Luce in frantumi

Drammatico

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    Un nuovo personaggio? Bene! :woot:
    Attendo con ansia! *-*
     
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  2. GÆBRIEL
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    Capitolo 4 parte 4

    “Ciao fratellino!” esordì lui marcando la parola fratellino.
    Io ero davvero sorpreso e non riuscii ad emettere alcun suono. Mi limitai a guardarlo stupito.
    Lui si avvicinò a me con passo felpato, mi prese il volto con una mano stringendo la stretta e mi guardò dritto negli occhi. Santiago era sempre dietro di me, con quella maledetta pistola puntata alle spalle.
    Gli occhi castani di mio fratello erano gelidi, potevo leggerci dentro un odio incontrollabile nei miei confronti anche se non sapevo, esattamente, a cosa era dovuto, o forse potevo solo immaginarlo.
    “Hai sbagliato lo sai?” sembrava più un’affermazione che una domanda. “Hai sbagliato con me, con Santiago... e la lista potrebbe continuare.” Nathan era particolarmente irritato, potevo avvertirlo a chilometri di distanza.
    “Scusatemi.” Riuscii a dire infine.
    “Scusatemi!” ripeté Nathan. E insieme ai suoi amici scoppiò a ridere, lasciandomi libero il volto.
    “Questo frocio non ha capito nulla!” disse Santiago rivolgendosi a Nathan.
    “Beh, glielo faremo capire presto!” Rispose facendo una smorfia.
    Io mi guardai intorno, cercando una via di fuga, ma era impossibile. Ci trovavamo in un vicolo senza via d’uscita; senza contare che, anche scappando, non avrei fatto nemmeno un metro perché Santiago mi avrebbe sparato. -Pessima idea- mi dissi infine. Dovevo sopportare le loro torture.
    “Lasciatemi andare.” Provai a persuaderli. “Non sbaglierò più con nessuno. Lo giuro.”
    In un occasione normale non avrei mai accettato la situazione, ma ero senza via di scampo. Dovevo fare il loro gioco meschino.
    Mio fratello prima mi guardò curioso, e poi rise di nuovo di gusto, insieme al suo gruppo.
    “No, tu non hai capito! Le tue scuse non servono più!” Esclamò. “Tu, oggi, avrai la punizione che meriti. E nel frattempo ti racconterò una storia.”
    Ti racconterò una storia. Lo osservai con aria interrogativa. Cosa significava quella frase? Non capii dove volesse andare a parare. Ero confuso.
    “Non preoccuparti fratellino, ti scioglierò presto il dubbio!” mi disse beffardo. “Legatelo!” ordinò ai suoi amici.
    Cercai di analizzare quella parola, ma quando realizzai era troppo tardi. I cinque ragazzi che erano prima da parte si scagliarono su di me, gettandomi a terra, per impedirmi ogni possibile fuga.
    “Nathan!” urlai con tutte le mie forze. “Tu lo sai, dovrei essere già a casa! Sai cosa mi succede se papà non mi trova a casa.” Lo pregai supplichevole.
    Nathan si abbassò a guardami. “Non posso lasciarti andare.” Disse con un falso dispiacere.
    Intanto i ragazzi mi legarono i piedi e le mani dietro la schiena. Mi sentivo disarmato e debole. Non sapevo come difendermi. Provai a fare resistenza in tutti i modi ma non ci riuscii. Alla fine urlai con quanta forza avevo in corpo. I ragazzi però me lo vietarono, mi tapparono la bocca con del nastro adesivo.
    “Eh no!” ringhiò Nathan. “Così non ci siamo! Devi collaborare, altrimenti non ha senso!”
    -Collaborare? No, non se ne parla proprio. Piuttosto, preferisco morire.- dissi a me stesso.
    Mi sforzai per cercare di divincolarmi, ma con scarso successo. Mi avevano legato bene e stretto. Ogni movimento che facevo era un’agonia.
    “E’ inutile che ci provi. Non ce la farai mai!” mi fece osservare Nathan. “Allora la vuoi sentire questa storia, o no?” mi chiese infine.
    Non volevo rispondere, ma fui costretto. E feci cenno di sì con la testa.
    “Bene!” Nathan fu contento. “Vedrai ti piacerà!” disse sorridendo.
    Non ero del tutto convinto, non sapevo bene a cosa stavo andando incontro, ma una cosa era certa, dovevo starlo a sentire.
    “La storia inizia...” cominciò lui “con c’era una volta...” e appena finì mi diede un calcio allo stomaco. Il dolore, straziante, si fece strada in me. Non avevo via di scampo.
    “Allora? Che dici? Ti piace come inizio?” mi chiese urlando Nathan mentre mi prendeva per i capelli. I miei occhi esitarono a guardarlo, mentre chiedevano supplichevoli di lasciarmi andare, ma chiaramente, Nathan non ci pensò nemmeno.
    “Tu sai di meritare tutto questo, vero?” urlò ancora. “Sei sbagliato! Tu non saresti dovuto vivere! Dovevano abbandonarti, e invece, hai fatto pena a mamma e papà e, insieme, ti abbiamo accolto in casa, come se fossi un membro della nostra famiglia! Ma tu questo non riesci a capirlo vero? Non lo sai tutto il male che mi hai fatto?”
    Nathan era furioso e con le lacrime agli occhi. Io cercai di analizzare quanto aveva appena detto. Stentavo a crederci. Cosa voleva dire davvero? Che non ero figlio loro? Che mi avevano trovato per strada? Ero confuso e in preda al panico iniziai a piangere.
    “Ora piangi? Tu sei stato la mia rovina!” Ringhiò. “E ora la pagherai, finalmente!”
    Non feci nemmeno in tempo a riflettere che tutti e sette mi iniziarono a massacrare di bastonate. Non capii più nulla. Non riuscii più a muovermi. Non sentivo più niente.
    Aspettai solo che finisse chiudendomi nel mio baratro.
     
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    Quindi Luce non è veramente figlio dei suoi genitori?! :woot: :woot: :woot: Questo non l'avrei mai detto, è stato un colpo di scena eccezionale!
    E visto il modo in cui si comportano con lui i suoi genitori, ho come l'impressione che non l'abbiano adottato perché lo volevano davvero, ma che per qualche verso siano stati costretti a farlo...

    Continuaaaaa! :woot:
     
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  4. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 14/6/2013, 15:34) 
    Quindi Luce non è veramente figlio dei suoi genitori?! :woot: :woot: :woot: Questo non l'avrei mai detto, è stato un colpo di scena eccezionale!

    Epic win mio!!!!! :ombrell:

    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 14/6/2013, 15:34) 
    E visto il modo in cui si comportano con lui i suoi genitori, ho come l'impressione che non l'abbiano adottato perché lo volevano davvero, ma che per qualche verso siano stati costretti a farlo...

    Ottima osservazione! Ma non dirò nulla, lo scoprirai da sola! :xD:
    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 14/6/2013, 15:34) 
    Continuaaaaa! :woot:

    A breve posterò l'ultima parte del 4 capitolo! :D
     
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    Epic win mio!!!!!

    Secondo epic win in breve tempo! :D

    CITAZIONE
    Ottima osservazione! Ma non dirò nulla, lo scoprirai da sola!

    ...e avrò modo di fare congetture in proposito! u.u

    CITAZIONE
    A breve posterò l'ultima parte del 4 capitolo!

    *festeggia ballando la Macarena*
     
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  6. GÆBRIEL
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    CAPITOLO 4

    Il vuoto si aprì intorno a me e m’inghiottì.
    Mi ritrovai in una spiaggia desolata, camminando a passo spedito, e stranamente una sensazione fantastica s’impadronì di me. Esaminai il cielo senza limiti e, ad un tratto, mi trovai in un sentiero adornato di alberi secolari ai lati. Era tutto irreale, era notte e c’erano tanti colori. Come quando guardi l’aurora boreale. Davvero stupendo.
    Improvvisamente, come un lampo, gli alberi iniziarono a prendere diverse forme, si tramutarono in bellissime ragazze. Una di queste era Blaze! Blaze tu non sai quanto ti amo!
    Corsi verso di lei e l'abbracciai. Ti amo, io sì, ti amo.
    Nel frattempo, gli altri alberi inviperiti iniziarono a lacerarmi la pelle fino a sanguinare, ma a me non importava, io ero felice, stavo con Blaze.
    Eccitatissimo, cominciai a fare sesso lei, fin quando mi sentii prendere da dietro da Santiago che si trasformò in un orribile mostro e iniziò a sbattermi tra gli alberi. Insieme a lui, mio padre, mia madre e anche mio fratello si mutarono anche loro in mostri. Mi torturarono, mi fecero male, mi morsero.
    Quando finalmente mi liberai ero stremato, non mi reggevo più in piedi; mi buttai a peso morto sul prato respirando affannosamente, guardai il cielo, c'era la luna, così grande che quasi la potevo sfiorare, era bianca, pallida, ma meravigliosa, al centro di essa Blaze mi guardava.
    Arrivo, amore, arrivo!
    Poi iniziai a cadere e fu buio tutto intorno a me...


    Mi svegliai di soprassalto quasi urlando. Avevo appena fatto un incubo. Guardai la sveglia che segnava le quattro meno un quarto del mattino. Poggiai le mie mani sul viso e mi venne da piangere. Non potevo continuare così.
    Cercai di mettermi seduto sul letto ma ci riuscii a fatica. Mi faceva male dappertutto. Ma ancor di più sul fianco destro. Sollevai la maglia per esaminare quella fitta e accesi la luce della scrivania. Quando mi avvicinai allo specchio e mi guardai, pensai che mio padre stavolta aveva esagerato. Sicuramente mi ero guadagnato una frattura costale. Il dolore era troppo lancinante per essere solo un’ammaccatura. Ma d'altronde me l’ero cercata. Non avrei mai dovuto uscire di nascosto, specie se non c’era stato niente di meritato, anzi. Avevo rimediato delle minacce da parte di Santiago che non promettevano nulla di buono e la punizione di mio padre che era ben peggiore di tutte le altre. Già perché mio padre, non solo me l’aveva fatta pagare cara picchiandomi come non aveva mai fatto in vita sua, ma addirittura mi aveva messo in castigo, e per castigo intendeva che ero agli arresti domiciliari sino a nuovo ordine. Cioè potevo andare a scuola ma dovevo rientrare subito dopo. Niente più uscite pomeridiane e questo significava che non avrei più rivisto zio Jason. Inoltre adesso mio padre aveva il terreno spianato poteva picchiarmi anche senza evidente ragione, perché la ragione gliela avevo data io stesso.
    Riabbassai la maglia con fatica e mi sdraiai sul letto nella speranza che quel dolore si placasse, ma mi faceva male persino quando respiravo. Dovevo solo restare a riposo nella speranza che le fitte si attenuassero anche se non ci confidavo molto.
    Ero davvero allo stremo delle forze e in preda ai forti dolori e alle lacrime, mi addormentai.


    “Lu…” mi sentii chiamare.
    Aprii gli occhi a fatica. Mia madre incitò a svegliarmi per andare a scuola.
    Stavo davvero male, il dolore al fianco era persino peggiorato, ma non potevo dirlo.
    In silenzio andai in bagno, feci una doccia e mi cambiai.
    Mettere lo zaino alle spalle fu una vera fatica, strinsi i denti per il dolore ma ci riuscii.

    Quando entrai nella mia classe, mi sedetti subito al mio solito posto; misi la mano sul mio fianco per confortarmi e cercai di sopportare quel dolore che via via si aggravava.
    Sapevo di non poterci far nulla, dovevo solo resistere.
    Passai l’intera mattinata a contare persino i secondi; non vedevo l’ora di tornare a casa per riposare, anche se, già lo immaginavo, i miei non mi avrebbero dato nessuna tregua.
    Durante la ricreazione non mi mossi dal mio banco, ero certo che i miei compagni mi avrebbero tormentato, ma non potevo immaginare che Santiago, insieme ai suoi seguaci, mi onorava della sua presenza.
    Ovviamente io non avevo voglia di litigare in quelle condizioni, ma lui non lo sapeva e si divertì con me.
    “Allora ragazzi...” cominciò a raccontare lui. “Questo pezzo di merda, ieri mi ha fatto saltare i nervi; si è permesso di toccare la mia Blaze. Che dite? Come dovrei comportarmi?” chiese rivolgendosi a loro con aria di superiorità.
    I ragazzi diedero quasi tutti la stessa risposta: “Nessuno deve toccare la tua ragazza, puniamolo.”
    Io non avevo il coraggio di muovermi, ma non per loro, ma perché il mio respiro si faceva sempre più affannoso a causa della frattura.
    “Sembra che i ragazzi abbiano scritto la tua sorte!” disse Santiago rivolgendosi dritto a me.
    Io non riuscii a muovermi e lui si avvicinò a me.
    “Neanche mi degni di considerazione?” mi disse furibondo; mi prese per i capelli e mi costrinse a guardarlo negli occhi. Lui mi sputò in viso e io cercai di resistergli ma ovviamente senza successo.
    “Santiago!” la voce era femminile ed entrambi gi girammo verso di lei. Blaze.
    Lui mi tirò ancora più forte i capelli e mi disse: “Non credere che sia finita qua!”
    “Basta! Smettila! Andiamocene via.” Gli comandò lei.
    Lui mi lasciò e mi guardò con un sorriso che non mi piacque per niente. Poi insieme alla sua ciurma se ne andò e io ringraziai Blaze, che come un angelo era intervenuta al momento giusto.

    Le tre ore restanti della mattinata le avrei volentieri evitate, anche perché la professoressa di italiano ci aveva riconsegnato il compito in classe che avevamo fatto qualche giorno prima e io avevo rimediato un tre netto; la cosa peggiore è che avrei dovuto dirlo a mio padre. Già immaginavo la sua reazione e avrei voluto non tornare a casa; ma sapevo, in cuor mio, che l’avrei dovuto affrontare in ogni caso.

    Arrivato a casa, mio padre non era ancora tornato da lavoro, e io, di nascosto, mi imbottii di farmaci poiché il dolore al fianco era sempre più violento. Fortunatamente i medicinali fecero il loro dovere e io mi sentii un tantino meglio. Aiutai, come al solito, mia madre con il pranzo, ma non sapevo che da lì a poco mio padre mi avrebbe nuovamente massacrato di colpi.
    Non gli avevo ancora detto del brutto voto del compito in classe, e quindi la sua reazione, quando tornò a casa non sapevo esattamente a cosa era dovuta. Ma ben presto mi chiarì il dubbio.
    “Sei il disonore di questa famiglia! Maledizione a te e al giorno in cui sei nato!” mi urlò mentre mi picchiava.
    In un lampo cercai di riflettere, a parte il tre del compito di italiano, a cosa avrei potuto fare per scatenare l’ira di mio padre in quel modo. Cercai le risposte nel volto di mia madre che nel frattempo si era avvicinata.
    Lei, per la prima volta si intromise tra me e mio padre.
    “Stavolta cos’ha combinato?” chiese a mio padre senza troppo interesse. Mio padre non si curò di lei e si scaraventò con ancor più foga su di me che cercavo di chiedergli il perché.
    “Non solo tu già sei una delusione in quanto a figlio, ma questo proprio non lo accetto!” era furente. “Un figlio gay in casa mia! Tu sei malato, curati!” urlò ancora. “Stento ancora a crederci!” si disse tra se.
    La mia mente in un attimo cercò di analizzare quella parola. Gay, no, ma dico, stiamo scherzando! Personalmente non ho nulla contro i gay, ma arrivare a sentirmi dire gay, non ci sto.
    “Non sono gay!” urlai a mio padre che per un attimo si fermò. Era sorpreso della mia reazione, ma questa non potevo lasciargliela passare.
    “Tu sei un disgraziato, ecco cosa sei!” continuò lui. “E secondo te, Nathan mi avrebbe mentito?” domandò.
    Nathan, mio fratello, aveva detto una bugia a mio padre, -ma su quali basi?- mi domandai e soprattutto –perché?-.
    “Sì!” risposi, “Ti ha mentito.” Esplosi. “Voglio le prove di tale assurdità!” Ringhiai infine.
    Stavo camminando su un terreno minato, ma non mi importava. Ne avevo sopportate fin troppe e questa non potevo accettarla.
    Mio padre, per la prima volta, mi lasciò andare, forse si rese conto che una semplice diceria non poteva accusarmi, specie se poi, stavo lottando con tutte le mie forze per negare i fatti.
    “Avrai le tue prove, papà!” sbucò Nathan dalla porta d’ingresso con un sorriso da mettermi i brividi.
    Mio padre annuì: “Lo spero! E in quanto a te...” mi ammonì “se ho le conferme che cerco, non la passerai liscia!”
    Mio padre non avrebbe mai accettato un figlio gay in casa, e al momento, per la mancanza di prove aveva dovuto lasciarmi in pace, ma quel sorrisino di Nathan non mi piaceva, forse avrei dovuto stare attento.
    Entrambi poi si diressero verso la cucina.
    Io scossi la testa stremato e mi alzai. Il dolore al fianco tornò, ma cercai di resistere. Non mangiai, non avevo voglia, e andai a curare le ferite e a riposare nella mia stanza.

    Avevo un mal di testa tremendo; avevo passato tutto il tempo a cercare di esaminare ogni possibile ipotesi che avesse portato mio fratello Nathan a dire una tale assurdità. Ma non lo sapeva che amavo Blaze? Era strano, considerando il fatto che Santiago era suo amico e sicuramente aveva già detto a mio fratello che avevo infastidito la sua ragazza. Non riuscivo a darmi pace.
    Sbuffai spazientito e mi alzai dal letto; improvvisamente sentii bussare e vidi aprire la mia porta. Era mia madre.
    “Lu, devi uscire a fare la spesa.” Mi ordinò.
    “Ma non ero agli arresti domiciliari sino a nuovo ordine?” Scherzai poco ironico.
    “Tuo padre ha deciso così...” disse porgendomi la lista della spesa. “Devi tornare entro un’ora!” Aggiunse distaccata.
    “Ok!” acconsentii.
    Lei mi guardò un attimo quasi con disprezzo, anche se non ne capivo il motivo. Forse anche lei si era bevuta la bugia di Nathan, ma non mi importava. La fissai anch’io con disprezzo, presi la giacca e quasi infuriato uscii da quella casa.

    Mentre percorrevo il viale che mi portava al supermercato, decisi di telefonare a zio Jason. Ero troppo agitato e parlare con lui mi avrebbe fatto bene.

    “Pronto!” rispose lui.
    “Sono Luce.” esordii io.
    “E’ successo qualcosa?” si preoccupò. Sapeva che se gli telefonavo non era sempre per buone notizie.
    “Beh sì.” mormorai appena.
    “Allora? Perché non vieni a casa? Così ne parliamo.” mi chiese.
    “Non posso. Ascolta... ” cominciai a raccontare: “mio fratello Nathan ha detto a mio padre che sono gay, il che ovviamente non è vero, però non riesco a capire il perché... ”
    “Luce.” Mi interruppe. “Posso avere il permesso di ridere?” e senza curarsi della mia risposta, iniziò a ridere a più non posso.
    “Divertente zio!” dissi torvo. “Guarda che non c’è niente da ridere. Mio padre a momenti mi uccideva; e forse sarebbe stato anche meglio.” sussurrai più a me che a lui.
    “Ma dai, smettila!” Minimizzò. “Ma tu, sei sicuro che quella è la tua famiglia? Cioè, voglio dire, arrivare ad ucciderti perché sei gay? Non è che, come al tuo solito, stai esagerando?” e riprese a ridere.
    “A meno che lo stato di famiglia non si sbagli, sono figlio loro.” risposi dandogli corda. “E non sono gay! Amo Blaze.” Quasi lo urlai.
    “Ma va!” esclamò lui. “Pensavo amassi un ornitorinco!” e rise ancora di gusto.
    “A volte sei urtante.” Sbottai.
    “Te lo concedo. Ma tu sei paranoico!” Tagliò corto lui.
    “Non sono paranoico.” Cercai di convincerlo. “Anzi, mi sono dichiarato a Blaze. Ma non chiedermi come ho fatto, perché non saprei risponderti.”
    “Ti sei dichiarato a Blaze?” era sorpreso. “E perché non me l’hai detto subito? Questo è un argomento più interessante del tuo essere ipoteticamente gay!” ironizzò.
    “Non sono gay!” replicai. “E non ti ho detto subito di Blaze perché non c’è niente da dire.”
    “Come non c’è nulla da dire?” si stupì. “Se mi hai appena detto che ti sei dichiarato a lei, ora, che fai? Neghi tutto?”
    “Non ti sto negando niente. E’ solo che la sua risposta è negativa. Ovviamente.” Conclusi.
    “Fammi capire... ti ha risposto con un no secco?” era perplesso.
    “No, non mi ha dato nessuna risposta, a dire il vero. Colpa di Santiago. Il suo ragazzo.” Precisai.
    “Lo dico io che mi farai perdere la testa un giorno di questi! Cioè, ti sei dichiarato a lei, che non ti ha dato nessuna risposta, però tu affermi che la sua risposta è stata negativa. Sei il ragazzo più complicato che abbia mai conosciuto, sai?” Sbuffò.
    “Lei è fidanzata, è ovvio che mi avrebbe dato un no come risposta, non credi?” gli feci notare.
    “Potrebbe sceglierti come amante, non c’hai pensato?” ipotizzò ridendo lui. “Sei stupido!” mi schernì infine.
    “Non sono stupido, sono realista!” ribattei.
    “D’accordo sei uno stupido realista!” Insisté lui .
    “Uffa! Non sono stupido!” borbottai. “E comunque ora devo staccare. Sono appena arrivato al supermercato, devo fare la spesa.” Mi arresi, tanto l’avrebbe avuta vinta in ogni caso.
    “Ok, ma cerca di farla funzionare quella testa ogni tanto. Devi mettere ordine te l’ho detto. Cominciando a farti dare da Blaze la risposta alla tua domanda. Non puoi decidere tu le risposte degli altri, questo devi capirlo.” Mi spiegò. “Quindi dai, ci sentiamo.”
    “Sempre che Nathan mi faccia uscire vivo da questa storia.” Cercai di scherzare. Ultimamente mi ero scontrato spesso con zio Jason e non volevo succedesse anche questa volta.
    “Certo che ne uscirai vivo. Anche perché le mie promesse le mantengo... te l’ho detto cosa succede se ti trovo all’ospedale.” mi ricordò.
    “Non preoccuparti, non succederà!” esclamai poco convinto. Sapevo che non dovevo mai dire a zio Jason delle mie ferite, non ultima la frattura costale. L’avrebbe fatta pagare davvero cara alla mia famiglia. E questo dovevo impedirlo a tutti i costi.
    “Lo spero.” Mormorò e chiuse la conversazione.
    Zio Jason aveva dannatamente ragione. Ero stupido. Dovevo avere una risposta da Blaze, bella o brutta che era. Rimasi immobile per un po’ a pensare, poi di scatto entrai dentro il supermercato e girando fra i vari scaffali comprai i vari viveri che erano nella lista.
    Quando finii mi avviai verso casa.

    “Non fiatare o sei morto!” bisbigliò una voce dietro di me.
    Mi voltai, ma solo per un istante. Era Santiago che mi minacciava con una pistola nascosta, puntata sulla mia schiena.
    Rabbrividii.
    “E ora cammina. Fai finta di niente.” Mi ordinò. “E al primo vicolo svolta a destra.”
    Feci come mi era stato ordinato. Non volevo contraddirlo. Questa era sicuramente la vendetta di cui si stava riscattando. Ero davvero terrorizzato. Mi sentivo impotente. Per la prima volta sentivo che la mia vita era appesa ad un filo.
    Appena svoltai mi resi conto che il vicolo era buio e senza uscita, davanti a me sei ragazzi. Tra questi, Nathan.

    “Ciao fratellino!” esordì lui marcando la parola fratellino.
    Io ero davvero sorpreso e non riuscii ad emettere alcun suono. Mi limitai a guardarlo stupito.
    Lui si avvicinò a me con passo felpato, mi prese il volto con una mano stringendo la stretta e mi guardò dritto negli occhi. Santiago era sempre dietro di me, con quella maledetta pistola puntata alle spalle.
    Gli occhi castani di mio fratello erano gelidi, potevo leggerci dentro un odio incontrollabile nei miei confronti anche se non sapevo, esattamente, a cosa era dovuto, o forse potevo solo immaginarlo.
    “Hai sbagliato lo sai?” sembrava più un’affermazione che una domanda. “Hai sbagliato con me, con Santiago... e la lista potrebbe continuare.” Nathan era particolarmente irritato, potevo avvertirlo a chilometri di distanza.
    “Scusatemi.” Riuscii a dire infine.
    “Scusatemi!” ripeté Nathan. E insieme ai suoi amici scoppiò a ridere, lasciandomi libero il volto.
    “Questo frocio non ha capito nulla!” disse Santiago rivolgendosi a Nathan.
    “Beh, glielo faremo capire presto!” Rispose facendo una smorfia.
    Io mi guardai intorno, cercando una via di fuga, ma era impossibile. Ci trovavamo in un vicolo senza via d’uscita; senza contare che, anche scappando, non avrei fatto nemmeno un metro perché Santiago mi avrebbe sparato. -Pessima idea- mi dissi infine. Dovevo sopportare le loro torture.
    “Lasciatemi andare.” Provai a persuaderli. “Non sbaglierò più con nessuno. Lo giuro.”
    In un occasione normale non avrei mai accettato la situazione, ma ero senza via di scampo. Dovevo fare il loro gioco meschino.
    Mio fratello prima mi guardò curioso, e poi rise di nuovo di gusto, insieme al suo gruppo.
    “No, tu non hai capito! Le tue scuse non servono più!” Esclamò. “Tu, oggi, avrai la punizione che meriti. E nel frattempo ti racconterò una storia.”
    Ti racconterò una storia. Lo osservai con aria interrogativa. Cosa significava quella frase? Non capii dove volesse andare a parare. Ero confuso.
    “Non preoccuparti fratellino, ti scioglierò presto il dubbio!” mi disse beffardo. “Legatelo!” ordinò ai suoi amici.
    Cercai di analizzare quella parola, ma quando realizzai era troppo tardi. I cinque ragazzi che erano prima da parte si scagliarono su di me, gettandomi a terra, per impedirmi ogni possibile fuga.
    “Nathan!” urlai con tutte le mie forze. “Tu lo sai, dovrei essere già a casa! Sai cosa mi succede se papà non mi trova a casa.” Lo pregai supplichevole.
    Nathan si abbassò a guardami. “Non posso lasciarti andare.” Disse con un falso dispiacere.
    Intanto i ragazzi mi legarono i piedi e le mani dietro la schiena. Mi sentivo disarmato e debole. Non sapevo come difendermi. Provai a fare resistenza in tutti i modi ma non ci riuscii. Alla fine urlai con quanta forza avevo in corpo. I ragazzi però me lo vietarono, mi tapparono la bocca con del nastro adesivo.
    “Eh no!” ringhiò Nathan. “Così non ci siamo! Devi collaborare, altrimenti non ha senso!”
    -Collaborare? No, non se ne parla proprio. Piuttosto, preferisco morire.- dissi a me stesso.
    Mi sforzai per cercare di divincolarmi, ma con scarso successo. Mi avevano legato bene e stretto. Ogni movimento che facevo era un’agonia.
    “E’ inutile che ci provi. Non ce la farai mai!” mi fece osservare Nathan. “Allora la vuoi sentire questa storia, o no?” mi chiese infine.
    Non volevo rispondere, ma fui costretto. E feci cenno di sì con la testa.
    “Bene!” Nathan fu contento. “Vedrai ti piacerà!” disse sorridendo.
    Non ero del tutto convinto, non sapevo bene a cosa stavo andando incontro, ma una cosa era certa, dovevo starlo a sentire.
    “La storia inizia...” cominciò lui “con c’era una volta...” e appena finì mi diede un calcio allo stomaco. Il dolore, straziante, si fece strada in me. Non avevo via di scampo.
    “Allora? Che dici? Ti piace come inizio?” mi chiese urlando Nathan mentre mi prendeva per i capelli. I miei occhi esitarono a guardarlo, mentre chiedevano supplichevoli di lasciarmi andare, ma chiaramente, Nathan non ci pensò nemmeno.
    “Tu sai di meritare tutto questo, vero?” urlò ancora. “Sei sbagliato! Tu non saresti dovuto vivere! Dovevano abbandonarti, e invece, hai fatto pena a mamma e papà e, insieme, ti abbiamo accolto in casa, come se fossi un membro della nostra famiglia! Ma tu questo non riesci a capirlo vero? Non lo sai tutto il male che mi hai fatto?”
    Nathan era furioso e con le lacrime agli occhi. Io cercai di analizzare quanto aveva appena detto. Stentavo a crederci. Cosa voleva dire davvero? Che non ero figlio loro? Che mi avevano trovato per strada? Ero confuso e in preda al panico iniziai a piangere.
    “Ora piangi? Tu sei stato la mia rovina!” Ringhiò. “E ora la pagherai, finalmente!”
    Non feci nemmeno in tempo a riflettere che tutti e sette mi iniziarono a massacrare di bastonate calci e pugni. Non capii più nulla. Non riuscii più a muovermi. Non sentivo più niente.
    Aspettai solo che finisse chiudendomi nel mio baratro.

    Mi svegliai di colpo quando mi resi conto che un getto di acqua fredda mi aveva investito in pieno. Uno dei ragazzi mi aveva gettato addosso un secchio d’acqua fredda per riprendermi. Iniziai a rabbrividire sbattendo violentemente i denti. Mi guardai intorno e capii che non mi trovai più in quel vicolo ma in una specie di fabbrica abbandonata, con vetri rotti e sporcizia ovunque. Io mi trovavo ancora legato a terra. Ero terrorizzato. Davanti a me i ragazzi.
    “Sto coglione finalmente si è ripreso!” esordì Santiago.
    Nathan annuì e venne verso di me. Io mi trattenni dal piangere. Lui mi tirò con forza il nastro adesivo dalla bocca. Stavo malissimo e non sentivo più il mio corpo, era come se fosse trafitto da mille lame; oramai ogni movimento che facevo era agonia pura.
    “Lasciami andare. Ti prego.” Balbettai. Ero sfinito e ricoperto del mio sangue.
    “Non posso. Non abbiamo finito!”
    Lo guardai scuotendo la testa. Non potevo credere che non ne avessero abbastanza. Se mi volevano morto perché non utilizzavano quella maledetta pistola che avevano? O forse era proprio questo il loro scopo: affliggermi fino allo spasimo. Iniziai a farmi pena da solo.
    “Basta!” li pregai piangendo, e per tutta risposta, Nathan mi rimise lo scotch in bocca.
    “Nathan, finiamola qua! Dai, lasciamolo andare.” Sussurrò uno dei ragazzi.
    “Tu sei fuori!” ruggì mio fratello. “Dobbiamo fare quello che avevamo stabilito. Io mi preoccupo di fare il video e voi fate il resto!” ordinò Nathan ai suoi amici.
    “Sicuro di volerlo fare? Ho paura che ci lascia le penne!” disse Santiago.
    Mio fratello si avvicinò al lui. “Devo farlo, o altrimenti non ha senso. Costi quel che costi. Devo dare una prova tangibile a mio padre. Lui si fida di me!”
    Non sapevo di cosa stessero parlando esattamente, ma immaginai cosa volessero farmi e questo mi spaventò a morte; tremai violentemente al pensiero.
    “Ok!” rispose Santiago. “Ma cerchiamo di andarci leggero. Io in galera non ci vado per sto pezzo di merda.”
    “Vuoi finirla?” sbottò Nathan. “E ora sbrighiamoci che è già tardi!”
    “Va bene! Vado a prendere la telecamera.” Ed uscì.
    Nathan nel frattempo si avvicinò a me. Di nuovo. Mi osservò attentamente, mise un piede sul mio viso e sorrise. “Dimmi che hai capito il perché di tutto questo e che ti sei pentito di tutto il male che mi hai fatto!”
    Piangendo gli risposi di sì con la testa. Non volevo mi toccasse. Non volevo mi facesse altro male.
    “Spogliatelo!” disse infine ai suoi amici.
    Capii all’istante cosa volevano farmi e piansi più forte scuotendo la testa in continuazione e dimenandomi come più potevo. Cercai di urlare ma il nastro me lo impediva. Ero terrificato da quello che stava per succedere.
    Sentii urlatine che mi dicevano di stare fermo, ma ovviamente non lo feci. Dovevo lottare, dovevo lottare con tutta la forza che avevo in corpo. Ma naturalmente riuscirono a strapparmi tutti i vestiti. Mi ritrovai, quindi, nudo e tremante.
    Sentii di sfuggita Santiago dire a Nathan che era tutto pronto e che potevano procedere.
    Pochi minuti dopo non capii più nulla. Intorno a me c’erano sei persone. Nathan riprendeva con la telecamera. Mi bloccarono e non riuscii più muovere un muscolo, nonostante cercassi di lottare con tutte le mie forze. Ma quest’ultime mi abbandonarono quando un dolore straziante mi percosse. Uno dei ragazzi mi sodomizzò brutalmente con un bastone che aveva trovato nei paraggi.
    Durante l’abuso i ragazzi mi sbeffeggiarono, si presero gioco di me, mi violentarono più volte. Io non avevo più forze. Non gridavo più, nemmeno con la mente. Non fui più in grado di ribellarmi, qualsiasi cosa mi avrebbero fatto l’avrei accettata senza fiatare, ma non per mio volere.
    “Allora stronzo? Dillo che ti piace essere inculato! Dillo che sei gay!” Nathan mi strappò lo scotch dalla bocca. Io non fui capace di dire più nulla, ero paralizzato dal dolore e dalla vergogna.
    Per tutta risposta mi arrivò un pugno in viso. “Devi dirlo. Devi urlarlo!” continuò esasperato mio fratello.
    “Basta.” Riuscii a balbettare infine. Non ce la feci più.
    Nathan mi prese per i capelli: “Prima urla al mondo intero che sei gay e poi ti lascio andare!”
    Io annuii con la testa inconsapevolmente. Volevo solo che smettessero.
    “Sono gay!” sussurrai stremato.
    Mio fratello mi guardò compiaciuto e disse ai suoi di lasciarmi andare, poi si allontanò da me insieme a Santiago. Loro mi slegarono e mi gettarono addosso ciò che rimaneva dei miei vestiti. Ma non riuscii a far nulla. Mi sistemai in posizione fetale e silenziosamente piansi. Ora si, ora volevo morire, ora volevo farla finita per sempre.
    Qualche minuto dopo, mi sentii sollevare da terra da due ragazzi che mi trascinarono sino all’auto e mi sistemarono sul sedile posteriore. Tremavo, tremavo violentemente. Non ero più capace di comandare il mio corpo. Poi come se fossi in uno stato di trans, non udii più nulla.
    Sentii solo il rumore dell’auto che, dopo un breve tragitto, si fermò.
    “Lo lasciamo qui?” sentii domandare a qualcuno. L’altro rispose di si e mi gettarono a terra. Dalla puzza che patii subito dopo compresi che mi trovavo vicino ad un cassettone dell’immondizia.
    Ero diventato spazzatura. Ero al posto giusto.
    Poco dopo restai solo, insieme ai miei brividi incessanti.
    Il dolore fisico non era paragonabile al resto. Il baratro che già c’era si fece ancor più profondo. E mi mancò il respiro.
    Iniziai a respirare affannosamente e il buio mi fece suo per l’ennesima volta.

    “Luce!”
    Qualcuno mi stava chiamando ininterrottamente.
    Aprii gli occhi a fatica e un bagliore mi accecò. Istintivamente mi coprii gli occhi e una sensazione malinconica prevalse in me. Che fosse... un angelo?

    Al solito, commenti, consigli ben accetti!
     
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    Odio Nathan con tutte le mie forze... ma soprattutto odio quegli altri che sono lì con lui! Spero che facciano tutti quanti una brutta fine!

    CITAZIONE
    “Luce!”
    Qualcuno mi stava chiamando ininterrottamente.
    Aprii gli occhi a fatica e un bagliore mi accecò. Istintivamente mi coprii gli occhi e una sensazione malinconica prevalse in me. Che fosse... un angelo?

    Il finale lascia spazio a molte possibili interpretazioni... attendo con ansia di scoprire cosa ci hai riservato! :woot:
     
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  8. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 15/6/2013, 01:45) 
    Odio Nathan con tutte le mie forze... ma soprattutto odio quegli altri che sono lì con lui! Spero che facciano tutti quanti una brutta fine!

    Anche io odio Nathan. E posso già rivelarti che avrà anche lui la punizione che merita! ^_^
    Su Santiago invece non mi esprimo! :P

    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 15/6/2013, 01:45) 
    CITAZIONE
    “Luce!”
    Qualcuno mi stava chiamando ininterrottamente.
    Aprii gli occhi a fatica e un bagliore mi accecò. Istintivamente mi coprii gli occhi e una sensazione malinconica prevalse in me. Che fosse... un angelo?

    Il finale lascia spazio a molte possibili interpretazioni... attendo con ansia di scoprire cosa ci hai riservato! :woot:

    Lo so! Beh, non preoccuparti il il 5° capitolo arriverà presto!!!! :D
     
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    Anche io odio Nathan. E posso già rivelarti che avrà anche lui la punizione che merita!

    Non oso immaginare! :D

    CITAZIONE
    Su Santiago invece non mi esprimo!

    Allora per scoprire che fine farà il gangstar latinoamericano attenderò...

    CITAZIONE
    non preoccuparti il il 5° capitolo arriverà presto!!!!

    *________*
     
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    Eh no dai, tutti contro Nathan... pensavo di avere io l'esclusiva XD
     
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    CITAZIONE (The Aster @ 15/6/2013, 18:20) 
    Eh no dai, tutti contro Nathan... pensavo di avere io l'esclusiva XD

    :lol: Mi dispiace ma no!
     
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    CITAZIONE (The Aster @ 15/6/2013, 18:20) 
    Eh no dai, tutti contro Nathan... pensavo di avere io l'esclusiva XD

    Mi dispiace ma non è così! :D
     
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  13. GÆBRIEL
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    CAPITOLO 5 parte 1

    Misi a fuoco l’immagine che avevo davanti. Blaze cercava in tutti i modi di farmi riprendere.
    “Luce! Finalmente ti sei svegliato!” disse lei respirando profondamente. “Che paura! E’ da qualche minuto buono che ti chiamo!”
    Mi osservai intorno, mi trovavo ancora vicino al cassettone della spazzatura. Ero spaesato e confuso.
    Poi guardai lei, stranamente non mi fece nessun effetto; forse non volevo mi squadrasse in questo stato. Non potevo vedermi, certo, ma sentivo il mio corpo, lo sentivo bruciare da dentro. Era una sensazione schifosa da descrivere.
    “Dai, aiutami a tirarti su. Ti porto in ospedale.” Propose e si chinò ad aiutarmi.
    Cominciai a tremare di nuovo, scuotendo la testa: “No... portami a casa.” Balbettai infine.
    “Ma sei ferito! Devi curarti!” strillò mentre mi appoggiavo a lei. “Ci vuole un medico, credimi.”
    Continuai a far cenno di no con la testa e piansi.
    “Luce... e va bene, ti accompagno a casa.” Concluse assecondandomi, poi mi aiutò a sistemarmi nella sua auto; nonostante le fitte fossero atroci, strinsi i denti e cercai di resistere.
    “Cosa è successo? Ti va di parlarne?” chiese lei durante il tragitto.
    Non risposi. Non riuscivo a parlare.
    “Va bene. Ho capito. Ma sai almeno chi è stato? Cioè l’hai visto?” domandò preoccupata.
    Feci cenno di no con la testa, non potevo dirle la verità. “Non lo so...” dissi infine trattenendomi le lacrime. Non parlammo più. Io mi rannicchiai nel sedile cercando di non pensare, ma mi fu difficile.
    Pochi minuti dopo, lei fermò il motore dell’auto di fronte a casa mia, mi guardò e mi sfiorò con la sua mano. Sussultai al tocco.
    “Ehi! Va tutto bene. Sei a casa adesso.” Era confusa anche lei. La osservai un attimo per scusarmi, poi aprii la portiera e mi apprestai a scendere. Nel frattempo venne ad aiutarmi.
    Mi appoggiai nuovamente a Blaze e quando arrivammo al portone di casa, cercai le chiavi che non trovai, -sicuramente le avevo perse durante...- pensai, e suonai il campanello.
    Mia madre venne ad aprire.
    “Lu... ” esordì lei. “O mio dio, cosa è successo?” strillò guardandomi.
    “Credo sia stato picchiato.” Rispose Blaze. “L’ho trovato in queste condizioni vicino un cassettone dell’immondizia.” Spiegò.
    Mia madre mi prese con se e la ringraziò, voleva mandarla via, ma Blaze non se ne andò, e ne fui grato.
    Entrambe mi aiutarono ad accomodarmi sul divano e ricominciai a tremare. Guardai Blaze, e mi fece uno strano effetto, il suo vestitino beige era macchiato del mio sangue, e mi vergognai come un ladro. Così iniziai a fissare l’orologio e le sue lancette che non smettevano di correre. Mi resi conto che ero in ritardo di quasi tre ore. Non sapevo esattamente cosa sarebbe successo, ma pregai perché non mi accadesse più nulla. Almeno per oggi.
    Sentivo parlare mia madre e Blaze sulle circostanze dell’accaduto, Blaze ripeteva a mia madre che avrebbero dovuto portarmi in ospedale e mia madre le diceva che non c’era bisogno, che lei si sarebbe presa cura di me. Io rimasi impassibile e continuai a guardare l’orologio.
    Improvvisamente mio padre entrò nel salotto e mi guardò furente, dietro di lui Nathan.
    Ero terrorizzato alla sua vista e iniziai a sudare freddo. Cercai di concentrarmi sull’orologio, ma non ci riuscii. La sua presenza mi soffocava.

    “Ho le prove, lo sai?” mi urlò mio padre.
    Iniziai a respirare nuovamente a fatica, evitai di guardarlo spostando lo sguardo dall’orologio al pavimento.
    Improvvisamente uno schiaffo mi colpì il volto e io chiusi gli occhi, sapevo esattamente come sarebbe andata a finire. Consapevolmente mi preparai al peggio.
    “Lei è un pazzo!” intervenne urlando Blaze, mettendosi tra me e mio padre. Io spalancai gli occhi, sorpreso. “Non vede che non si regge in piedi! E’ stato già picchiato brutalmente, non si ci aggiunga anche lei!” continuò imperterrita.
    “Senti ragazzina, non sono cose che ti riguardano! Fatti da parte!” urlò mio padre cercando di spostare Blaze.
    “Non osi toccarmi!” ringhiò lei. “Mio padre lo verrà a sapere e allora per lei è la fine! Non le conviene!”
    Mio padre la lasciò andare. Le parole di Blaze gli penetrarono sino alle ossa. Se Blaze parlava con suo padre, mio padre non avrebbe avuto vita facile. Mi guardò un attimo poi girò i tacchi e fece per andarsene.
    “Blaze, che fai? Difendi i gay adesso?” le domandò mio fratello con sarcasmo.
    Blaze lo guardò torva. Era turbata e lo credevo bene. Mi ero dichiarato a lei, sapeva benissimo che mi piacevano le donne e non gli uomini. Poi, scoppiò a ridere.
    Io la guardai confuso e lo stesso fece la mia famiglia.
    “Che hai da ridere?” domandò alla fine mio fratello.
    “Scusa, ma chi ti ha detto che Luce è gay? Questa è la stronzata più colossale che abbia mai sentito.” Disse ridendosela sotto i baffi. La guardai e sorrisi tra me. Era davvero il mio angelo.
    “Guarda che ho un video che lo dimostra...” Nathan non si arrese. “E lui stesso ad affermarlo, vero?” domandò rivolgendosi a me. Io rabbrividii al solo scambio di sguardi. Non sapevo cosa rispondergli, non sapevo come l’avrebbe presa Nathan. Decisi di non rispondere e guardai Blaze.
    “Ma davvero? Voglio vederlo!” lo incalzò.
    Nathan estrasse dalla tasca dei suoi jeans il suo cellulare e mostrò a Blaze solo la parte in cui affermai che ero gay.
    Blaze era sgomenta, potevo avvertire questa sua sensazione. “Chi te lo ha inviato?” chiese perplessa a Nathan.
    “Ha importanza?”
    “Certo! Non hai pensato che chi ti ha inviato il video potesse essere la stessa persona che ha massacrato tuo fratello?”
    Blaze era più confusa di quanto volesse far credere. Io mi tirai su, ma ogni parte del corpo mi bruciò. Era come se il mio corpo fosse pervaso dalle fiamme in modo perenne. Ripensai a tutto ciò che era successo, non potevo credere di essere arrivato a questo punto. Chiunque avesse visto quel video non l’avrebbe vista come un abuso, e io non sarei riuscito a sopportare tutto questo. E la cosa più triste era che non avevo punti di riferimento, non potevo parlarne con nessuno. Non potevo raccontarlo a Blaze, Santiago era troppo importante per lei e io non potevo fargli un torto del genere. Non potevo raccontarlo alla mia famiglia, non mi avrebbe creduto. E non potevo raccontarlo a Jason non potevo sapere come l’avrebbe presa. Non sapevo se avrebbe scatenato l’inferno. Avrei dovuto tenermi tutto dentro. Ma fin quando avrei resistito?


    Al solito consigli ben accetti! :)
     
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    Ma woooooow! :woot:
    Innanzi tutto l'aggiornamento è stupendo, e poi Blaze mi è piaciuta veramente un sacco in questo capitolo! U.U
    Detto sinceramente non ho la più pallida idea di come possa una ragazza come lei stare insieme al gangster latino-americano. U.U
     
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  15. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 20/6/2013, 23:41) 
    Ma woooooow! :woot:
    Innanzi tutto l'aggiornamento è stupendo, e poi Blaze mi è piaciuta veramente un sacco in questo capitolo! U.U
    Detto sinceramente non ho la più pallida idea di come possa una ragazza come lei stare insieme al gangster latino-americano. U.U

    Grazieeee! :woot:

    Anche a me Blaze piace, anche perchè come si potrà ben notare, da quando Luce si è dichiarato a lei, lei ha cambiato totalmente atteggiamento nei confronti di lui. Si renderà conto molto presto di amarlo. :)

    Il fatto che stia con Santiago... beh questo lo si scoprirà, non preoccuparti!
     
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183 replies since 19/12/2012, 15:39   1734 views
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