostante le fitte fossero atroci, strinsi i denti e cercai di resistere.
    “Cosa è successo? Ti va di parlarne?” chiese lei durante il tragitto.
    Non risposi. Non riuscivo a parlare.
    “Va bene. Ho capito. Ma sai almeno chi è stato? Cioè l’hai visto?” domandò preoccupata.
    Feci cenno di no con la testa, non potevo dirle la verità. “Non lo so...” dissi infine trattenendomi le lacrime. Non parlammo più. Io mi rannicchiai nel sedile cercando di non pensare, ma mi fu difficile.
    Pochi minuti dopo, lei fermò il motore dell’auto di fronte a casa mia, mi guardò e mi sfiorò con la sua mano. Sussultai al tocco.
    “Ehi! Va tutto bene. Sei a casa adesso.” Era confusa anche lei. La osservai un attimo per scusarmi, poi aprii la portiera e mi apprestai a scendere. Nel frattempo venne ad aiutarmi.
    Mi appoggiai nuovamente a Blaze e quando arrivammo al portone di casa, cercai le chiavi che non trovai, -sicuramente le avevo perse durante...- pensai, e suonai il campanello.
    Mia madre venne ad aprire.
    “Lu... ” esordì lei. “O mio dio, cosa è successo?” strillò guardandomi.
    “Credo sia stato picchiato.” Rispose Blaze. “L’ho trovato in queste condizioni vicino un cassettone dell’immondizia.” Spiegò.
    Mia madre mi prese con se e la ringraziò, voleva mandarla via, ma Blaze non se ne andò, e ne fui grato.
    Entrambe mi aiutarono ad accomodarmi sul divano e ricominciai a tremare. Guardai Blaze, e mi fece uno strano effetto, il suo vestitino beige era macchiato del mio sangue, e mi vergognai come un ladro. Così iniziai a fissare l’orologio e le sue lancette che non smettevano di correre. Mi resi conto che ero in ritardo di quasi tre ore. Non sapevo esattamente cosa sarebbe successo, ma pregai perché non mi accadesse più nulla. Almeno per oggi.
    Sentivo parlare mia madre e Blaze sulle circostanze dell’accaduto, Blaze ripeteva a mia madre che avrebbero dovuto portarmi in ospedale e mia madre le diceva che non c’era bisogno, che lei si sarebbe presa cura di me. Io rimasi impassibile e continuai a guardare l’orologio.
    Improvvisamente mio padre entrò nel salotto e mi guardò furente, dietro di lui Nathan.
    Ero terrorizzato alla sua vista e iniziai a sudare freddo. Cercai di concentrarmi sull’orologio, ma non ci riuscii. La sua presenza mi soffocava.

    “Ho le prove, lo sai?” mi urlò mio padre.
    Iniziai a respirare nuovamente a fatica, evitai di guardarlo spostando lo sguardo dall’orologio al pavimento.
    Improvvisamente uno schiaffo mi colpì il volto e io chiusi gli occhi, sapevo esattamente come sarebbe andata a finire. Consapevolmente mi preparai al peggio.
    “Lei è un pazzo!” intervenne urlando Blaze, mettendosi tra me e mio padre. Io spalancai gli occhi, sorpreso. “Non vede che non si regge in piedi! E’ stato già picchiato brutalmente, non si ci aggiunga anche lei!” continuò imperterrita.
    “Senti ragazzina, non sono cose che ti riguardano! Fatti da parte!” urlò mio padre cercando di spostare Blaze.
    “Non osi toccarmi!” ringhiò lei. “Mio padre lo verrà a sapere e allora per lei sarà la fine! Non le conviene!”
    Mio padre la lasciò andare. Le parole di Blaze gli penetrarono sino alle ossa. Se Blaze parlava con suo padre, mio padre non avrebbe avuto vita facile. Mi guardò un attimo poi girò i tacchi e fece per andarsene.
    “Blaze, che fai? Difendi i gay adesso?” le domandò mio fratello con sarcasmo.
    Blaze lo guardò torva. Era turbata e lo credevo bene. Mi ero dichiarato a lei, sapeva benissimo che mi piacevano le donne e non gli uomini. Poi, scoppiò a ridere.
    Io la guardai confuso e lo stesso fece la mia famiglia.
    “Che hai da ridere?” domandò alla fine mio fratello.
    “Scusa, ma chi ti ha detto che Luce è gay? Questa è la stronzata più colossale che abbia mai sentito.” Disse ridendosela sotto i baffi. La guardai e sorrisi tra me. Era davvero il mio angelo.
    “Guarda che ho un video che lo dimostra...” Nathan non si arrese. “E lui stesso ad affermarlo, vero?” domandò rivolgendosi a me. Io rabbrividii al solo scambio di sguardi. Non sapevo cosa rispondergli, non sapevo come l’avrebbe presa Nathan. Decisi, quindi, di non rispondere e guardai Blaze.
    “Ma davvero? Voglio vederlo!” lo incalzò lei.
    Nathan estrasse dalla tasca dei suoi jeans il suo cellulare e mostrò a Blaze solo la parte in cui affermai che ero gay.
    Blaze era sgomenta, potevo avvertire questa sua sensazione. “Chi te lo ha inviato?” chiese perplessa a Nathan.
    “Ha importanza?”
    “Certo! Non hai pensato che chi ti ha inviato il video potesse essere la stessa persona che ha massacrato tuo fratello?”
    Blaze era più confusa di quanto volesse far credere. Io mi tirai su, ma ogni parte del corpo mi bruciò. Era come se il mio corpo fosse pervaso dalle fiamme in modo perenne. Ripensai a tutto ciò che era successo, non potevo credere di essere arrivato a questo punto. Chiunque avesse visto quel video non l’avrebbe visto come un abuso, e io non sarei riuscito a sopportare tutto questo. E la cosa più triste era che non avevo punti di riferimento, non potevo parlarne con nessuno. Non potevo raccontarlo a Blaze, Santiago era troppo importante per lei e io non potevo fargli un torto del genere. Non potevo raccontarlo alla mia famiglia, non mi avrebbe creduto. E non potevo raccontarlo a Jason non potevo sapere come l’avrebbe presa. Non sapevo se avrebbe scatenato l’inferno. Avrei dovuto tenermi tutto dentro. Ma fin quando avrei resistito?

    Mi sentii scoppiare la testa e barcollai. Ero troppo debole. Ero troppo spossato. Avevo bisogno di non pensare più a nulla, di non sentirmi così... sporco. Così decisi, avrei fatto una doccia.
    Feci qualche passo per andare verso il bagno, ma delle potenti vertigini non mi permisero di muovermi. Misi le mani in testa e ricominciai a respirare a fatica. Il dolore aveva creato una voragine dentro di me che non riuscivo più a controllare, poi caddi a terra, stremato.

    Aprii gli occhi con difficoltà dopo non so quanto tempo. Mia madre e Blaze non la smettevano di chiamarmi. Ma io, mi sentivo bene solo quando chiudevo gli occhi. Ero trascinato via da una realtà troppo difficile da affrontare.
    “Secondo me dovremmo farlo controllare... dovremmo portarlo all’ospedale” sentii dire a Blaze.
    “Sto bene!” esordii io cercando di alzarmi, ma mia madre me lo impedì.
    “Sei troppo debilitato, devi riposare.” Mi guardò con compassione.
    Io però odiavo essere compatito e, perciò, mi alzai. Non mi fu facile, tuttavia ci riuscii.
    Ad un tratto il telefono di Blaze trillò. Era Santiago. Mi dissi che non m’importava nulla e andai in bagno come avevo prestabilito in precedenza. Poi fu il mio telefono a vibrare. Lo estrassi dalla tasca dei pantaloni; il display era distrutto ma ci si leggeva ancora. Jason. Chiusi la porta del bagno a chiave e con un respiro profondo risposi: “Pronto.”
    “Mi spieghi che è sta merda?” Sapevo di cosa stesse parlando ma non volevo affrontarlo.
    “Che cosa?” gli domandai con falsa curiosità.
    “Non provarci nemmeno!” disse adirato.
    “Non so di cosa tu stia parlando!” esclamai.
    “Sto perdendo la pazienza. Che ne pensi se ti mandassi a fanculo?” era irritato. “Sto parlando di un certo video che ho ricevuto per e-mail pochi minuti fa.”
    Non potevo più nascondermi. Dovevo affrontarlo, ma non ne avevo il coraggio. Restai zitto.
    Jason sbuffò. “Vorrei delle spiegazioni. Adesso!”
    “E va bene, Jason.” Acconsentii io. “Ma la verità non ti piacerà.”
    “Che verità? Che ti piace essere inculato?”
    Alla sua domanda la mente mi si riempii delle immagini della violenza che avevo subito. Non riuscii a trattenere le lacrime e mi trascinai a terra. Come avrei fatto a dire a Jason che mio fratello e i suoi amici avevano abusato di me? Ma soprattutto: mi avrebbe creduto? O avrebbe creduto a quel video, che a quanto avevo capito, era stato montato a puntino in modo che non si capisse che era uno stupro?
    “Jason...” riuscii a dire.
    “La verità, Luce! La verità.”
    “Ti dirò tutto, ma non adesso. Sono troppo stanco.” Dissi appena in un sussurro.
    “Ok, va bene. Domani pomeriggio vengo io, e non provare a dirmi di no.”
    “Sì.” Risposi, poi lui riattaccò.
    Gettai il telefono a terra e rimasi ad ascoltare il rumore delle mie lacrime per un tempo indefinito. Il dolore che avevo dentro era sempre più violento, brutale. Volevo gridare, ma non ci riuscivo. Mi sentivo davvero perso e mi sentivo solo come non mai.
    Improvvisamente sentii sbattere la porta d’ingresso. Blaze se n’era andata. Chissà cosa pensava di me, dopo aver visto il video. Non avevo neanche ascoltato cosa si erano detti lei e mio fratello. Ma non m’importava. Loro non stavano male, loro non bramavano la morte come la desideravo io. Ero io quello sbagliato. Ero io quello a cui dare sempre la colpa. E no, non ce la facevo più. Non avrei sopportato anche questa situazione.
    Mi alzai dal mio angolino e mi spogliai con sforzo. Guardai il riflesso di me stesso allo specchio e mi vergognai. Ero nauseato e mi facevo ribrezzo. Andai verso la doccia e feci scorrere l’acqua su di me. L’acqua scorreva incessante ma nonostante tutto non riuscivo a togliermi quel sudiciume che avevo addosso.
    Pregai silenziosamente ma non mi fu d’aiuto. Dovevo reagire e così feci.
    Uscì dal bagno e andai verso la mia stanza. Mi rivestii, mi gettai sul letto e non pensai più a niente. Volevo solo un attimo di pace. Chiusi gli occhi e mi addormentai.

    Era buio. Intorno a me vedevo muri graffiati e rovinati, logorati dal tempo e da qualche bomboletta spray rossa. Non c’era nessuno. Sentivo miei respiri diventare sempre più rumorosi. E poi non riuscivo a muovermi. Ero stato legato, imprigionato da catene. Cercai di liberarmi ma le catene erano troppo pesanti. Non riuscivo nemmeno a sollevarle. Ci provai e ci riprovai, ma nulla. Ero stremato. Mi buttai a terra. Ad un tratto vidi un bagliore provenire da una finestra del palazzo che mi circondava. Mi avvicinai a fatica e sbirciai dentro quella stanza. Una donna bellissima cantava una ninna nanna al neonato che aveva in braccio. La televisione dietro di lei era accesa, riuscii a intravedere le immagini de Il Re Leone.
    “Dormi Luce, dormi.”
    Al solo sentire il mio nome indietreggiai velocemente. Cercai di scappare lontano, ma quelle catene me lo impedirono.
    Gridai.
    Da lontano sei figure si avvicinavano a me. Mi spaventai e cercai ancora una volta di liberarmi.
    Loro si scaraventarono su di me. Mi picchiarono, mi presero a bastonate, mi violentarono, ancora una volta.
    Gridai ancora, ma stavolta non uscì alcun suono.
    “Dormi Luce, dormi.” La voce di quella donna mi rimbombava in testa.
    Aiuto.
    Basta.
    Non ce la faccio più.
    Mi guardai intorno, di nuovo. I muri erano imbrattati dagli schizzi di un liquido rosso. Mi osservai: ero nudo a terra, tremante in una pozza di sangue.
    Basta.
    “Dormi Luce, dormi.”
    Urlo, senza voce.


    “Lu… svegliati! E’ solo un incubo! Apri gli occhi!”
    Sobbalzai dal letto respirando affannosamente e delle gocce di sudore scivolarono dalla fronte.
    Guardai al lato del letto. Mia madre mi guardava sconvolta.
    “Va tutto bene?” domandò.
    Ero ancora turbato, ma decisi di non farle capire nulla. Le feci cenno di si con la testa e andai in bagno a sciacquarmi il viso.
    Non posso continuare così. Mi dissi allo specchio.
    Quando tornai in camera mia, trovai mia madre seduta sul letto.
    “Cosa c’è che non va?”
    “E’ tutto ok.” Mentii.
    “Non è vero. Ieri è successo qualcosa... sei strano. Vuoi parlarmene?” chiese a testa bassa, forse sapeva di camminare su un terreno minato.
    “Strano io? Ma sentila! Parla colei che non mi ha mai rivolto la parola in diciotto anni di vita! La strana sei tu!” dissi tutto d’un fiato.
    Non volevo essere scortese, ma delle false carinerie ero stanco.
    “Hai ragione. Mi dispiace.”
    “Non provarci.” Tagliai corto.
    “Un giorno forse capirai.” Mi disse e poi si alzò dal letto pronta ad andarsene.
    “Capirò cosa?” le chiesi. “Gli abusi? Le violenze? Le pugnalate e i tradimenti? Dimmelo cosa capirò, adesso.”
    “Non posso. L’ho promesso. Un giorno, forse.” E se ne andò.
    Guardai la porta chiudersi. Scossi la testa. Quella era di certo la conversazione più strana che avevo avuto con mia madre in tutta la mia vita. Ero frastornato.
    Improvvisamente mi venne in testa l’immagine della donna del sogno.
    Dormi Luce, dormi. Chi era quella donna? Ma soprattutto, cosa centrava con me?

    Mi risvegliai qualche ora dopo, ero stato chiamato da mia madre; mio padre le aveva detto che dovevo andare a scuola. Se fosse stato per me non ci sarei andato, mi sentivo malissimo al solo pensiero di incrociare gli sguardi dei miei compagni che al novanta per cento avevano ricevuto il video; però dovevo andarci, non potevo trasgredire una delle infinitesimali regole di mio padre. Dovevo ancora affrontare il confronto, che avrei volentieri evitato, e disobbedire a questo sarebbe stata la mia condanna; non che non ne fossi felice ma non mi andava di essere toccato, almeno per il momento. Dovevo fare un’analisi di coscienza all’interno di me e avevo bisogno di un po’ di pace. Quindi mi vestii, preparai il mio zaino e scesi le scale. Passai dalla cucina in cui la mia famiglia, o quello che era, stava facendo colazione.
    “Io vado a scuola.” Dissi ad alta voce prima di aprire il portone d’ingresso. Mi voltai un’instante e incrociai lo sguardo di mia madre.
    “Non mangi qualcosa?” mi chiese con falso interesse.
    “No, non ho fame.”
    Mentivo, ma non del tutto. Non mangiavo dal mezzogiorno di ieri, ma non m’importava. Con un gesto repentino li salutai e chiusi la porta alle mie spalle.
    E adesso mi toccava affrontare il mondo. Non so se ci sarei riuscito ma al momento dovevo trovare la forza necessaria per andare avanti.
    Camminai a passo svelto sino a che non arrivai a scuola. Era ancora presto e non c’era quasi nessuno, entrai nella mia classe e mi guardai intorno. Non era cambiato nulla dal giorno precedente.
    Ripesai a ciò che avevo vissuto e dei brividi violenti mi percossero il corpo. Chiusi gli occhi.
    Volevo scappare, andarmene via lontano, ma ero sicuro che mi avrebbero trovato e mio padre me l’avrebbe fatta pagare cara.
    Superato quel momento andai a sedermi al mio solito posto, pensando a tutto ma anche a niente e mi resi conto di essere davvero solo. Anche zio Jason era lontano e, per quanto mi sforzassi, non riuscivo a raggiungerlo.
    “Luce!” mi sentii chiamare e mi voltai verso l’entrata.“Ma che ci fai qui? Dovresti essere a casa a riposare!” Blaze stava camminando verso di me. Vederla non mi fece né caldo né freddo, quindi ripresi a fissare il niente senza risponderle. Lei però non demorse, prese una sedia e si sedette vicino a me.
    “Allora? Come stai?” domandò preoccupata.
    “Davvero ti interessa saperlo?” Chiesi senza espressione. Avevo lo sguardo perso nel vuoto e non intendevo affrontare la realtà.
    Lei sbuffò. “Guarda che sono stata io a trovarti in un lago di sangue...”
    -Avresti dovuto lasciarmi lì- pensai ma non lo dissi, preferii deviare il discorso; mi faceva ancora troppo male. “Non credo che siano affari tuoi.” La interruppi.
    “Non so cosa mi trattiene nel darti un ceffone! Sei uno stupido!” disse adirata.
    Scrollai le spalle. Non mi andava di parlare, nemmeno con lei.
    “Sto bene! Non preoccuparti per me! Torna dal tuo fidanzato!” tagliai corto.
    “Ma tu guarda! Una cerca di aiutarlo e lui se ne frega... sai che ti dico? Me ne vado! ” disse sbuffando. “Va al diavolo!” E corse via lasciandomi nuovamente solo.
    Non volevo essere sgarbato con lei, ma non volevo sentire nulla, nemmeno la sua voce che un tempo, neanche troppo lontano, era melodia per me; ora tutto era stato infangato, ogni cosa, anche il mio amore per lei, mi sentivo marcio dentro, ero in frantumi e non c’era niente che potesse rimettere tutto a posto.
    Abbassai la testa e passai la mano sui miei capelli. Mi resi conto che non sentivo nemmeno più il bruciore delle mie ferite, forse era passato, o forse il dolore che sentivo dentro era più forte da cancellare quello fisico; non c’era nulla di certo, ma una cosa era sicura, mai come adesso volevo farla finita una volta per tutte... dovevo solo trovare quei due minuti di coraggio per riuscire nel mio intento; solo due minuti e finalmente sarei stato libero da ogni tipo di dolore.

    La campanella che trillava si insinuò nella mia mente portandomi alla realtà. Mi ero sorbito due ore di storia contemporanea senza che ricordassi nulla di ciò che aveva spiegato la professoressa. Aveva cercato di riportarmi alla sua presenza, ad un certo punto della lezione, distogliendomi dai miei pensieri con la sua voce stridula da vecchia zitella quarantenne, ma io ovviamente non le diedi corda e lei finì per scrivere una nota nel registro borbottando di quanto fossi ineducato. Non che importava molto ma ad un tratto mi venne da sorridere. La vedevo lì, seduta, con quelle piume di struzzo in mezzo ai capelli biondi tinti, il vestito maculato e una borsa di finta pelle di coccodrillo; aveva inoltre strani modi di fare e voce acuta da far rabbrividire chiunque e poi era anche acida, persino più acida di una spremuta di lime senza zucchero.
    Quando le sue due ore finirono se ne andò barcollando nei suoi tacchi a spillo; le sue maniere mi avevano fatto sorridere, anche se avevo rimediato una nota nel registro. Ma poco importava. La mia vita era al termine e non avrei cambiato idea. Magari sarei morto con la sua immagine nella mia mente. O magari no. Perché l’immagine di Blaze si face avanti senza che io potessi fare nulla. L’amavo certo, più di me stesso, ma ciò che mi era accaduto aveva infangato tutto. Non c’era motivo perché continuassi ad amarla.
    Guardai l’orologio appeso alla parete sopra alla lavagna; segnava l’orario della ricreazione. Non volevo rimanere in classe così mi alzai dalla sedia in cui ero seduto e andai verso il cortile della scuola. Volevo cercare un po’ di pace. Camminai a testa bassa cercando di evitare gli sguardi inquisitori dei miei compagni e raggiunsi il mio solito angolino isolato da tutto e da tutti e mi appoggiai al muro trascinandomi giù lentamente chiudendo gli occhi.
    Respirai profondamente e cercai di piangere ma non ci riuscii, le lacrime le avevo finite.
    Non c’è rimasto nulla da salvare. Dissi a me stesso guardando il cielo. Non sarebbe cambiato niente. La mia assenza non sarebbe stata notata, o probabilmente non lo credevo possibile. Lei non avrebbe pianto per la mia mancanza, lo sapevo; mi avrebbe dimenticato, o quasi certamente non mi avrebbe nemmeno ricordato.
    Mi girai a guardare il mondo fuori dal mio angolino e fissai i loro sorrisi e i loro schiamazzi. Mi sentii più solo che mai e una sensazione di soffocamento mi pervase.
    Volevo scappare via, andare via lontano, ma mi sarei accontentato di tornare a casa al momento. Improvvisamente mi alzai e mi diressi, quasi correndo, verso l’uscita della scuola; ma Nathan si accorse delle mie intenzioni e mi bloccò.
    “Dove credi di andare?” mi chiese con superiorità.
    Io lo guardai, e poi guardai i suoi amici che ridevano e parlottavano fra loro. Non vidi Santiago.
    “Allora?” urlò.
    “Fatti i cazzi tuoi!” risposi senza pensarci troppo. Ero stanco dei suoi abusi.
    “Se esci da questo cancello, papà lo verrà a sapere. Sei avvertito!” mi ricattò.
    Io lo guardai con non so quale sentimento, se di odio o rabbia, e feci per andarmene senza rispondere a Nathan.
    “Sai, è piaciuta a tutti la tua performance!” mi provocò.
    Io cercai di trattenermi, ma non ce la feci, mi girai verso di lui e guardandolo negli occhi, scoppiai. “Se la cosa ti fa sentire un uomo adulto e maturo, allora va e dì a tutti i tuoi amici, e perché no, giacché ci siamo anche al mondo intero, che io non sono altro che un gay, un frocio di merda di cui abusare. Ma ricorda sempre queste mie parole: un giorno, e neanche troppo lontano, io mi scorderò di te e di tutti coloro che mi hanno fatto del male; ma tu, spero che annegherai nel mio dolore, già da tempo perduto, per sempre... perché alla fine, tu, non potrai mai lavare il mio sangue dalle tue mani, mai!”
    Nathan non rispose e distolse lo sguardo. Io uscii dal cancello della scuola a testa alta e mi incamminai verso casa.
    La sensazione era questa: quella di un ragazzo che condannato a morte si avvicina sempre più al patibolo.

    Fine 5° capitolo

    Al solito consigli ben accetti! ;)
     
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    Questo finale di capitolo mi sembra mooooolto interessante! :woot:

    *Modalità congetture: ON*

    Non mi è ben chiaro, almeno non al cento per cento, cos'abbia in mente il protagonista... da quello che dice sulla sua morte imminente, ho l'impressione che stia per tentare il suicidio...
    Queste parole, rivolte a Nathan:
    CITAZIONE
    ma tu, spero che annegherai nel mio dolore, già da tempo perduto, per sempre... perché alla fine, tu, non potrai mai lavare il mio sangue dalle tue mani, mai!”

    però mi fanno riflettere... E se volesse sì tentare il suicidio, ma fare in modo che sembri un omicidio commesso proprio da Nathan o comunque dalla loro famiglia? :blink:

    *Modalità congetture: OFF*

    Sono felicissima che tu abbia aggiornato! *-* Spero che il prossimo capitolo arriverà presto! *___*
     
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 20/7/2013, 17:17) 
    Questo finale di capitolo mi sembra mooooolto interessante! :woot:

    *Modalità congetture: ON*

    Non mi è ben chiaro, almeno non al cento per cento, cos'abbia in mente il protagonista... da quello che dice sulla sua morte imminente, ho l'impressione che stia per tentare il suicidio...
    Queste parole, rivolte a Nathan:
    CITAZIONE
    ma tu, spero che annegherai nel mio dolore, già da tempo perduto, per sempre... perché alla fine, tu, non potrai mai lavare il mio sangue dalle tue mani, mai!”

    però mi fanno riflettere... E se volesse sì tentare il suicidio, ma fare in modo che sembri un omicidio commesso proprio da Nathan o comunque dalla loro famiglia? :blink:

    *Modalità congetture: OFF*

    Sono felicissima che tu abbia aggiornato! *-* Spero che il prossimo capitolo arriverà presto! *___*

    Grazieeee!

    Congetture interessanti, ma io ho la bocca cucita! :D

    Il 6° capitolo l'ho iniziato a scrivere, e tieniti pronta perchè è quello in cui il nuovo personaggio fa la sua prima apparizione! ;)
     
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    Il 6° capitolo l'ho iniziato a scrivere, e tieniti pronta perchè è quello in cui il nuovo personaggio fa la sua prima apparizione!

    Beneeee! *-*
    Non vedo l'ora di conoscerlo, questo nuovo personaggio. u.u
     
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  10. GÆBRIEL
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    CAPITOLO 6 parte 1

    Amore mio, Blaze,
    questa che stai leggendo, non è un’inutile confessione e non è nemmeno un monologo... non avere paura di questa lettera, ma se puoi leggila tutta, ti prego, trova il coraggio e non fermarti.
    Tu non mi conosci ancora, tu non sai nulla di me, ma non ti scrivo per questo, non ti scrivo per raccontarti la mia vita; ti scrivo solo perché tu capisca e comprenda le mie decisioni.
    Sono arrivato al punto di odiare la mia vita, e credimi, questa non vuole essere la solita frase di circostanza che direbbe qualcuno che magari si è stancato di lavorare in quell’azienda o di un ragazzino che odia la sua vita solo perché papà non sgancia i soldi per uscire il sabato sera; no, il mio odiare la vita, vuole essere un grido silenzioso per tutto ciò che ho sopportato dal giorno maledetto in cui sono nato.
    Ho imparato a trattenere le cose che voglio dire, ho imparato a non emettere alcun suono, a non essere notato quando il mio corpo viene fatto a pezzi; ho imparato la difficile strada del chiudere la bocca e sorridere quando dentro mi sento come morire; ho imparato ad aggiustarmi da solo quando ero in frantumi... ho imparato tutto e praticamente niente...
    E no, non ce la faccio più.
    L’altro giorno mi hai raccolto dalla strada e mi hai portato a casa... se questi muri potessero parlare credo che avrebbero così tanto da raccontarti, ma forse è meglio che tu rimanga all’oscuro, non è giusto infangare anche te, perché ogni volta che “succede” gli sfregi guariscono, ma le cicatrici restano sempre in fondo all’anima e so che non andranno mai via... e non voglio per nulla al mondo condividerle questo con te... queste sono ferite solo mie.
    E allora ti chiederai il perché di questa lettera, non lo nemmeno io perché ti scrivo, so solo quello che avverrà dopo.
    Sto urlando da troppo tempo ma nessuno mi sente, e ora sto cadendo sempre più nel mio baratro.
    C’è solo odio qui, ci sono solo lacrime, c’è solo il dolore vero, ci sono solo bugie, c’è solo paura.
    Sono a pezzi, e ripeto non lo sopporto più... son troppo perso per continuare a vivere. Le mie ferite chiedono la morte, non c’è più nemmeno speranza.
    Ho vissuto tante situazioni difficili ma ora nessuno potrà intrappolarmi.
    Sono odiato da tutti ma non m’importa più... tu sei la sola, l’unica che amo davvero e se non posso averti, non posso più vivere, e mi dispiace.
    Ho sognato di noi due insieme, ma era solo un sogno.
    Tutto è stato rovinato. Mi hanno rovinato. Hanno rovinato la mia vita proprio quando stava per cambiare, non ci speravo, ma tu mi hai parlato, hai saputo che io esistevo, hai saputo che io ti amavo; e anche se non ho mai avuto una risposta, so che tu non potrai mai ricambiare i miei sentimenti. Ma non è colpa di nessuno o forse è colpa di tutti. Non lo so, ho solo tanta confusione adesso.
    Ma ora finalmente decido io. Decido tutto. Il giorno, l’ora i minuti e persino i secondi, quel momento in cui accadrà tutto.
    Io non ho paura di morire, anzi, lo vivo come una magia. Ti direi che sto bene, ma mentirei, sono tempestato da dubbi, rancori, ricordi e lacrime e ci sto affogando. Ma forse dopo finalmente troverò pace.
    Blaze, so che adesso probabilmente piangerai, ma ti prego ti non farlo; credimi, la soluzione migliore per me, adesso, è andarmene via per sempre e vorrei che tu mi salutassi per l'ultima volta rivolgendomi un applauso, quell’applauso che non ho mai ricevuto.
    Poi se vuoi, portami pure quel fiore raccolto per strada, forse riuscirà a dare un senso a quel marmo freddo e al nome inciso su di esso. Non so se lo farai, ma ti autorizzo a dimenticarmi se vuoi, d’altronde sono abituato a essere “dimenticato”.
    Io sono stanco di vivere, sono stanco delle oppressioni. C’ho provato a volare ma a furia di cercare di riuscire volare, mi si sono spezzate le ali.
    Magari ti chiederai il perché prendo questa decisione, ma credimi, non è avventata, c’ho riflettuto molto e per tanto tempo.
    E adesso non so nemmeno il perché parlo con te. Forse perché sei l’unica persona che amo.
    Ti chiedo però, se puoi, di farmi un favore, va da Jason, lui ti racconterà tutto, se vuoi sapere. Lui è l’unico a sapere tutto della mia vita. Lui è l’unico che può raccontarti di me. Non chiedere di me alla mia famiglia, ti diranno solo bugie. Credi a Jason, va da lui, se vuoi risposte.
    Io non posso dartele, il mio tempo sta per scadere.
    Blaze non posso dirti adesso che ti amo, perché sono convinto che per amare bisogna vivere, però sappi che mentre ero in vita ti amavo e forse continuerò ad amarti pure dall’aldilà e ricordati che ci sarà sempre un posto per te nel cuore della mia anima. Io non ti scorderò mai.
    Addio,
    Luce
     
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    Che bella lettera! *-* Anche se mooolto triste.
    Adesso però sono curiosa. u.u Dato che Luce sopravviverà, presumo, se no finirebbe il romanzo XD, qualcosa dovrà accadere per forza, per cambiare la situazione! :woot:
     
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  12. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 24/7/2013, 00:47) 
    Che bella lettera! *-* Anche se mooolto triste.
    Adesso però sono curiosa. u.u Dato che Luce sopravviverà, presumo, se no finirebbe il romanzo XD, qualcosa dovrà accadere per forza, per cambiare la situazione! :woot:

    Beh è abbastanza ovvio che sopravviverà! :lol:
    Però non ti dico come si evolvono le cose; sto ancora scrivendo quindi lo saprai presto! ;)
     
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    Però non ti dico come si evolvono le cose;

    Questo era sottinteso! u.u
     
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  14. GÆBRIEL
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    CAPITOLO 6 parte 2

    Guardai la lettera intensamente, successivamente la chiusi dentro una busta e sopra ci scrissi “Blaze”. Infine la sistemai in mezzo al quaderno che tenevo dentro il cassetto della mia scrivania. Non sapevo se Blaze l’avrebbe mai trovata, ma ci speravo.
    Adesso non mi restava che salutare zio Jason. Non sapevo come l’avrebbe presa ma per quanto mi dispiacesse non c’era più posto per me in questa vita; quindi presi il mio cellulare col display rotto e composi il suo numero.
    “Luce?” Rispose lui alla mia chiamata.
    “Sì, sono io.”
    “Che succede?” Chiese lui apparentemente calmo. “Non dovevamo vederci oggi pomeriggio? Ti ricordo che devi ancora raccontarmi un paio di cosette.”
    “Hai ragione, ma prima voglio parlarti.” La frase giusta sarebbe stata -Hai ragione, ma voglio salutarti.- ma la evitai.
    “Va bene. Dimmi tutto.” Si incuriosì.
    “E’ difficile dire certe cose, ma sai che c’è? Che mi sono accorto che niente può fermare le mie lacrime, tranne le mie stesse mani...”
    “Non capisco dove tu voglia andare a parare con questa frase, spero solo che tu non abbia ancora in mente quell’idea.” Capii subito a cosa si riferiva, ma non mi sarei fermato.
    “Ascoltami, io non posso risponderti, quindi se vuoi le risposte, chiedi a Nathan; lui sarà felice di raccontarti come è sempre effettivamente andata.” Ero triste ma cercai di non darlo a vedere.
    “Nathan? Ma chi? Tuo fratello?” chiese sorpreso.
    “Sì.” Mi limitai a rispondere.
    “Ma cosa c’entra adesso tuo fratello? E poi perché...”
    “Jason!” lo interruppi alzando il tono della voce. “Le risposte da mio fratello, se le vuoi. Io...” mi bloccai un istante. “Addio.”
    Stavo per riagganciare quando sentii urlare zio Jason il mio nome.
    Non riuscii a trattenere le lacrime.
    “Non provare a riagganciare!” disse con tono alterato. “Dove sei?”
    Io non riuscii a rispondere, ma forse, la verità era che non volevo rispondere.
    “Cazzo, Luce, dove sei?”
    Iniziai a fare cenno di no con la testa, trattenendo le lacrime, come se lui potesse vedermi, ma in realtà non volevo che mi trovasse.
    “Cazzo! Vuoi rispondermi?” era arrabbiato, ma io non gli avrei mai detto dove mi trovavo. Io dovevo portare a termine il mio piano. Nemmeno Jason aveva il potere di farmi cambiare idea.
    “Jason...” riuscii a parlare. “Non cercarmi...”
    “Luce, ascoltami; ti prego, non fare sciocchezze!” La sua voce tremava, era spaventato. Ma a me non importava. Forse il mio era un ragionamento egoistico, ma nessuno mi avrebbe fatto cambiare idea.
    “Jason, grazie per tutto, per ogni cosa. Perdonami se puoi...” dissi d’un fiato. E poi gli sussurrai “addio” per la seconda volta chiudendo la conversazione senza dargli la possibilità di rispondere.
    Sapevo che Jason avrebbe smosso mari e monti e forse, alla fine, mi avrebbe trovato; speravo solo di riuscire a concludere il mio piano senza che lui mi trovasse in tempo.
    Spensi quindi il telefono e dalla mia camera mi avviai verso il bagno.
    Si dice che chi decide di morire non lo dice a nessuno; io ruppi questa regola perché ci tenevo a salutare Jason, soprattutto per avermi sopportato in questi ultimi anni. Aveva condiviso tutto con me, l’avevo reso parte della mia vera famiglia; quindi ritenevo giusto almeno salutarlo.
    Pensai e ripensai. Alla fine chiusi a chiave la porta del bagno. Non mi restava che concludere quello che avevo inziato.


    Al solito, consigli ben accetti!
     
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    Ora mi immagino Jason che entra in casa sfondando la porta e che sfonda poi anche la porta del bagno per salvare la vita a Luce.
    Se lo facesse, diventerebbe il mio idolo... ah, dimenticavo, lo è già! :woot: :woot: :woot:
     
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183 replies since 19/12/2012, 15:39   1734 views
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