Luce in frantumi

Drammatico

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  1. •GABRIEL•
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    Io non proferirò parola alcuna... lascio le congetture a voi. In compenso ho scritto un altro pezzo:

    Ricordo che tornavo a casa felice dal mio primo giorno di scuola. Il grembiulino blu profumava ancora di lavanda, la cartella con su disegnato il mio personaggio preferito dei cartoni animati era nuova, i quaderni contenevano solo poche parole. I miei compagni erano stati gentili con me e io sorridevo a questo. Mentre percorrevo il viale che mi portava a casa mi voltai e sorrisi a Nathan, mio fratello.
    Nathan era più grande di soli undici mesi, ma era molto diverso da me. Lui voleva tutto e subito, mentre io mi accontentavo di quello che mi davano i miei genitori.
    Entrammo a casa, poggiai la cartella vicino all’appendiabiti e mi tolsi il grembiule. Dall’ingresso si sentiva un buon profumo di torta appena sfornata, quindi mi fiondai nella sala da pranzo, salutai mio padre che era già seduto a tavola e mia madre con un bacio sulla guancia. Sorrisi quindi tra me e me, ma non potevo sapere che quello sarebbe stato il mio ultimo sorriso in diciotto anni di vita.
    Fino ad allora credevo di avere una bella famiglia che mi amava, ma presto mi sarei reso conto che non era così.
    Mentre eravamo seduti a tavola, guardai per un attimo mio padre. Aveva la fronte corrucciata e mi fissava con sguardo severo. Poi disse a me e a mio fratello: “Un giorno uno dei due prenderà il mio posto nell’azienda dove lavoro. Avete l’obbligo di portarmi solo ottimi voti, voglio che studiate per diventare i migliori.”
    Io guardai Nathan, lui guardava nostro padre e anche se mi dava le spalle potevo avvertire lo scambio di sguardi che si lanciavano. Da quel giorno, solo agonia.
    Pur di non farmi studiare, mio padre mi obbligava ad aiutare mia madre con le faccende di casa: dovevo pulire, lavare i piatti, stirare, cucinare. Non avevo più tempo per studiare. Nemmeno la notte, come all’inizio mi ero proposto di fare. Ma ero solo un bambino, cosa potevo saperne. A volte se sbagliavo la mamma mi dava delle sberle e mi sgridava.
    Se papà non voleva che prendessi il suo posto in azienda perché non lo diceva e basta? Avrei accettato la cosa con dignità e onore. Io ero diverso da Nathan, lui sognava di lavorare un giorno per papà, ma il mio sogno di bambino invece era un altro. A me piaceva la musica, volevo diventare un musicista. Ma sapevo in cuor mio che quel sogno non sarebbe mai uscito da quel cassetto.
    In ogni caso, i giorni passavano sempre uguali, senza alcuna distinzione. Mio padre era sempre più ostile e tutto si frantumò quando portai la mia prima pagella a casa.
    Non c’erano buoni voti, solo qualche sufficienza tirata sparsa qua e là. Sapevo che mio padre non l’avrebbe presa bene. Ma non avrei mai potuto immaginare la sua reazione spropositata.
    Ricordo solo frammenti di quegli attimi. Ricordo che non appena lui lesse la mia pagella si alzò dalla sedia e venne verso di me. Mi colpì in pieno volto e caddi a terra. Iniziai a piangere. Lui farfugliò qualcosa e mi colpì di nuovo. Mi uscì sangue dal naso e dalla bocca. Guardai mia madre, cercavo aiuto in lei, ma lei si girò dandomi le spalle, quindi guardai mio fratello. Lui sorrise.
    Guardai il pavimento sotto di me, era macchiato di sangue, il mio sangue. Lui mi colpì ancora e ancora. Il dolore prevalse su di me, poi capii: quello sarebbe stato il primo giorno della mia oscurità perpetua.



    Edited by •GABRIEL• - 11/1/2013, 00:26
     
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